𝘊𝘢𝘱𝘪𝘵𝘰𝘭𝘰 4: 𝘖𝘴𝘵𝘪𝘭𝘪𝘵à 𝘔𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳𝘪𝘰𝘴𝘢

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Ormai sono passati venti minuti da quando sono arrivata nella Hall della Gerber Ink e di Alicia non ho che un messaggio sul telefono.
"Ho spento la sveglia!!! Arriverò in ritardo, scusamiii".
Sbuffo sapendo di non potermi alterare più di tanto.
Nel contratto la presenza di Alicia non è richiesta, si tratta di una sua proposta per darmi supporto.
Apprezzo quindi che si sia fatta avanti, anche se stamattina avrebbe potuto dormire un pò di più e decido di iniziare a salire in redazione.
Anche se ho già incontraro Lilà e intravisto i dipendenti ieri sono comunque tesa come le corde di un violino, senza sapere con esattezza cosa dovermi aspettare.
Quando supero la porta di vetro incrocio la receptionist, che ha accolto me e Alicia il giorno prima e quando mi rivela un importantissimo dettaglio, comprendo le ragioni della mia preoccupazione: la signora Gerber non sarà presente poiché impegnata in un progetto professionale del quale ignoro i dettagli.
In compenso l'agitazione e il via vai di ieri hanno lasciato posto a un clima rilassato.
Nessuno corre, non ci sono fogli svolazzanti o per terra e molti sono tranquilli a bersi il loro caffé prima di inziare.
Faccio appena in tempo ad assaporare la calma che alcuni dipendenti si voltano verso di me e i loro visi, in parte assonnati, si ridestano del tutto.
<Ragazzi é arrivata!> li sento esclamare in lontananza.
Il resto di loro si gira nella mia direzione.
Panico.
Accenno un timido saluto con la mano, indecisa su cosa dire e in un battito di ciglia sono già tutti intorno a me.
<Clelia Turlington! Posso chiamarvi Clelia??? Oh è un piacere avervi qui!> ammette uno di loro stringendomi la mano.
<Comincia oggi?> domanda un altro.
<Ci dispiace di non essere riusciti a presentarci ieri, vuole un caffé???>.
Per quanto la loro accoglienza sia calorosa mi sento sopraffatta dalle loro domande.
Insomma, non ho il tempo di rispondere a un quesito che subito me ne porgono un altro, così finisco per irrigidirmi mentre stringo mani su mani e capto qualche nome qua e là.
Mi rendo subito conto di come io sia ancora ossessionata da quello che gli altri possono pensare di me: una ragazza timida e insicura sempre indecisa su quali parole usare.
Cerco di placare le loro domande ma alla fine é una voce dura e profonda a farlo al posto mio.

<Che cos'é tutto questo baccano?>.

Mi volto di scatto sulla soglia dell'ingresso dove un uomo dai folti capelli scuri sorregge una cartella dall'aspetto pesante e guarda verso di noi immobile.
Qualcuno bisbiglia, qualcun'altro butta subito il proprio caffé, come se stesse facendo qualcosa di proibito, io mi limito a rispondere al suo sguardo, oltre le lenti degli occhiali che riflettono la luce calda della redazione.
<Non avete del lavoro da fare?> ringhia, avanzando tra le scrivanie <la signorina Turlington non é qui per un piacevole incontro con i fan> commenta poi aspramente e io a quelle parole vorrei nascondermi in uno dei tanti caffè liquidati.
Tra un "scusi capo" e l'altro lui mi raggiunge e, anche se é a un metro e mezzo da me, i suoi occhi si impegnano ad evitarmi.
Probabilmente é il fratello di Lilà che ieri non é riuscito a presenziare al colloquio per via di un imprevisto.
Devo cercare di fare una buona impressione, non vorrei mai che la mia presenza causasse screzi.
Raddrizzo la schiena e tendo una mano verso di lui, per presentarmi, abbozzando un sorriso.
<Piacere di conoscervi, ho incontrato ieri sua sorella> sposto una ciocca di capelli fastidiosa <la ringrazio per questa opportunità di crescita profe->.
Seppur fiera del mio interloquire non ho nemmeno la soddisfazione di terminare la frase che lui mi interrompe.
<Elodie!!!> chiama.
Nel giro di poco una ragazzetta bassina ma dagli occhi sfavillanti si materializza davanti a noi.
Ha i capelli corti, chiari, acconciati all'insù e a guardarla rimango interdetta poiché non le darei più di quindici anni.
Quando mi accorgo di fissarla, nel tentativo di capire la sua vera età, abbasso lo sguardo.
<Mostrale la sua postazione> ordina senza entusiasmo, senza presentarsi e, ancora ostinatamente, senza guardarmi.
<Agli ordini capo!> esclama Elodie, energicamente.
Il signor Gerber non dice altro, se ne va per sparire nell'ufficio di Lilà, la porta di vetro si richiude pesantemente e io mi ritrovo faccia a faccia con una ragazzina dall'aspetto esile ma con una voce squillante.
<Non faccia caso al signor Gerber, la mattina lo mette sempre di cattivo umore> spiega stringendomi la mano che, sovrappensiero, avevo lasciato a mezz'aria.
<Piacere di fare la sua conoscenza, io sono Elodie, faccio parte del team di grafica>.
Il suo largo sorriso fa immediatamente quello che il signor Gerber, evidentemente non sa fare: farmi sentire a mio agio.
<É un piacere anche per me, Elodie> rispondo dopodiché la seguo mentre, canticchiando allegramente, mi guida fino alla mia scrivania: un tavolo spoglio di qualunque cosa, eccezione fatta per una lampada notturna e una altissima pila di fogli dagli angoli rovinati.
Osservo Elodie con aria interrogativa, sperando sappia cosa dovrei fare ma lei si limita a sorridermi e ad andarsene.
Cosa sono questi fogli? Come faccio a mettermi a lavoro se non so nemmeno da dove iniziare?
Mi sollevo in punta di piedi per vedere oltre il separé solo per rendermi conto che probabilmente nessuno risponderà alle mie domande: sebbene il clima non sia caotico, si respirava un'aria di piombo, i dipendenti si distribuiscono ordinati nella stanza, fino ad arrivare alle loro scrivanie; quel vociferare, tanto rumoroso il giorno prima, adesso é un sommesso bofonchiare, dovuto probabilmente all'arrivo del caporedattore.
Prendo posto dietro la scrivania e provo un senso di totale smarrimento quando la pila di scartoffie mi arriva alla fronte, superandola addirittura di qualche centrimetro.
"É il primo giorno e già sono sommersa di lavoro, letteralmente" penso prima di udire un lento fruscio alle mie spalle.
Quando alzo la testa, pronta a sorridere a Elodie, mi trovo davanti il signor Gerber.
La sua espressione cupa mi investe come se fosse vento gelido.
<Quei fogli sono gli archivi dell'azienda, prima di qualsiasi altro progetto voglio che lei li studi attentamente. Non può svolgere al meglio la sua mansione se non capisce per chi sta lavorando> spiega con una pazienza che non credevo potesse appartenergli.
Annuisco in silenzio e prendo il primo foglio dalla pila.
<Ah, Signorina Turlington?> accenna appoggiandosi con il fianco sul separé.
Alzo gli occhi dalle schede e dagli articoli di giornale.

<Non faccia l'errore di credere di essere una famosa scrittrice qui dentro. Ai miei occhi lei rimane una semplice impiegata, é tutto chiaro?>.

Rimasi ammutolita da quelle parole.
Non mi sono mai considerata una persona altezzosa ma devo aver fatto qualche passo falso perché sembra infastidito anche solo dalla mia presenza.
Inutile, comunque, fare polemica, non mi conviene iniziare col piede di guerra, specialmente con quello che sarà il mio capo.
<É tutto chiaro?> chiede nuovamente, strappandomi alle mie congetture, stavolta con una voce che non ammette ulteriore attesa.
Così mentre il veleno delle sue parole inizia ad entrare in circolo nel mio sangue, io trovo l'antidoto dentro di me, in una sottile voce che, tramite un libro davvero importante, aveva trovato il modo di mostrarsi al mondo.



<Cristallino> rispondo.

𝘓'𝘈𝘳𝘵𝘦 𝘋𝘪 𝘙𝘰𝘷𝘪𝘯𝘢𝘳𝘦 𝘛𝘶𝘵𝘵𝘰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora