Tu sei uno di loro

67 2 0
                                    

Un giorno qualsiasi, una stazione dei treni. La mia stazione dei treni. Ed io come al solito sono qui infreddolita ad aspettare.

Non lontano da me c'è un uomo: se ne sta tutto per conto suo, ma continua a guardarsi attorno. E fin qui, nulla di nuovo. Noto però che gli altri viaggiatori sono come in allarme e, chi più chi meno, tutti guardano verso di lui.

Di fatto quest'uomo è lì, con le mani che gli vibrano nelle tasche, mentre si mastica i filamenti dalle mucose della bocca. Ha tutto un grugno, sembra teso. Poi, come di colpo comincia a camminare, su e giù, con un passo disciplinato, preciso, evitando di pestare le fughe tra le mattonelle. Credo che gli altri trovino in quest'uomo un atteggiamento alquanto strano. Per me, invece, sta semplicemente cercando di ingannare l'attesa. Ad ogni modo cammina e dà spesso una controllatina ai binari: dopotutto, ciò che attende è un mezzo di trasporto e tra i binari scorge la sua direzione. Anche qui, nulla di nuovo.

Io però ho questo 'problema' che sono (diciamo) curiosa, quindi ci penso e... no, tutta questa attenzione per quest'uomo non mi è molto chiara. Cosa mi sono persa? Un sospetto ce l'avrei, ma voglio dargli una chance. Omino estremamente timido? Probabile. Effettivamente si muove come se fosse lui la causa di ogni reazione nel mondo, il re degli impacciati, come se tutto si riflettesse nel suo cranio sotto forma di spettri. Forse è lì che quest'omino si è perso: tra le fantasmagorie della sua testa, intontito da ombre e luci.

Continuo a guardarlo mentre stira le braccia, serra i pugni, si ferma un istante e poi, come un pendolo, su e giù, riprende sempre a camminare. Nulla di nuovo, mi ripeto. Finché non incrocio il suo sguardo.

Ha pupille nere, profonde, tremolanti, il suo volto ha un incarnato pallido, gli occhi incavati nel grigio. Mi sta fissando. Dopo una prima esitazione, decido di sostenere il contatto visivo. Comincia quasi come un gioco - un gioco molto antico - ma la mia parte nel gioco viene a mancare quando, proprio in quello sguardo, vedo emergere anche io qualcosa di strano, di non conforme: c'è qualcosa che sgorga, da lì, come un flusso inarrestabile; è un flusso che quest'uomo non sa più come trattenere, e più gli scorre fuori dagli occhi, più se ne dispera. "Ecco qua!" penso io, "Ecco perché lo fissano tutti!".

Dài, diciamocelo, era questo il mio sospetto: ne ho visti altri come lui, e mica pochi, a centinaia. E poi chissà, forse anche io, senza nemmeno accorgermene, mi sarò sbudellata davanti a tutti, così, dagli occhi. Oh, se non mi vergognassi tanto a dirlo... Sarà stato un giorno qualsiasi, mi sarò persa nella mia testolina affollata, e qualcuno avrà visto nei miei occhi quello che chiamano Lo sguardo dei pazzi.

Penso a questo, quando ormai me lo ritrovo davanti: ha schiuso le labbra, sta per chiedermi qualcosa. Beh, lo sguardo è quello, non c'è dubbio. Dicono che questa loro malattia abbia a che fare col tempo. Eppure, ora che mi è così vicino, lo guardo e lo trovo molto credibile e... particolarmente intrigante. Spero non lo noti nessuno: temo di avere un debole per i pazzi.

Ehm, mi scusi, saprebbe dirmi l'ora?

Eh eh! Caro, non so chi sia Lei, ma...
posso... [provo a mangiarmi le parole]

Come, scusi?

Ma sì, senta,
io prendo il treno per Dilà,
Lei dove si dirige?

Io... Io mi dirigo Altrove, signorina.
Le volevo solo chiedere l'ora...

Appunto! - irresistibile. Senta,
anzi, senti, posso darti del tu, vero?


Sì, nessun problema. Ma davvero,
non voglio sembri una scusa per approcciare:
mi saprebbe dire l'ora?
Ho perso il mio orologio.


E a che ora l'hai perso? - chiedo, ridendo.


Ma che domanda è? Non lo so. L'ho perso e basta.

Mh - effettivamente...

DispettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora