chapter 1

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Uno scroscio di pioggia interminabile si infranse contro la finestrella ghiacciata della stazione di polizia.

Anche se era mattina presto, gigantesche nuvole grigie stavano già coprendo il cielo, come se il sole non fosse mai esistito.

Jisung prestava a malapena attenzione a tutte le persone con i loro ombrelli che correvano per le strade trafficate, affrettandosi verso il loro posto di lavoro. Erano invisibili al ragazzo poiché il suo sguardo era opaco e sfocato, non focalizzando gli occhi su nulla ma respirando lentamente contro il vetro freddo.

Era sempre stato pronto a piangere in ogni tipo di brutta situazione, ma al momento era troppo debole per provare qualcosa. Nessun terrore, nessuna tristezza... non c'era nient'altro che ghiaccio nel suo cuore che batteva solo allo scopo di mantenere in vita quel misero corpo. I dottori lo avrebbero chiamato «stato di shock traumatico» o qualcosa del genere...

"Jisung? Han Jisung?" qualcuno lo chiamò per nome da dietro. La voce era di una donna che apparentemente non sembrava arrabbiata per il fatto che Jisung non le avesse risposto e non si fosse nemmeno voltato. Le persone nella stazione di polizia stavano solo facendo il loro lavoro... a loro non importava dei sentimenti del ragazzo.

Non sapeva da quanto tempo fosse seduto in quella sala d'aspetto dalle pareti dipinte di grigio e arredata con al centro un tavolino di legno su cui era poggiato un bicchiere d'acqua che non aveva ancora toccato. Non ricordava nemmeno come fosse arrivato in quel posto.

Le braccia di Jisung e la maggior parte della sua schiena erano ricoperte da lividi e una benda gli era avvolta attorno alla testa dove prima un taglio aveva continuato a spruzzare sangue.

"Signorino Han, è arrivata sua zia." ripeté la donna ma Jisung non riusciva nemmeno a capire il significato delle sue parole mentre avvicinava le gambe al suo corpo dolorante. Forse tutto questo era solo un incubo? si chiedeva.

"Signor Han, ha davvero bisogno di alzarsi adesso." l'ufficiale di polizia voleva che il ragazzo si sbrigasse e mise delicatamente la sua mano sulla sua spalla. Non voleva spaventarlo, toccò leggermente il tessuto della felpa di Jisung ma quel piccolo tocco fu sufficiente a mandare il ragazzo oltre il limite.

Improvvisamente aveva iniziato a urlare nella sua testa mentre si premeva le mani sulle orecchie stringendo fortemente i denti. Sembrava che nella sua testa ci fossero migliaia di rumori contemporaneamente.

Sentì urla, tante urla e sirene, allo stesso tempo il suono di una sbarra di ferro che colpiva ripetutamente il pavimento accanto alla sua testa. Jisung non riusciva più a distinguere cosa fosse la realtà e cosa non lo fosse.

Quando aprì gli occhi, il sangue stava riempiendo la stanza sempre di più, e Jisung saltò sulla sedia cercando disperatamente di scappare ma i suoi piedi erano come incollati al legno. Tre cadaveri stavano nuotando in superficie, ognuno lo fissava con occhi spalancati e rossi. All'improvviso uno gli afferrò la gamba. Era Lei, una donna sulla quarantina i cui lineamenti solitamente così dolci erano distorti in un'inquietante smorfia.

"Perché non hai chiamato aiuto, Jisungie? Perché non ci hai salvato?" Jisung voleva dirle che gli dispiaceva, ma dalla sua gola non uscì altro che un urlo represso.

"Signorino Han, per favore si calmi!" fu il turno di una voce maschile ad urlare il suo nome, ma quando Jisung si voltò si trovò di fronte una persona incappucciata con in mano una bottiglia di birra.

"Hannie, sei stato un cattivo ragazzo oggi. Scendi e chiedi scusa." l'uomo ridacchiò e le sue labbra si incurvarono in un brutto sorriso. Jisung conosceva fin troppo bene quella voce.

Le mani di Jisung stavano tremando e il sangue stava salendo sempre più in alto raggiungendo ormai il suo petto.

Si guardò le mani ricoperte di quel liquido rosso scuro che continuava a colare.
'Sono una persona così orribile. Io... non merito nemmeno di morire.' pensava di essere sordo a tutto ciò che lo circondava.

SILENT || minsung (ita ver.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora