Prologo

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Julian

La neve mi tiene compagnia. Probabilmente, mentre me ne sto tutto solo dietro alla finestra del mio cottage, con il maltempo che imperversa e mi isola dal resto del mondo, con il silenzio tutto intorno, dovrei provare un profondo senso di solitudine.
Non è così. Non ho alcun problema con la solitudine, dopo trentacinque anni ci ho fatto i conti -e da un pezzo anche- e ho imparato a preferirla a tante altre cose, ma in ogni caso la neve mi dà l'impressione di allontanarla.
Guardo ogni cosa ricoprirsi di bianco, guardo lo sporco vestirsi di candore, e provo solo pace e meraviglia. Per qualche ragione, sapere che sono ancora in grado di provare meraviglia mi fa bene al cuore, mi rassicura.
Crescendo, ho imparato ad apprezzare le cose più semplici, come i regali della natura. Ho imparato che una tempesta di neve o un temporale, possono celare uno spettacolo mozzafiato se si sa guardarli con gli occhi giusti.
Mi stringo di più nella felpa calda, osservo la strada sparire completamente sotto a tutto quel bianco, e intanto il cellulare prende a squillare per quella che è almeno la sesta volta, oggi.
Il numero è sempre lo stesso, non lo conosco e per questo non ho ancora risposto. Potrei bloccarlo, ma stasera mi sento troppo pigro persino per fare questo. Ora però comincio a chiedermi chi possa essere, chi mi stia cercando con tanta insistenza.
Sostituisco la tazza con la cioccolata calda che ho tra le mani con quell'aggeggio infernale, e continuo a fissarlo. Alla fine, decido di rispondere.
«Sì?»
«Julian».
Dall'altra parte della linea, una voce controllata e profonda pronuncia solamente il mio nome.
Non so perché io mi sia irrigidito e un brivido mi stia attraversando la schiena.
È come se qualcosa stesse penetrando nella mia bolla sicura, esponendomi al pericolo.
Ma non c'è nessuno qui. È solo una voce al telefono.
Una voce che impiego tre secondi a riconoscere. O almeno, credo di averlo fatto.
«So che mi hai riconosciuto».
Sospiro. È senza alcun dubbio Blake.
Sto per domandargli che diamine vuole dopo anni e anni di silenzio, quando mi precede.
«Perdona la mia... brutalità, ma non ho il tempo di perdermi in chiacchiere e convenevoli. Mi serve un posto sicuro in cui stare, e adesso non ti spiegherò neanche perché. Ho bisogno di venire da te».
«Cosa? Ma che diavolo stai dicendo? Noi non ci parliamo più, tu sei sparito per anni! E ora pretendi che ti ospiti in casa mia?»
Cristo, quest'uomo è assurdo. Lo è sempre stato, non so neppure com'è che un tempo andassimo perfettamente d'accordo.
Un tempo, era praticamente mio fratello.
Lì per lì, l'idea che qualcuno venga a insinuarsi nella mia vita mi mette ansia.
Non sono più abituato a condividere gli spazi. Non sono più abituato alla convivenza, di nessun tipo. Non sono più abituato al rumore.
E non sono disposto a barattare la solitudine con... Con Blake.
«Hai ragione. Tu hai perfettamente ragione ad essere incredulo e incazzato, ma io ho bisogno di te. Eri mio fratello, una volta. Anche se non ci vediamo da un sacco di tempo, lo sei ancora?»
Che colpo basso.
Quella domanda non dovrebbe sconvolgermi tanto. Ho perso molto negli ultimi anni, ho perso quasi tutti. Non dovrebbe importarmi neppure di Blake.
Sospiro pesantemente e mi massaggio le tempie. «Di quanti giorni stiamo parlando?»
Ho usato la parola giorni apposta, perché non voglio che si piazzi qui in pianta stabile.
«Pochi. Forse tre, forse sei. Un paio di settimane al massimo».
Credo che abbia improvvisato la risposta perché il suo tono è incerto.
«D'accordo, maledizione» ringhio comunque.
Me ne pentirò. Me ne pentirò non appena cadrà la linea, me ne pentirò tra meno di cinque secondi. Me ne pentirò per tutta la notte e poi per il resto della settimana.
Ma non riesco a dirgli di no, a quanto pare.
Perché ricordo dei problemi che gli si sono sempre appiccicati addosso come la polvere su una superficie abbandonata, e ho paura che possa essere nei guai. Che abbia seriamente bisogno di un rifugio, di una mano, di un amico.
«Mandami un messaggio con l'indirizzo. Sarò lì tra un paio di giorni al massimo».
«Va bene». Non va bene per niente, ma va bene.
«Oh, Julian?»
«Che altro c'è?»
«Non verrò da solo. Porterò mia sorella con me».
E poi chiude la chiamata.

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