ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 9

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Catherine si precipitò in direzione della porta del bagno, premendo ripetutamente la maniglia in modo caotico; sfortunatamente, era stata chiusa a chiave dall'interno.
-Milena? Cosa succede?- gridò, annaspando. L'altra non le rispose, ma poteva sentire molto distintamente i suoi lamenti attraverso la parete; stava piangendo, mentre sussurrava delle frasi che da quella distanza risultavano incomprensibili.
-Milena!- gridò ancora la ragazza, ormai presa dal panico. Tentò ancora di premere la maniglia e poi, non sapendo che altro fare, iniziò a sferrare delle poderose spallate contro alla porta nella speranza di riuscire a sfondarla. -Signora mi risponda!-.
Non aveva mai abbattuto una porta in quel modo e neanche credeva di esserne capace; ma molto probabilmente da quel gesto dipendeva la vita di una persona, dunque di certo quello non era il momento giusto per scoraggiarsi. Dopo una lunga serie di tentativi andati a vuoto indietreggiò lungo il corridoio per prendere una rincorsa sufficiente, poi si fiondò come una furia contro l'ostacolo.
Un tonfo acuto de deciso precedette l'apertura della porta la quale, strappando via dallo stipite una porzione di chiavistello metallico, si spalancò improvvisamente andando a sbattere conto al bordo della vasca. Catherine si precipitò all'interno con una mano stretta sulla spalla dolorante, trovando l'anziana signora distesa a terra proprio davanti al bidet: aveva il volto paonazzo, tremava visibilmente e un rivolo di sangue fresco scendeva giù dalla sua tempia. Un asciugamano bagnato era avvolto attorno al suo corpo seminudo.
Il pavimento era bagnato ed emanava un forte odore di candeggina; la poveretta doveva essere scivolata a terra, e con ogni probabilità aveva sbattuto la testa da qualche parte.
-Signora stia tranquilla, chiamo subito i soccorsi- le disse, mettendosi in ginocchio accanto a lei per verificare meglio quali fossero le sue condizioni. Ma la donna pareva essere solo shock, non le rispondeva ma continuava a farfugliare frasi sconnesse e parole senza senso.
Nonostante il panico Catherine fu in grado di chiamare un'ambulanza e fornire all'operatore telefonico informazioni precise, che verificava sul momento ogni qual volta le venivano richieste.
-La signora è presente? È in grado di rispondere?-.
-No- balbettò lei, mente con movimenti delicati la scuoteva -Credo sia sotto choc... Fate presto, vi prego-.
-Cerchi di non farla muovere, potrebbe essersi rotta qualcosa. Ok?- disse ancora l'operatore sull'altra linea. -Un'ambulanza è già in arrivo, massimo cinque minuti e saremo da lei-.
A Catherine tremavano le mani, mentre delicatamente accarezzava la spalla di Milena nel tentativo di darle conforto. Si era accidentalmente sporcata con il suo sangue, ne sentiva l'odore raggiungere le sue narici causandole una nausea insopportabile.
Rimase al suo fianco per tutto il tempo, fino a che non udì lo squillo del citofono; una squadra composta da tre soccorritori di fiondarono nell'appartamento e si affrettarono di verificare le condizioni di salute dell'anziana donna, che poco dopo fu trasportata via in barella fino all'ospedale locale.
Quando quell'incubo fu finito, ritrovandosi finalmente sola e avvolta in un silenzio assordante, la ragazza riempì i suoi polmoni di ossigeno portandosi le mani alla faccia; era così scossa che non riusciva più a smettere di tremare. Corse in bagno, e ignorando la chiazza rossa che era ancora ben visibile sulle mattonelle del pavimento, si affrettò a ripulire le sue mani e si sciacquò rapidamente il volto cercando di recuperare il controllo sue emozioni. Diede uno sguardo distratto allo schermo del suo cellulare, realizzando che fossero appena le 23:40 della sera; nonostante il suo pessimo stato mentale, avrebbe comunque dovuto affrontare l'intera notte e vegliare sulla salute di Conrad.
Chiuse gli occhi per alcuni secondi, espirando lentamente. Non riusciva a smettere di tremare, ma voleva assicurarsi che il ragazzo stesse bene e spiegargli che cosa era accaduto, perché di certo anche lui aveva udito i lamenti della donna attraverso la parete.
Timorosamente si affacciò alla soglia della sua stanza, trovandolo immobile nella stessa posizione di un'ora prima; la pompa per l'alimentazione naso gastrica aveva terminato il suo ciclo e si era spenta automaticamente, mentre il giovane fissava immobile le sue stesse ginocchia. Avrebbe dovuto provvedere lei stessa a metterlo a letto, quella maledetta sera.
-Hei, la tua nonna è caduta nel bagno- mugolò Catherine, avvicinandosi a passo lento. -Ma non preoccuparti, non è niente di grave. Comunque, hanno preferito portarla in ospedale per un controllo-.
Fissò per alcuni secondi il volto del ragazzo aspettandosi una risposta, che tuttavia non arrivò mai. Il suo sguardo non trasmetteva alcun tipo di emozione, come se fosse tornato ad estraniarsi completamente dal mondo attorno a lui rifugiandosi in un luogo che doveva trovarsi da qualche parte nella profondità della sua mente.
Catherine sorrise, scollegando il macchinario per l'alimentazione artificiale. -Ti metto a letto io stasera, va bene?-. Muovendosi in modo piuttosto impacciato, recuperò una spugna bagnata con un poco di acqua e sapone e una piccola bacinella, per poi tornare da lui. Si sentì profondamente a disagio in quel momento, soprattutto perché Conrad non sembrava voler reagire in alcun modo alla sua presenza, perciò le era difficile comprendere che cosa stesse pensando.
Con gesti gentili e attenti sollevò la maglia bianca che lui indossava facendola scivolare via dalla sua nuca, poi si occupò di sciacquare per bene torso e la schiena. Rimase interdetta dal pallone della sua pelle, che pareva non venire a contatto con i raggi del sole da moltissimo tempo; lungo la sua schiena, attraversata da due file di costole troppo esposte, erano presenti giusto una serie di nei che parevano quasi comporre una costellazione.
-Cerco di fare presto- mugolò, ma anche questa volta non ricevette alcuna risposta da Conrad. Sollevandolo con una certa fatica riuscì a distenderlo sul letto, notando che la sua muscolatura pareva estremamente contratta; appena fu riuscita a distenderlo, si occupò della pulizia di tutto il resto del suo corpo e lo vestì con un completo pulito che trovò frugando nell'armadio.
Sorrise.
Con la nuca adagiata sul cuscino e gli occhi chiusi, il poveretto pareva quasi un bambino intrappolato nel corpo di un adulto. Non poteva fare a meno di domandarsi se lui fosse venuto al mondo con quella patologia invalidante, oppure se qualcosa che aveva vissuto lo avesse ridotto in quello stato; si trattava di un'informazione che non le era stata fornita, poiché irrilevante per quanto riguardava il suo lavoro.
Uscendo dalla stanza Catherine lanciò un ultimo sguardo in direzione del paziente, per poi dirigersi verso la sua stanza; si sentiva davvero a pezzi, tutto ciò che desiderava adesso era vedere la finestra illuminarsi della luce del mattino.
La ragazza trascorse le successive ore in dormiveglia, facendo avanti e indietro tra una stanza e l'altra come di consueto per controllare lo stato di salute di Conrad; verso le cinque e mezza, poi, si concesse un pisolino con l'idea di tornare in piedi entro le sette, in modo da sbrigare le faccende domestiche come le era stato ordinato. Non aveva idea di ciò che sarebbe accaduto adesso, ma sperava di essere informata il prima possibile sulle condizioni di Milena e ricevere di conseguenza indicazioni sul da farsi.
Nonostante tutto ciò che avrebbe desiderato fosse tornare a casa e resettare i pensieri, la ragazza si ritrovò ad attendere molto più di quanto avesse sperato. Sospirando controllò rapidamente lo schermo del telefono mentre era intenta a pulire gli scaffali della cucina; erano ormai le 9:30 e il suo turno avrebbe dovuto cessare mezz'ora prima, ma non poteva immaginare di lasciare Conrad da solo mentre sua nonna era ricoverata in ospedale con un sospetto trauma cranico.
Decise così di attendere ancora, mentre il ragazzo continuava a riposare indisturbato. Qualche minuto prima delle dieci, però, il suo cellulare iniziò a squillare.
-Pronto?-.
-Catherine, sono Roxi dell'agenzia. Mi hanno informato di ciò che è accaduto stanotte- recitò la voce femminile dall'altro capo della linea. -Sei ancora a casa dei Page?-.
La ragazza emise un rapido sospiro gettando aria calda fuori dal naso. -Sì, sono ancora qui- si limitò a dire. -Avete notizie?-.
-Al momento ancora no, ma la situazione è delicata e deve essere gestita subito. Ho bisogno di sapere se tu saresti disposta a ricoprire almeno temporaneamente dei turni più lunghi, la signora verrà di certo trattenuta per almeno due o tre giorni-.
Colta di sorpresa, Catherine restò in silenzio con il fiato sospeso per alcuni secondi. -Quanto più lunghi?- domandò, passandosi una mano sulla fronte.
-24 ore su 24, almeno per il momento. Ovviamente il tuo compenso sarà riproporzionato in base a questa variazione-.

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