Edmonton, Canada, estate 2027Non credevo che in Canada ci fossero le discoteche, i rave e così tanta gioia e voglia di vivere. I primi giorni mi sono lasciata abbindolare da quel falso freddo. Certo ti entra nelle ossa e ti distrugge, per non parlare della mia prima settimana passata a letto con la febbre, ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Mi adatto in fretta.
Non stavo mai a casa, volevo ricominciare e fare nuove amicizie, nuove esperienze.
Nel giro di cinque giorni mi feci un nome, una fama. "Giselle Monromeo non si stanca mai di bere Jack Daniels e non smette mai di ballare" per non parlare di come mi avevano dipinto. Ormai ero anche la sgualdrina della nostra cittadina.
Ognuno ha un metodo proprio di dimenticare il passato no? Il mio consisteva nel tenere occupata la mente e spegnere il cuore, avendo quante più relazioni possibile, lasciandomi anche usare.
La mia amica Louise mi capiva. Ci incontrammo ad un rave nei boschi a nord del paese. Aveva i capelli biondi lunghissimi, sembrava Rapunzel. Gli occhi nocciola e le lentiggini la rendevano una delle ragazze più belle e popolari. Snella, alta, ma con poco seno, dallo stile eccentrico. Eravamo diventate migliori amiche in pochissimo tempo.
Grazie a lei conobbi un gran quantitativo di persone, mi insegnò come scegliere le mie amicizie, di chi fidarmi. Mi aiuto con l'armadio: in tre giorni finì con l'aver bisogno di una cassettiera nuova, spaziosa, per mettere i nuovi vestiti che avevo comprato con Luise.Mi aveva aiutato a mettere in risalto le mie curve, le mie forme. Avevamo lo stesso stile, gli stessi gusti in fatto di musica e di ragazzi. Eravamo gemelle diverse e la gente ci paragonava ai Ringo.
Louise faceva parte di una band rock e mi presentò immediatamente il batterista: Taylor Finnegan. Lui è il tipo di ragazzo che ti dà tutto ciò che vuoi: soldi, gioielli e regali costosi. Era perfetto con quei suoi capelli scuri, gli addominali scolpiti che facevano girare la testa. Cosa potevo volere di meglio?
Non so neppure io come, ma nell'arco di dieci minuti dal nostro primo incontro, lui decise di iniziare a corteggiarmi. Non avevo esitato neanche un secondo e gli avevo detto di sì quando nel bel mezzo di una festa, dopo aver finito di suonare con la band, mi chiamò sul palco e mi chiese davanti a tutti i nostri coetanei di diventare la sua ragazza.
Passai l'estate a divertirmi, passando da un ragazzo ad un altro. L'unico da cui tornavo sempre era Taylor, nonostante mi usasse solo per il sesso.
Mi ricordava Cedric nei modi di fare. Taylor amava il thè al limone, il piccante, le sfide. Vinceva sempre e non gli si poteva dire di no.
Non era tutto nero, c'erano anche bei momenti. Mi dedicava spesso canzoni che la band scriveva e il mio cuore si riempiva di speranza e si dimenticava delle cose gravi.
Una differenza sostanziale stava nel modo in cui Taylor mi trattava. Era un tipo violento e più volte, anche quando litigavamo in pubblico, ho subito violenza da lui.
Mi aveva convinta che fossi io quella sbagliata e che nessuno mi avrebbe mai amato, non quanto lo faceva lui.
Sono stati i tre mesi più belli dell'anno quelli passati con lui, ma anche i più controversiali e traumatici.
Mi dispiacque sapere che un'alce lo aveva infilzato durante uno dei suoi concerti con la band.
~~Inevitabilmente, dopo la morte di Cedric, fui mandata in terapia. Mio padre mi prese la strizzacervelli più bigotta che potesse trovare; non ci sono mai andata d'accordo a San Diego quando facevamo le sedute in presenza, ma adesso che ci sentivamo solo via Skype il nostro rapporto era addirittura peggiorato. Perciò mio padre mi fece smettere di parlare con la psicologa.
Inoltre ridussero le dosi degli antidepressivi e dei sonniferi. Smisi di dormire serena e calma la notte.
