ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 21

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-Conrad, ascoltami adesso- esclamò annaspando la ragazza, puntandogli addosso uno sguardo serioso. Era cosciente del fatto che avesse poco tempo a disposizione per spiegarsi, ma erano fin troppe le cose che avrebbe voluto dirgli. -Ti tirerò fuori da questa situazione, hai capito?- disse, quasi come se avesse voluto convincere anche se stessa.
Il ragazzo strinse le mandibole, pareva che avesse voluto dire qualcosa ma si fosse trattenuto dal farlo.
-Allerterò la polizia, i servizi sociali, chiunque possa venire a salvarti. Ma dovrai sforzarti di raccontare loro tutta la verità- continuò l'altra, afferrando un lembo della sua maglietta come a voler richiamare disperatamente tutta la sua attenzione. Voleva essere sicura che, nel momento in cui se ne fosse andata, lui non si sarebbe sentito abbandonato. -Ti prometto che andrà tutt...-.
-Ragazzina, allontanati-.
La voce severa dello zio rimbalzò sulle pareti spoglie della camera da letto, causandole un violento brivido; voltandosi indietro lo vide mentre a passo svelto attraversava la porta aperta, con il volto distorto in un'espressione rabbiosa che pareva voler mettere in risalto le sue pessime intenzioni. La rozza tuta che indossava era visibilmente bagnata del suo sudore, che allo stesso modo rendeva lucida la sua fronte stempiata. Era arrabbiato, terribilmente arrabbiato.
Con un balzo la ragazza indietreggiò, alzando le mani in segno di resa. -Non voglio causare altri problemi- affermò, tremando. -Se volete che me ne vada, io...-.
-Hai frugato tra la roba di mamma, non è vero?- la interruppe.
Nell'udire quella domanda la ragazza si impietrì: le venne automatico pensare a quella vecchia foto e allo stralcio di giornale che aveva trovato in salotto, ma come poteva saperlo, lui? Non aveva alcuna prova delle informazioni di cui lei era in possesso, non avrebbe mai potuto affermare con certezza che lei adesso sapeva quale fosse la storia della loro famiglia. Allo stesso modo però, lei non avrebbe potuto dimostrare il contrario.
-Che cosa hai scoperto?- continuò a incalzarla, richiudendo accuratamente la porta della stanza un modo da impedirle di scappare, qualora le fosse venuto in mente di provare a farlo. -Cosa sai della nostra famiglia?-.
Catherine lanciò uno sguardo preoccupato a Conrad, il quale stava faticosamente tentando di rotolarsi sul letto cone mani aggrappate alla sbarra, forse nel disperato tentativo di intervenire.
-Io... Non so niente- balbettò lei, sperando che dal tono della sua voce non fosse troppo palese che stesse mentendo. -Non so niente!- ripeté.
-Stronzate!- ghignò l'uomo, avvicinandosi minaccioso. -Non ti lascerò andare via così, non ti permetterò di rovinare tutto quanto!-. Con una sola grande falcata la raggiunse, afferrandola per i capelli con una sola mano mentre con l'altra la invitava a non gridare; a quel punto la guardò dritta in faccia, quasi come godesse nel vedere tutto il terrore impresso nei suoi occhi spalancati.
Lei iniziò a divincolarsi, tentando invano di liberarsi dalla presa ma realizzando fin troppo presto di non avere forza a sufficienza. Le sue mani possenti la bloccavano in una morsa mortale. -Lasciami, ma che fai!- gridò, puntando una mano sul suo petto per allontanarlo. -Sei pazzo!-.
-Tu non capisci, non puoi capire- ghignò l'aggressore, bloccandole un braccio con una facilità a dir poco disarmante, per impedirle di agitarsi tanto. -E non costringermi a farti del male, ti prego-.
Ma Catherine, ormai completamente nel panico, a quel punto probabilmente sarebbe stata disposta a farsi strappare l'intera chioma pur di sfuggire alla presa. Non avendo molte altre opzioni con uno scatto felino lo morse sulla spalla, stringendo la mandibola con tutte le forze che aveva in corpo affondando gli incisivi nella sua carne; lui cacciò un lamento di dolore, colto di sorpresa da quella reazione quasi animalesca. Sulla sua pelle adesso era impresso lo stampo della sua dentatura superiore, che creava un grottesco alone rosso a forma di mezzaluna.
-Maledetta troia!- gridò, per poi afferrarla per la nuca e scagliarla con violenza disumana contro alla parete, facendo impattare la sua fronte contro al muro. Catherine udì un tremendo colpo sordo all'interno del suo cranio e immediatamente dopo perse i sensi, crollando sul pavimento a peso morto; per qualche decina di secondi riuscì ancora a percepire i rumori che provenivano dall'ambiente attorno a sé, trasormarti in un caotico sottofondo di suoni indistinti.
Udì una risatina nervosa da parte dello zio, che iniziò a trascinarla per i piedi fino a posizionarla al centro della stanza. -Ti avevo avvertita, cazzo. Non dire che non l'avevo fatto- borbottava.
A causa del violento impatto la ragazza perse i sensi per molte decine di minuti, rimanendo a terra con la guancia sinistra premuta contro al pavimento e le braccia schiacciate sotto al peso del suo stesso busto; un rivolo di sangue scarlatto fuoriusciva dalle sue narici, segnalando che probabilmente nella caduta doveva essersi rotta il setto nasale. Visse quella terribile esperienza come una sorta di sogno lucido, in cui alternava uno stato di sonno profondo a uno di semicoscienza, durante il quale le era possibile captare alcuni suoni ovattati dall'ambiente attorno al suo corpo inerme.
Un dolore pulsante proveniva dalla sua testa, i suoi pensieri si facevano sempre più confusi.
Il pavimento generava a contatto con la sua pelle una sensazione di freddo che riuscì a farla restare cosciente ancora per un po'.
Udì i passi dello zio che si allontanavano lentamente, poi il tonfo della porta che veniva chiusa violentemente; oltre la parete bianca, il suono della sua voce mentre diceva qualcosa all'anziana madre giungeva ovattato, quasi surreale.
-Catherine..-.
La ragazza tentò invano di reagire, sforzandosi di muovere le braccia in modo da far leva sul pavimento e sollevare la testa, ma i suoi muscoli sembravano rifiutarsi di collaborare. Udì la voce di Corad che chiamava disperatamente il suo nome, ma fu incapace perfino di rispondergli.
-Catherine!-.
Nonostante tutti i suoi sforzi di reagire alla fine la ragazza si sentì venir trascinata via da un sonno paralizzante, che spense la sua mente in modo lento e progressivo fino a che non ebbe perso del tutto i sensi; adesso giaceva a terra, svenuta, sotto allo sguardo terrorizzato di quel ragazzo che nonostante la sua forza di volontà non aveva fisicamente la capacità di raggiungerla per verificare le sue condizioni.

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