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La mattina seguente mi svegliai come ogni giorno per andare a lavoro, avevo un posto in un piccolo bar nel centro della città, venivo pagata bene e non mi dispiaceva lavorare lì.
Indossai una camicia bianca, dei pantaloni lunghi e neri e delle converse bianche, acconciai i miei capelli in una treccia e uscii dal mio appartamento con le cuffie alle orecchie.
9:00
Stranamente quel giorno arrivai in orario
-Buongiorno Ari-
-Buongiorno Jo-
Jo era il figlio del proprietario del bar, un ragazzo tranquillo, non creava problemi e si comportava con gentilezza in ogni occasione.
Come da routine alle 10:15 entrò Bill nel locale, mi sorrise e si mise a sedere al suo solito tavolo affianco la finestra, senza neanche domandargli cosa volesse, presi un vassoio e ci poggiai il suo caffè macchiato accompagnato da una brioche al cioccolato appena sfornata
-A te- gli posi la colazione sul tavolo e come risposta ricevetti un piccolo bacio sulla guancia, la mia dose di dolcezza giornaliera che serviva a migliorarmi l'umore.
Da quando lavoravo lì, Bill si presentava ogni mattina per la colazione, credo lo facesse per tenermi compagnia, ma non ne ero sicura. Non c'erano molti clienti e il ragazzo ne approfittò per venirmi a parlare, ero seduta dietro il bancone a braccia conserte e lo vidi alzarsi e posizionarsi davanti a me.
-Stasera io e gli altri vorremmo andare all'inaugurazione di un nuovo locale qui vicino, ci divertiremo e ho sentito anche dire che chiunque potrà esibirsi grazie agli strumenti che la struttura mette a disposizione, che ne dici? ti va?- lo vidi unire le mani in segno di preghiera e dopo averci pensato un po' su accettai, non mi dispiaceva divertirmi con i miei amici, anzi.
Mentre Bill mi guardava felice pensai per la prima volta a quanto avrei voluto raccontargli tutto della sera prima, ovviamente non lo feci e fu l'ennesima volta che tenni tutto per me.
Tornai a casa accompagnata dal mio amico che esordì con una frase inaspettata
-Tom ieri è uscito senza di me ed è tornato a casa felice come non l'ho mai visto, non so perché te lo sto raccontando ma è stato strano vederlo in quel modo, lui ride e scherza molto, ma sorrideva in un modo più genuino, inutile dire che non mi ha raccontato nulla-
A quelle informazioni trattenni anche io un sorrisetto
-Magari avrà incontrato un'altra ragazza o forse due- feci spallucce
-No, forse una in particolare- mi guardò negli occhi
-Ma in realtà come ti ho già detto, non ne so niente- ridacchiò e io abbassai lo sguardo cercando di non pensarci troppo.
-Ti va di salire a casa ? puoi fermarti a mangiare se vuoi- dopo averlo detto mi fermai un momento, avevo la mia batteria in camera
-Certo!- annuì entusiasta, non ero solita invitare persone a casa, ero sempre stata io ad andare a casa sua e poco il contrario. Dovevo pensarci prima di invitarlo ma fu un gesto spontaneo, non sapevo che scusa avrei inventato o se sarei riuscita a nasconderla ma in realtà poco importava, il mio era uno stupito tentativo di nascondere ciò che ero veramente e mi sentivo in colpa per non averlo detto neppure al mio migliore amico, perciò lo avrei portato a casa mia e se fossimo saliti in camera mia lo avrei reso partecipe della mia felicità.
Mi stava aiutando a cucinare, avevamo visto alcune ricette su internet e ne stavamo provando alcune
-Se hanno un brutto sapore è colpa tua e le tue poche doti da cuoco-
Mi rivolse un occhiataccia e finse di prendersela
-Prepara la tavola piuttosto che prendertela per una cosa vera- gli lanciai la tovaglia a quadri celesti e ridendo il ragazzo andò a farlo.
Portai i piatti in tavola e mangiammo parlando del più e del meno, mi ricordò del concerto che si sarebbe tenuto venerdì e io lo rassicurai dicendogli che avrebbe cantato perfettamente.
Eravamo stesi sul divano e mi stringevo a lui come una bambina con il suo peluche, lui mi accarezzava i capelli e nel mentre mi aggiornava sulle piccole cose gli accadevano
-Credo che farò un altro tatuaggio- un pensiero intrusivo che gli era appena passato per la mente pensai
-Cosa vorresti fare?-
-Ne vorrei uno come i tuoi, mi piacciono tanto e mi farebbe sempre pensare a te- appoggiò la sua testa sulla mia mentre lo diceva
-Te ne pentiresti-
-Non mi pentirei mai della nostra amicizia Ari- sollevai la testa per guardarlo e vidi i suoi occhi convinti
-Ne sono sicuro ora, lo farò e tu verrai con me- mi strinse
-E cosa ti tatuerai ?-
-Te lo farò sapere- sorrise come suo solito, non ero sicura di quello che stava dicendo, non volevo che rovinasse il suo corpo con un tatuaggio dedicato a noi, era una cosa troppo importante ma mi rese comunque felice, mi sentii speciale.
Bill andò via alle 19:30 per farmi preparare tranquillamente, sarei dovuta andare da lui alle 21 e da lì saremmo andati al locale con gli altri, in quel momento mi trovavo a guardare il soffitto sdraiata sul mio letto, non sapevo cosa indossare, un banale clichè.
Improvvisamente mi venne un idea e mi alzai, misi un jeans nero ampio, sotto di esso indossavo dei boxer rossi che riprendevano il colore del top che stavo indossando, aveva una piccola scollatura che permetteva di mostrare i disegni tatuati sulle mie clavicole e infine allacciai delle semplici scarpe ai piedi. Mi truccai ma non pesantemente, per coprire le occhiaie utilizzai del correttore poi sfumai della matita nera per allungare i miei occhi e per le labbra una semplice tinta che andava sul marroncino. Guardai i miei capelli allo specchio pensando a come acconciarli e mi venne in mente Tom così misi una fascia e sopra di essa un berretto nero, spruzzai il mio profumo al cocco in grandi quantità poiché volevo si sentisse e dopo poco uscii di casa.
I due gemelli mi stavano aspettando fuori la loro porta, Bill indossava una maglietta stretta nera con una stampa rossa, dei pantaloni scuri che aveva stretto con una cintura e ai piedi aveva degli anfibi borchiati, il ragazzo affianco a lui invece come suo solito portava dei jeans molto larghi che ricadevano sulla scarpa bianca che aveva, sopra una t-shirt oversize bianca decorata da bordi azzurri e come sempre aveva legato i suoi dread biondi in una coda che era retta da una fascia e un berretto chiaro, li salutai entrambi con un sorriso ma ci incamminammo subito verso il locale perché il cantante odiava arrivare tardi e spronava me e Tom a velocizzare il passo
-Smettila di fare la mamma che porta a spasso i suoi bambini- si lamentò Tom
-Un bambino come te non lo vorrei mai- rispose l'altro e io risi, le loro stupide liti mi divertivano, erano come una commedia.

Autoesigenza -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora