5: ricordi, rivelazioni e Nash Grier.

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~5: ricordi, rivelazioni e Nash Grier.

Dopo qualche ora vediamo entrare dalla porta un ragazzo bellissimo, alla cui vista Madison sembra svenire, è Sean.
"Sean!"
Dico io felice e lui, in cambio, mi sorride e poi mi da un piccolo abbraccio, al quale rimango stizzita e ferma, mentre sulle mie gote inizia a salire un certo calore.
"Allora sei pronta per uscire?"
"Cosa? Già? Ma non dovevo uscire domani?"
"Mamma quanto blateri! Stai zitta e fammi parlare!"
Prova a rimproverarmi, ma poi scoppia a ridere seguito da me, mentre gli altri rimangono zitti.
Mi sono dimenticata di presentarli, che stupida! Mi do una pacca sulla fronte da sola tanto sono deficiente.
"Ragazzi scusate se non vi ho presentati, lui è Sean, il mio nuovo dottore, Sean loro sono Jack: mio fratello, Madison: la ragazza di mio fratello e poi Nash che è il mio migliore amico con il quale mi diverto un mondo."
I ragazzi si scambiano la mano mentre Nash si butta tra le mie braccia.
"Non pensavo fossi così importante per te! Ti voglio bene nana!"
Sussurra in modo che possa sentirlo solo io, poi mi abbraccia ancora più forte e rido.
"Anche io ti voglio bene Dash!"
Sottolineo l'ultima parola con enfasi, ricevendo dal moro uno sguardo omicida.
Scoppio a ridere dopodiché incito Sean a continuare il suo discorso.
"Allora Eva, oramai sei sana come un pesce, certo ogni tanto dovrai tornare per qualche controllo, ma sappiamo tutti che sei forte abbastanza per non ricaderci di nuovo."
"Di cosa sta parlando?"
Chiede preoccupato mio fratello a cui non ho detto niente.
La ragione per cui mi hanno tenuto così tanto in ospedale non sono le ferite che ho, ma ciò che ho dentro.
Sean mi guarda come per chiedermi se loro sanno, ma io nego e fortunatamente il dottor Low cambia discorso, quindi nessuno ci fa più caso e continuano a parlare, nessuno a parte Jack che mi guarda con sguardo incriminatorio dicendomi:
"Dopo io e te parliamo".
Ho paura, non posso dirglielo, mi odierebbe per questo, inizio a sudare freddo, ma lui sembra non accorgersene al contrario di Sean che mi corre incontro.
"Ragazzi uscite un attimo per favore devo parlare da solo con Eva. "
Marca bene quel da solo e tutti escono dalla stanza, per un nano secondo mi sento sollevata, ma poi lo sguardo del dottore mi fa tornare allo stato di preoccupazione mischiato a quella paura orribile che avevo fino a pochi secondi fa.
"Perché fai così? Hai paura di dirglielo? Vuoi che lo faccia io?"
Le sue parole escono frettolosamente dalla sua bocca ma fortunatamente riesco a capire tutto e un "NO!" Urlato a squarciagola esce dalle mie labbra.
"Lo devo fare io, ma non so ne come, ne quando."
Questa volta continuo più calma.
"Okay, fai tu, ma deve saperlo, potrebbe portari in un centro e aiutarti anche lui..."
"No, non voglio andare in un fottuto centro, ce la posso fare da sola, lo hai detto anche tu, no?"
Lui mi guarda e annuisce, ma dalla sua faccia capisco che vuole aggiungere così, infatti dopo qualche secondo di silenzio cerca di far uscire un semplice "ma..." che però racchiude tutto ciò che non voglio sentire ora.
"Niente ma Sean, io ce la farò da sola. Ce l'ho sempre fatta da sola, perché non dovrei riuscirci di nuovo?
Non voglio che loro si addossino anche I miei problemi ora, forse potrei parlarne con Nash, ma con gli altri non se ne parla, magari tra un po di tempo quando tutto sarà passato e questi saranno solo brutti ricordi su cui probabilmente rideremo su.
In questo momento voglio andare via e godermi la mia vita, continuandola diversamente senza però scordare ciò che è successo, in fondo è grazie a quello che è stato che sono cresciuta e me la sono sempre cavata."
Sean sorride e mi abbraccia.
"Sei una persona molto coraggiosa, sai? Io al tuo posto non mi sarei mai rialzato, ti ammiro per questo. Spero di rivederti presto, magari in un altro frangente."
Ride sull'ultima parte facendo, di conseguenza, ridere anche me.
Questo ragazzo è molto simpatico e anche io non vedo l'ora di rivederlo, anche se sono ancora qui davanti a I suoi occhi, già mi manca.
Sean mi abbraccia e mi da un bacio sulla guancia per poi far rientrare I ragazzi.
Fortunatamente Jack e Madison vanno a preparare la mia stanza per quando arriverò nella mia nuova casa e ne sono felice, non so cosa avrei potuto inventare per far contento mio fratello, so che un giorno dovrò dirglielo, ma ora non me la sento di dirlo a nessuno se non a Nash.
"Hey Eva vuoi che ti aiuti a prendere confidenza con il pavimento?"
"Si, ma prima siediti devo dirti una cosa."
"Certo dimmi, tutto ciò che vuoi."
"Prima però promettimi di non arrabbiarti e di non dirlo a nessuno. -mi guarda storto, poi però annuisce e sorride. Prendo un bel respiro e inizio il mio racconto.- Allora è iniziato tutto qualche anno fa, quando ancora mi trovavo con il ragazzo a cui sono stata venduta e che mi ha fatto tutto questo -mi indico il corpo e vedo Nash impallidire, tra poco vedrò uscire il fumo dalle sue orecchie se non si calma.-"
"Da quanto ti trattava così? "
"Ora non è importante, devo dirti un'altra cosa e per favore non interrompermi più.
Allora come stavo dicendo, è iniziato tutto qualche anno fa quando ancora mi trovavo in quella cantina sudicia ormai diventata la mia nuova casa.
Ero sdraiata sul letto quando lui entrò mostrandomi la sua dentatura perfetta grazie ad un sorriso più falso che mai, ma fino a quel momento si era mostrato gentile quindi non avevo paura, ne tantomeno ero preoccupata per ciò che sarebbe potuto accadere, così gli sorrisi anche io, intanto lui era venuto vicino a me e si era seduto sul letto anche lui, mi stava abbracciando.
Era da un po che mi raccontava ogni sera la storia della mia famiglia, infatti quel poco che so lo devo a lui, comunque quella sera mi raccontò come erano morti I miei genitori, ovvero per overdose. All'inizio non capii di cosa parlava ero piccola, avevo solo 10 anni, così mi fece vedere un sacchetto pieno di polvere bianca dicendomi che era quella la sostanza che aveva fatto passare a miglior vita I miei genitori, mi disse anche che quella polvere, se presa in piccole dosi, riusciva a tranquillizzarti e a farti scordare le cose brutte della vita.
Dal giorno dopo me ne scordai pesavo 'a che serve a me? Io sto bene cosi'.
Ma dopo che lui inizió a molestarmi e a picchiarmi (3 anni dopo) cambiai idea, la mia vita era uno schifo e se quella bustina piena di sabbiolina bianca mi avrebbe aiutato a scordare doveva essere mia.
Così una sera mentre ero sdraiata sul pavimento lurido dopo che lui mi aveva picchiato, trivai la forza di girarmi e trovai quella bustina per terra che probabilmente gli era caduta dalla tasca.
La presi e iniziai a inalarla come mi aveva spiegato, all'inizio mi sentivo bene, poi quando volevo smetterla mi accorsi che non ne potevo più.
Per questo motivo sono all'ospedale, hanno provato a togliermi quella cosa schifosa che ho ingurgitato, ma hanno detto che ormai il mio fisico si è abituato a riceverne dosi e che inizialmente sarà difficile stargli lontana. Per questo non ricordo molto del mio passato, anche se ora iniziano a sovvnirmi particolari prima dimenticati come jack."
Finisco il mio racconto e non mi ero accorta che sto piangendo, aspettando una qualche risposta del moro che però rimane in silenzio con una faccia da ebete, finché non scoppia.
"Quindi sei una drogata? Tutto quella forza che vedevo dentro di te era solo la conseguenza di quella merda che ti prendi? E non mi dire che smetterai perché so che non è vero, non puoi, non ci riustiresti! Io che pensavo fossi una mia amica, ma non so nemmeno se sto parlando con la vera Eva. Sei solo una delusione."
Io sono rannicchiata su me stessa, non sto capendo niente e piango, piango come non mai, aveva detto che non si sarebbe arrabbiato ma non è stato cosi.
Sprazzi della mia infanzia tornano a galla e non posso fare niente per bloccarmi, piano piano sto ricordando tutto e questo non è un buon segno, voglio scordare nuovamente, la mia vita è orrenda.
Flashback (Eva ha 6 anni)
"Eva vai su in camera"
"No mamy io rimango con te, io su non ci vado"
Papà era ubriaco, lo vedevo da come camminava barcollando e da come, inconsciamente, rideva a squarciagola e intanto picchiava la mamma. Io ero li e lui urlava contro di me e poi tornava nuovamente a fare del male alla mia povera mamma.
Non riuscivo più a sopportare la vista di quel mostro così, dopo l'ennesimo urlo contro di me andai su.
"Brava puttanella corri da tuo fratello e piangete insieme. Voi non siete nessuno se non delusioni, ne io ne vostra madre vi volevamo."
Ero sulle scale e piangevo, papà continuava ad urlare contro mamma e sentivo I suoi gemiti di dolore silenziosi anche da sopra.
Jack mi corse incontro e mi abbracció, ero piccola e ingenua si, ma capivo certe cose e sapevo che quel giorno non sarebbe finito bene.
Era da un mese ormai che quel lurido uomo, quale era mio padre, tornava a casa ubriaco, ma mai era successo che menasse in questo modo quella povera donna che non meritava tutto questo e non riusciva a ribbellarsi solo perché lo amava.
Dopo infiniti colpi, ne sentimmo uno enorme che rimbombó per tutta casa, era quello decisivo lo sapevo, continuai a piangere ancora più forte, finché William non vení sopra iniziando a imprecare contro di me e Jack.
"Se voi non foste nati io e vostra madre non saremmo in questa situazione."
Sputó, letteralmente, sul pavimento e poi si giró per entrare nella camera che condividevamo tutti insieme, quando mio fratello si scaglió sopra di lui cercando di fargli del male.
Dalla bocca di quell'orribile uomo ne uscí solo una risata seguita poi da un cazzotto in faccia a Jack.
Io tentai di urlare ma le urla mi si bloccarono in gola.
Fortunatamente mia madre aveva seguito la scena e, ancora dolorante, salì le scale per poi dare una botta con un martello sul piede di mio padre, il quale lasció cadere mio fratello a terra, ma che trafisse mia madre con un coltello fatto uscire dalla sua tasca pochi secondi prima, dopodichè scappó via.

Mamma non è morta per overdose come LUI aveva detto, bensì per una stilettata allo stomaco e papà, dopo averla uccisa, scappò per poi non tornare.
Mia madre ci voleva bene e a pensare che io l'ho odiata per tutto questo tempo perché pensavo che di me non le importasse nulla, mi faccio ribrezzo da sola.
Delle mani e una voce a e lontana mi riscuotono dai miei pensieri, bagnata di lacrime e singhiozzante provo a scorgere le persone intorno a me, ma più provo a mettere a fuoco la visuale più le persone diventano macchie nere indistinte.
Altre voci si aggiungono a quelle precedenti e piano piano riprendo la vista normale e smetto di singhiozzare, ma gli occhi non ne vogliono sapere di smettere di bruciare e nemmeno le lacrime sembrano volersi bloccare.
Giro la testa in tutte le parti e trovo Nash seduto sul letto che mi tiene la mano e la stringe forte che mima con le labbra un misero "scusa", senza degnarmi di uno sguardo, poi vedo Cameron che mi abbraccia fortissimo, seguito poi da Jack da Madison e da Sean, l'unico con la faccia preoccupata.
"Eva vuoi parlare di ciò che ti è successo?"
No! Provo a dire, ma la voce non esce, riprovo apro la bocca, ma oltre all'aria non esce nient'altro, solo piccoli mugolii affranti.
"Eva perché non parli?"
Mi chiede nuovamente il ragazzo davanti a me con il camice.
'Se lo sapessi te lo direi'
Cerco di dirgli ma la voce, ancora una volta, non esce.
Tutti guardano me e poi Sean, a intermittenza, come per sapere qualcosa sul perché non riesca a parlare da lui.
"Ragazzi non guardatemi così, non so cosa possa esserle successo, vado a chiamare uno psicologo che magari potrebbe aiutarci."
Successivamente esce e Nash non fa altro che cercare di estrapolarmi qualche parola o anche solo un piccolo sorriso, ma il mio volto è ormai rimasto senza espressione, un pó per il trauma del ricordo, un pó perché incapace di parlare.
Provo ad urlare, ma è tutto uguale a quel giorno, le urla non escono e io cerco in tutti i modi di scacciare l'immagine di quel mostro che accoltella mio padre.
Provo ad urlare 'no papà smettila', ma lui si avvicina ancora di più alla mamma.
Riprendo coscienza e forse Jack ha capito ciò che stavo pensando perché ora qualche lacrima solca il suo viso e mi dice:
"Tranquilla, la mamma ti voleva un mondo di bene ed ora è felice, non piangere."
Lo abbraccio forte e mi tranquillizzo, quando ci stacchiamo gli asciugo la lacrima e sorrido seguita poi da lui.
Dopo un po' Madison riceve una chiamata e, dopo avermi salutata con un bacio sulla guancia, esce dalla stanza correndo.
Grier è ancora nella stessa posizione di prima, seduto sul letto a stringermi la mano e con la testa bassa.
Vorrei dirgli che non è stata colpa sua, che quello che ha fatto è giusto e che dovrebbe odiarmi, invece di stare qui accanto a me, ma a parole non posso, così mi levo le coperte da dosso e, dopo aver slegato la mia mano dalla sua presa, mi metto a cavalcione sul letto e lo abbraccio.
Mi guarda sorridendo una volta staccati, e per la prima volta vedo bene i suoi occhi, sono celesti come il cielo e c'è qualche striatura bianca che ricorda le nuvole d'estate, resterei a guardare per ore questi occhi fantastici, ma purtroppo veniamo interrotti dal cigolio della porta che si apre.

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