I flashback di quel 20 aprile mi tormentavano. Ogni volta che mi si chiudevano gli occhi, l'unica cosa che vedevo era il volto del mio ragazzo, martoriato. Per riconoscere che era lui avevano dovuto fare il test del DNA, tanto era conciato male. Non lo riconobbi neanche io.
Sognavo il suo funerale: la bara chiusa, i volti degli ipocriti pieni di lacrime, le belle parole che gli dedicarono. In quella chiesa eravamo in pochi a conoscere davvero Cedric e nessuno di noi osò proferire parola sul defunto. Nemmeno io.
Mi tormentava il non avergli potuto dire addio come si meritava. Non una carezza, non un abbraccio. Non me lo fecero neanche vedere.
Con la psicologa Michaelson parlavano di questo. Di come Cedric abbia cambiato la mia vita, entrando a farne parte, in meglio e come poi, morendo, me l'aveva rovinata. Ero diventata un problema ambulante agli occhi di tutti, dai miei familiari agli sconosciuti. E i loro sguardi parlavano.
Mi hanno sempre detto che avevo una cattiva influenza su Cedric, quando invece con me lui si sfogava ed era sè stesso, una persona che conoscevamo in pochi.
Niente di tutto ciò accadde dopo la dipartita di Taylor.
Conobbi solo al funerale i suoi genitori. Lui non me li aveva mai voluti presentare, nonostante io avessi insistito più volte. Nella prima panca, con la famiglia, siedeva un ragazzo biondo, ma quando chiesi a Louise informazioni, nel bel mezzo del sermone, lei non mi seppe dire nulla.
<<Non ho mai visto l'albino in compagnia di Taylor, lui aveva una reputazione da mantenere, non avrebbe mai parlato con un ragazzo di rango così inferiore. Taylor voleva sfondare in tutti gli ambiti>> mi disse Louise tra un singhiozzo disperato e l'altro.
Non nego di aver pianto anche io quando seppi dell'incidente, ma non quanto i nostri concittadini si aspettavano. Ero la sua ragazza del resto, no?
Taylor amava il nero, ma non per i funerali. Questo i suoi genitori lo sapevano bene, infatti organizzarono questo evento come se fosse una festa: diedero un tema al funerale e, subito dopo la messa, invitarono tutti i partecipanti a casa loro per un brunch.
<<Louise, io non me la sento di partecipare. Non è usanza a casa mia organizzare una festa per il fottutissimo funerale del mio stesso figlio>> affermai con tono rabbioso
<<Mi sembra una mancanza di rispetto a Taylor. Dicono che è per onorare lui, il suo nome e la sua vita, ma cazzo sono più lontani dalla verità che mai. - iniziai ad alzare sempre di più il tono di voce, incazzata più che altro con i genitori del mio ex, piuttosto che con Louise - Taylor non avrebbe mai voluto che noi andassimo avanti, che bevessimo del vino in suo onore o che ci vestissimo a festa. Era un narcisista, egocentrico e pure self-absorbed! Avrebbe preferito un cazzo di funerale vichingo piuttosto che questa merdata!>> Appena terminai il mio discorso, sentì dei borbottii, alcuni più vicini di altri.
Riconobbi la voce di mio padre però.
<< Giselle è meglio se ti dai una calmata. Sappiamo che stai soffrendo, ma non mi sembra il caso di insultare la famiglia di Taylor. Non mi sembra di averti cresciuto così, vai a scusarti immediatamente con i genitori del tuo ragazzo >>. Era incazzato nero, non l'avevo mai sentito parlare così. Non mi sgridava mai, era la mamma quella che mi rimproverava così aspramente. Rimasi senza parole.Non mi scusai e pur di non essere costretta a farlo, presi la mia borsa dalla panca, agguantai le chiavi dell'auto di mio padre e scappai via da quella chiesa fin troppo angusta.
Appena salì in auto, pronta, con le chiavi inserite e il freno a mano tra le dita, lo sportello del sedile passeggero si spalancò.
<<Ciao>> disse il ragazzo richiundendo la portiera per poi allacciarsi la cintura. << Allora? Quando si parte?>>
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Neve rosso sangue
Mystery / ThrillerLa neve non era ancora caduta per le strade di Edmonton quando Giselle arrivò in città da suo padre. Liam era attratto da lei, ma la ragazza aveva occhi solo per Taylor. Con una relazione disastrosa alle spalle e una seconda tragedia, Giselle si rit...