Parte 1°-Inizio e fine di un'amicizia

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Siamo in una fattoria in un villaggio sconosciuto; nel mezzo di uno sterminato campo di grano, ci si manifesta un essere come privo di vita, ma al contempo pieno di essa; il suo nome era Jacques lo Spaventapasseri.

La sua sola esistenza quasi senza scopo, causava in lui un dolore ed una sofferenza oltre l'inaudibile. Non aveva amici e l'afflizione lo pervadeva, dalla sua testa di zucca alle sue gambe e piedi di legno vecchio; un giorno come gli altri, decise di levare il suo sguardo verso il cielo, vide così uno stormo di corvi intento a rubacchiare per poi magiare il grano del campo, a cui il nostro caro Jacques faceva la guardia.

Invece di assolvere il suo compito, invece di allontanare gli eventuali ladruncoli dalle nere ali, Jacques cercò di stringere amicizia con loro, tentando di avvicinarli con tutta la sua forza d'animo. Ciononostante, i corvi lo ignoravano con la nonchalance con cui un politicante ignora i bisogni dei cittadini.

I giorni si susseguirono, niente e nessuno, nemmeno le mosche, si fermava dal povero Jacques, il quale si rattristava sempre di più, come piombando in una cupa e profonda disperazione. Ma in un giorno quasi d'autunno, un corvo cadde dal cielo fino ai piedi del nostro caro spaventapasseri; così Jacques si chinò e lo raccolse nelle sue mani. I suoi occhi vuoti si illuminarono di soprassalto, come se in quel piccolo essere alato, essi vedessero una possibile seconda possibilità o una speranza di liberare il legnoso essere dalle catene della sua asfissiante esistenza.

Ma quando Jacques girò il corvo per vedere come stesse, si accorse che lui era completamente cieco, riusciva a malapena a muoversi. In quel momento, lo spaventapasseri, raccolse tutta la speranza sorta dentro di lui e si mise d'impegno per curarlo in ogni modo possibile. Fino a quando, il corvo si mosse e chiese:

"Chi sei? Perché mi stai aiutando?"

Jacques rispose:
"Sono solo un amico, non preoccuparti piccolo volatile, ti curerò donerò la mia anima se necessario. Tanto per curiosità piccolo amico, qual è il tuo nome? Io sono Jacques". Ed il corvo rispose:
"Mi chiamo Raven, Raven il corvo".

I due fecero le dovute presentazioni; continuarono a dialogare quasi ininterrottamente per tre settimane mentre Jacques guariva il suo cieco amico. Le tre settimane divennero tre mesi, e dopo che questi ultimi terminarono, Raven guarì, gli ritornò la vista, e quando ciò avvenne, riuscì a vedere il volto di chi si era preso cura di lui. Il cuore paglierino di Jacques s'incendiò di gioia, la sua anima s'irradiò di luce e sulla sua faccia da zucca spuntò un gargantuesco sorriso; il corvo inizialmente si spaventò quasi a morte, quasi scappò. Poi, dopo aver rimuginato un po' su, si voltò, tornò dal suo guaritore e lo avvolse tra le sue ali, abbracciandolo come se lo stesse facendo con un amico d'infanzia, Jacques ricambiò con gaio facendosi quasi scendere una lacrima sul volto.

Così facendo, i due, dopo aver passato un altro po' di tempo assieme ed aver sgranocchiato qualche pannocchia, si salutarono andando ognuno per la propria strada, promettendo di rivedersi il prima possibile; senza sapere che il fato avrebbe avuto in serbo una brutta sorpresa. Qualche giorno dopo la partenza di Raven, Jacques, con tutte le sue forze, decise che era ora di levarsi dal luogo in cui era solito stare, che era ora di scrollarsi di dosso quell'odiosa monotonia e lo sconforto di cui fu vittima durante tutta la sua vita; cercò quindi di andare a trovare il suo creatore, il contadino che lo aveva fabbricato.

Jacques, la sera stessa, disse tra sé e sé:

"Ora so come stringere un'amicizia, voglio conoscere voglio vedere chi mi ha creato, abbracciarlo e ringraziarlo per avermi reso quello che sono, non vedo l'ora"!

Era così felice, il nostro amico di paglia, così raggiante da rendere il sole un puntino insignificante, possedeva la spensieratezza di un bambino e non riusciva a credere di star per incontrare, per guardare il suo creatore dritto negli occhi, per rimirare lo sguardo di colui che gli aveva donato l'esistenza. Successivamente, il nostro spaventapasseri si avvicinò alla capanna ed aprì delicatamente la sua porta, la quale emise un debole scricchiolio, quasi sordo; fu alora che Jacques decise di avvicinarsi un po' di più al suo costruttore, il quale era ancora coperto dal candore delle sue lenzuola di lana appena stirate e giaceva ancora nelle braccia del divino Morfeo.

Proprio in quel preciso istante, non appena Jacques fece per toccare il volto del contadino, quest'ultimo di svegliò di soprassalto e, vedendo questo volto che gli sembrava mostruoso e demoniaco, l'uomo si spaventò quasi a morte cercando di colpire Jacques con l'attizzatoio vicino al comodino.

Terrorizzato dalla reazione del contadino, il nostro atterrito spaventapasseri cercò di scappare il più lontanamente possibile, ma ormai tutto il villaggio si rese conto della sua presenza, visto l'ovvio trambusto e, in preda ad una furia cieca ed un panico invisibile, ogni abitante lo inseguì lungo tutta la pianura ed i campi. Ad un tratto, Jacques vide un grosso mulino dove decise di rifugiarsi con l'intento di sfuggire alla folla inferocita; ma la crudeltà degli abitanti non volle ancora terminare. Essi presero delle torce infuocate, si diressero poi verso il mulino con furia taurina e vuoto nell'anima e, dopo aver bandito le loro armi, i campagnoli le lanciarono contro il mulino, facendole cadere al suo interno. In seguito, il rifugio dove si trovava Jacques s'inondò di fiamme rosse come l'inferno più profondo, come il mantello di un eroe sanguinario.

Il nostro spaventapasseri cercò di fuggire, ma invano, era ormai troppo tardi; il mulino si era tramutato in una prigione rovente e cauterizzante.

Raven, che era ormai di ritorno per vedersi con il suo amico, vedendo un bagliore vermiglio in lontananza, pensò al peggio; sbatteé le ali più velocemente di un uragano mentre diceva:                "Resisti amico mio; sto arrivando".

La Vendetta del CorvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora