Capitolo 3

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Julian

Se stanotte sono crollato nonostante la tempesta di pensieri, è stato solo per sfinimento.
Quando guardo la sveglia sul comodino che segna le nove meno un quarto, salto giù dal letto e corro in bagno a darmi una rinfrescata. Non è affatto da me aprire gli occhi a mattina inoltrata, il mio risveglio avviene sempre intorno alle sette.
La mia routine sta già cadendo a pezzi.
Mi concedo comunque una doccia veloce nonostante debba ancora fare colazione e abbia un sacco di lavoro da smaltire. Subito dopo mi dirigo in cucina, e la prima cosa di cui mi accorgo è la tavola apparecchiata con una caraffa di succo di frutta, macedonia e pancake. Blake sta versando del caffè in una seconda brocca.
«Buongiorno! Dormivate ancora tutti e ho pensato di prepararvi la colazione. Scusa se ho invaso il tuo regno, ma ho pensato che fosse un gesto carino».
Lo è. Non mi dispiace che si sia preso la briga di dare una mano, anche perché non ho alcuna intenzione di fare tutto da solo in casa, adesso che ci vivono anche Blake e Halsey. Questo non è un hotel e devono darsi da fare.
«Grazie, lo apprezzo molto. Da quando sei un tipo mattiniero?»
Ai tempi del college si presentava in ritardo a lezione un giorno sì e l'altro pure.
«Oh, non sono affatto diventato un tipo mattiniero, te lo assicuro. Non sono proprio riuscito a dormire. E poi Halsey si rigirava di continuo accanto a me, era agitata nel sonno, e sono rimasto tutto il tempo a preoccuparmi per lei. Non l'ha presa affatto bene questa partenza improvvisa, le manca già la sua vita a Malibù. Beh, questo almeno mi rassicura sul fatto che, nonostante tutto, sono riuscito a farle avere una bella vita. Prima di strappargliela via. Non so quando potrò restituirgliela» conclude, il tono di voce sommesso e lo sguardo puntato sulla tazzina di caffè.
«Se è testarda come dici, potrebbe cercare di andarsela a riprendere da sola. Non credo che riuscirai a tenerla lontana da casa a lungo».
«Lei non può per nessuna ragione al mondo, nessuna, andarsi a riprendere un bel niente. C'è in gioco la sua sicurezza» ribatte severo. «Julian, mi devi giurare che mi aiuterai in ogni modo possibile a tenerla qui finché sarà necessario» aggiunge, prendendomi per le spalle e fissandomi con intransigenza.
«In che razza di problemi sei finito, si può sapere?»
«Non servirebbe a niente gettarti questa merda addosso. Ma conosci il tipo di gente con cui ho a che fare, sono persone che non hanno scrupoli, non hanno un'anima. C'è il rischio che possano prendersela con Halsey per avere tutto il potere che vogliono su di me. La sola idea che quegli uomini si avvicinino a lei, mi fa atterrire. Puoi comprenderlo?»
Stringo le labbra e sospiro. Annuisco e mi tolgo le sue mani di dosso.
«Lei non c'entra niente con quel tipo di vita. È pura, è pulita, e non deve essere contaminata» incalza.
Non potrei essere più d'accordo. Sono sinceramente felice che sua sorella non faccia parte di giri discutibili.
«Non sei ancora riuscito a liberarti delle cattive compagnie, dopo tutti questi anni» lo rimprovero. «Me lo ricordo quanto spesso mi ripetevi che un giorno avresti cambiato le cose».
«Non posso decidere di liberarmi delle cattive compagnie così come non ho potuto decidere di stargli alla larga sin dall'inizio, visto che mi ci sono trovato invischiato in mezzo senza volerlo affatto» sbotta piccato.
Non dico più nulla perché so che ha ragione. Blake non è un cattivo ragazzo e l'esistenza che si è ritrovato a condurre non rispecchia per niente i suoi valori, i suoi ideali, le sue aspettative.
Mi siedo a tavola e gli faccio cenno di accomodarsi a mangiare.
«Allora, che mi dici di te, invece? Mi sono arrivate delle voci sul tuo... matrimonio».
Non voglio parlare di me. E più di ogni cosa, non voglio affatto parlare del mio matrimonio. Motivo per il quale sono felice di vedere Halsey fare la sua comparsa in cucina.
Si trascina per la stanza stropicciandosi la faccia, finché non si lascia cadere su una sedia. Si versa un bicchiere di succo di frutta e lo sorseggia in silenzio.
Inarco un sopracciglio, già contrariato di prima mattina.
«Buongiorno anche a te, sorellina».
Lei lo ignora deliberatamente e continua a bere il suo succo.
«Come avrai intuito, ha preso da me in quanto a risvegli traumatici. Appena alzata detesta chiunque le rivolga la parola. Questa è senza dubbio la fascia oraria in cui è più intrattabile» mi spiega Blake.
Perché invece ieri sera era così cordiale e deliziosa.
Scrollo le spalle e finisco di mangiare la mia macedonia. Lavo i piatti che ho sporcato e mi congedo nel mio studio per mettermi a lavorare.
In tarda mattinata Blake porta Halsey a fare un giro nei negozi giù in paese, per comprarle degli abiti pesanti.
Ancora una volta mi domando quanto a lungo abbiano intenzione di restare qui, e ancora una volta sono convinto che la risposta potrebbe non piacermi affatto.
Se Blake fosse stato da solo, credo che dopotutto sarei stato in grado di gestire perfettamente la situazione. Stavo scoprendo che la sua compagnia non mi dispiaceva, riavere indietro il mio vecchio -e più caro- amico non mi dispiaceva.
Ma non sapevo come gestire Halsey e sembrava non saperlo neanche lui.
Più osservavo la sua espressione assorta e a tratti impenetrabile, e più avevo l'impressione che fosse sul punto di esplodere da un istante all'altro.
Mi dava l'idea di essere un vulcano attivo, tanto capace di starsene buono per parecchio tempo quanto in grado di rivelarsi estremamente dannoso nel momento in cui ci avrebbe travolti con la sua lava bollente.
Non dubitavo del fatto che stesse attraversando un periodo difficile, ma il suo non era certo il modo giusto di affrontarlo.
Quelli però non erano affari miei. Non spettava a me dire a Blake come educare la sorella, ma potevo spronarla a rispettare le regole non scritte per la buona convivenza di tutti.
Quando si fa sera e Blake, senza che glielo abbia chiesto, si appropria di nuovo della cucina per preparare la cena, decido di salire al piano superiore a cercare Halsey.
La porta della stanza è aperta, per cui entro senza annunciarmi. Lei è seduta sul letto, ha il cellulare tra le mani e lo sguardo rivolto alla finestra.
«Potresti anche aiutare tuo fratello a cucinare. O a fare qualsiasi altra cosa. Potresti aiutare, almeno un po'» esordisco.
È la prima volta che ci parliamo oggi, eppure la giornata sta già volgendo al termine.
Con calma, volta il viso finché i suoi occhi ostili non incontrano i miei.
«Un'altra cosa. Non ti chiedo di intavolare una discussione con me, ma sono certo che puoi sforzarti di salutare la mattina e di rispondere quando qualcuno ti parla. Non sopporto la maleducazione» preciso.
«Ma certo. Ti darò il buongiorno e ti darò anche la buonanotte. Posso persino augurarti di fare sogni d'oro, se questo ti aiuterà a dormire più sereno» cantilena.
Mi sfrego una mano sul collo e stringo i denti. Mi rifiuto di continuare a raccogliere le sue provocazioni. Se comincio a ignorare le sue risposte irrispettose, si stancherà.
«E per quanto riguarda l'aiutare in casa?» insisto.
Si lascia sfuggire una risata amara. «Mi crederesti se ti dicessi che ho disperatamente voglia di fare qualcosa, qualsiasi cosa, tenermi impegnata e fare in modo che il tempo scorra più veloce, ma non riesco a trovare l'energia necessaria per alzarmi dal letto?»
«Sì, capirei» la rassicuro subito, cambiando tono.
Mi stupisco io stesso della naturalezza con cui è venuta fuori la mia risposta. Se ne stupisce anche lei, perché qualcosa nella sua espressione muta e ora ci guardiamo con un'attenzione diversa. Sembra quasi che stiamo cercando di scavare a fondo, io nella sua testa e lei tra i miei ricordi, aspettandoci di trovare non so bene cosa.
Dura pochissimo, perché Halsey sposta l'attenzione sul copriletto e io sulla mia felpa.
Ho vissuto sulla mia pelle quelle stesse sensazioni. La voglia di ricostruire il mondo intero in netto contrasto con la debolezza. I progetti nella testa e l'incapacità di metterli in atto.
La paura che sommerge qualsiasi altra cosa, qualsiasi.
L'unico consiglio che potrei darle è che, se sceglierà di essere forte, passerà.
Ma alla fine scelgo di non dirlo.
«Halsey? Tregua?» provo a corromperla.
Torna a guardarmi, e tutto ciò che leggo stavolta sul suo viso è sincerità.
«Io non ce l'ho con te, non davvero. Ma adesso sono arrabbiata. Sono arrabbiata col mondo intero, Julian. E non riesco ad essere gentile con nessuno».
La cosa assurda è che capisco bene anche questo.

Halsey non ci raggiunge per cena, ma quando mettiamo un film in tv sbuca nel piccolo salotto e va a sedersi all'altra estremità del divano occupato da Blake. Sta mangiando una mela ed è avvolta in una felpa pesante verde menta.
Prima di lei, non si sono mai visti tanti colori sgargianti in questa casa. Tutto ciò che indosso io è nero, grigio o bianco. Tutt'al più, nel mio armadio si può trovare qualcosa di blu per i giorni in cui mi va di osare.
«E quella sarebbe la tua cena? Un frutto?» la riprende suo fratello.
«Sono sicura che sopravvivrò anche se per una volta salto un pasto completo».
«Il punto è che nelle ultime ore ne hai saltati fin troppi, di pasti. Hai lo stomaco chiuso?»
«Ma figurati, sto una meraviglia» replica, con fin troppo sarcasmo.
Vorrei intervenire, soprattutto quando noto il sospiro scoraggiato di Blake, ma mi costringo a frenarmi.
Ho detto che capivo Halsey, ma al contempo la voglia di prenderla per le spalle e scuoterla fino a farla rinsavire non mi è passata.
Con quella lingua lunga che si ritrova, sono sicuro che sia una ragazza sveglia. Come può non capire suo fratello, come può non capire che ciò che ha fatto è per il suo bene? Come può non vedere quanto lui la ami?
Io non l'ho mai conosciuto un tipo di amore così. Sincero, paziente, potente, duraturo.
È molto ingrato da parte sua trattare il fratello con tanto distacco.
«Hai passato tutta la giornata in stanza, cos'hai fatto? Hai sentito i tuoi amici?» ritenta lui.
«Sentire i miei amici? E per dirgli cosa, visto che non posso spiegare loro la ragione per cui sono sparita? Non la conosco neanche io l'esatta ragione per cui siamo spariti da Malibù».
«Conoscere la ragione non avrebbe cambiato l'esito delle cose. Buon Dio, sorellina. Possiamo cercare di instaurare una conversazione civile e che non abbia il sapore di un pomodoro rimasto in frigo per giorni e andato a male?»
Ovviamente, lei non gli risponde nemmeno. E ovviamente Blake non si arrende. Comincia a raccontarle degli aneddoti di noi due al college, mi chiede del mio lavoro, mi aggiorna sul suo. Cerca in tutti i modi di creare un legame tra me ed Halsey finché lei non si stufa e se ne torna in camera.
Quando il film finisce -nessuno di noi lo ha seguito sul serio- mi preparo anche io per andare a letto.
«Aspetta, Julian. Mi dispiace per tutti i casini che ti stiamo causando» si scusa ancora, prima di darmi un altro abbraccio.
Lo rassicuro perché, anche se detesto i problemi e gli imprevisti, riesco a mettermi nei suoi panni e a comprendere il suo disagio misto alla consapevolezza di non avere altra scelta.
Nei giorni seguenti ci sono altri episodi del genere. Mentre io ed Halsey ci limitiamo a scambiarci due parole in croce e solo se strettamente necessario, Blake non fa che scusarsi e ringraziarmi.
Non capisco perché continui a ripetermi le stesse scuse anche se lo rassicuro ogni volta, perché cerchi di farmi piacere Halsey, perché tenti di costringere lei a passare del tempo con me.
Perché mi parli dei suoi pregi, dei suoi difetti, di ciò che le piace e di ciò che non le piace.
Infine, il quinto giorno, lo capisco eccome. Il quinto giorno capisco tutto.

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