Capitolo 5- Fine di un incubo

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Trascorsero ormai decenni, dall'infausto giorno in cui il pennuto cavaliere dagli occhi di brace ridusse all'oscurità ed all'angoscia la prima sorridente e pura cittadina.                                                       Tutto era avvolto in una nebbia fitta e densa, tutto appariva cupo e desolato, una città fantasma, se così la volessimo definire; il solo essere ad aggirarsi al di fuori delle abitazioni era Raven, il quale vagava per il suo "regno" senza alcuna meta, come fosse un'anima in pena. Sempre con le sue eterne compagne armi al suo fianco, lo stocco e la pistola. Ma, anch'esse non possedevano ormai più scopo alcuno, giacevano lì nei loro foderi, lì nei loro posticini all'asciutto.

Raven vagava e vagava, senza quasi mai fermarsi; ormai ridotto ad un vagabondo dall'anima martoriata, senza fissa dimora e senza più un obiettivo, fischiettava un ricordo di ciò che prima era una canzone che cantava assieme a Jacques.


Ad un certo punto, il corvo spiccò il volo come alla ricerca di qualcosa. Ad un certo punto, mentre effettuava una delle sue planate, Raven udì, in un vicoletto nascosto, delle risate sommesse, come piccoli scoiattoli alla ricerca di ghiande; allora rivolse lì il suo sguardo e si precipitò a vedere. Notò allora due piccole sagome muoversi allegramente mentre giocavano in allegria; il nostro amico corvo, incuriosito, decise di avvicinarsi pian piano per capire meglio di chi o di cosa si trattasse, così fece.

Le due sagome ridacchianti erano due bambini, fratelli, coi loro preziosi ed inseparabili giocattoli, felici come nel giorno di Natale. Dimostravano una gaiezza ormai quasi effimera ma, al contempo, ai suoi occhi quasi paradisiaca, addirittura dolce, come una carezza.

Ciononostante, Raven decise comunque di assorbire le loro anime, facendo così piombare i poveri pargoli in un oblio infinito e senza ritorno; stranamente, però, non provò la solita sensazione. Questa azione, un tempo infondente soddisfazione e quasi sollievo, ora non gli provocava altro che dolore e rimorso; sentì una morsa d'acciaio in fondo al cuore; lo stritolava fortemente come l'abbraccio di una madre violenta. La stessa dea Nemesi, colei che aveva conferito i poteri a Raven e lo aveva reso l'orrore alato qual era, si rese conto che il suo cavaliere fosse andato ben oltre la linea della stessa vendetta.

Raven, sentendosi ormai abbattuto e privo d'ogni scopo, si rivolse alla sua dea dicendole:             

"Nemesi, oh Nemesi, mia dea, incarnazione vendicatrice, io ti invoco per parlarti". E lei rispose:

"Oh mio oscuro cavaliere piumato, non c'è bisogno che tu aggiunga altro, ho già visto tutto." Ma Raven volle comunque parlare, insistette ed insistette, fino a quando non disse:

"Lasciami parlare, ti prego. Dea Nemesi, mi pento amaramente delle mie azioni e specialmente dell'ultima, non penso di riuscire mai a conviverci. Volevo solamente liberare il mondo dalla feccia dell'ingiustizia e vendicare la morte del mio amico Jacques, il mio caro amico, il mio salvatore." Tutto ciò con lacrime al volto.

Nemesi, fu molto sorpresa nel vedere il suo paladino della vendetta ridotto in quello stato; singhiozzante e lacrime come cascate. Pertanto si rivolse al consiglio delle divinità; la risposta non si fece aspettare.

Fu dunque deciso che, nonostante le atrocità ed altri atti commessi, il perdono venisse concesso a Raven. Vi era ancora del buono in fondo al suo cuore. Mano a mano che il tempo passava, il nostro amico piumato riuscì a redimersi. Colui che prima fu un essere dedito alla pura e cruda vendetta, si trasformò in un simbolo di speranza e giustizia.

I dintorni vennero purificati da oscurità e pestilenze, tornarono in vita anche i due bambini ed i villaggi all'inizio distrutti; la vita ebbe la meglio sulla morte. Da quel momento in poi, il nostro cavaliere decise di cambiare per sempre, a partire dal suo stesso nome; fu consociuto col nome di Corvus il giustiziere. 

Le sue armi vennero appese al chiodo, le sue piume divennero argentee e gli fu addirittura dedicata una statua al centro della piazza. Mentre per quanto riguarda Jacques, beh... 

Diciamo solamente che Corvus avrebbe avuto presto sue notizie. Infatti, se lo ritrovò davanti alla porta di casa sua; i due si lasciarono andare ad un lungo ed emotivo abbraccio. Corvus e Jacques furono finalmente riuniti, come due metà della stessa moneta.

Così si concludono le bizzarre avventure del nostro caro corvo, almeno per il momento. Chi lo sa! Forse, un giorno, sentiremo ancor parlare del nobile cavaliere, che le tenebre decise dal suo cuore cacciare.


                                                                                           FINE

Grazie a tutti per essere stati presenti durante questo misterioso, seppur non tanto ungo viaggio.

Spero vi sia piaciuto il nostro racconto, perché non è solo lo scrittore il cuore pulsante di un racconto, lo siete anche voi, miei cari corvi. Ditemi, ovviamente, se c'è qualcosa che avreste voluto venisse esplorata ulteriormente o migliorata; i commenti ed i riscontri sono sempre ben accetti.

El Cuervo vi accoglierà sempre nello stormo, le sue ali saranno sempre con voi ad abbracciarvi.

Un saluto a tutti.

RaoulElCuervo.

La Vendetta del CorvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora