Capitolo 1

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                                                                                 Lisa


"Hai sentito del vecchio? Quello che vive nella grande casa infondo alla strada?" sentii borbottare da un'anziana sulla settantina nel tavolo vicino.

"Si si! Eccome se ho sentito." Rispose il vecchio seduto davanti a lei.

"Non posso credere che ci abbia lasciato in un modo così...così improvviso ecco..."

"Lia, aveva novant'anni pover uomo.. proprio improvviso non direi." rispose divertito quest'ultimo.

"Sono sicura che quella bella casa ora rimarrà vuota...che peccato però non è vero? Tanta bellezza lasciata ad impolverarsi così..."

"Ma qualche tempo fa non veniva a trovarlo in paese il nipote? Quello alto che sorrideva sempre. Una volta mi aiutò a portare le buste della spesa fino al giardino di casa...mi sembrò un bravo ragazzo"

"Ah si? Quindi parenti ne aveva l'anziano...questa non la sapevo" fece una pausa pensierosa " dev'essermi sfuggito"

"Può essere, rimaneva al massimo due o tre giorni, poi ricompariva l'anno successivo...ora è davvero tanto che non lo vedo"

"Scusate signori, vi ho portato i caffè" mi presentai con pacatezza, quasi dispiaciuta di dover interrompere i loro pettegolezzi.

" Ah cara! Grazie mille!" mi rispose la donna lanciandomi un'occhiataccia.

Adagiai le due tazzine sul tavolo per poi dirigermi verso il bancone.

Il mercoledì sera il locale era sempre vuoto. E questa non era un'eccezione, oltre al tavolo dei due pettegoli avevamo servito solo un coperto dall'ora di cena. La tristezza mi assalì, un locale così curato, pulito e diciamolo, ben servito sembrava troppo per un paese così lento. Gli abitanti erano rimasti all'età della pietra, coprifuoco alle 10 e che nessuna ragazza esca da sola!

Forse era per questo che i giovani scappavano per studiare nelle grandi città o addirittura all'estero. E io?

Bhè io mi ero convinta a rimanere per prendermi cura di mia madre, da quando però con la nonna avevamo deciso che lasciarla alle nostre uniche cure non era più fattibile nè per lei nè per noi, le mie notti erano diventate tormentate.

Nel mio paese natale sembrava sempre di più che ci fossero pochissimi motivi a trattenermi, mi era rimasta la nonna è vero, ma le rate del mutuo e le bollette non si pagavano da sole, il lavoro che stavo svolgendo non era molto promettente e tantomeno stimolante, il proprietario mi aveva riferito quello stesso pomeriggio quando avevo attaccato il mio turno, che sarebbe dovuto ricorrere a qualche licenziamento per poter sopravvivere con il locale.

Non aveva tutti i torti...capivo bene i suoi sacrifici e che le cose oramai erano diventate difficili...

Il mese passato si era scusato molte volte con me e Silvia perché tra bollette e spese non riusciva a consegnarci la paga come di consueto. Dovemmo attendere due settimane per vedere qualche spicciolo. Per il momento mi aveva detto che avrebbe ridotto solo le ore di lavoro ai dipendenti e che qualche sera tra settimana avrebbe lasciato chiuso il locale.

Lavoravo in quel posto da cinque anni, mi resi conto solo in quel momento che in cinque anni...non avevo ottenuto niente, nessuno dei miei sogni adolescenziali si era avverato.

Ero sola, conducevo una vita piatta e avevo un sacco di debiti sulle spalle.

L'unica fonte di serenità e sorrisi era Andrea, l'amore della mia vita. Lavorava a Firenze in un'azienda ospedaliera ed essendo lontano dal nostro paesino vicino al mare aveva deciso di cercare un monolocale là, senza dover condurre la tipica vita da pendolare. Ci vedevamo poco ma a me bastava perché quando stavamo insieme il tempo volava ed eravamo convinti di essere fatti l'una per l'altra. Sarebbe sceso nel weekend e questo dava pace al tormento dei miei pensieri serali.

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