La mia mente emerge lentamente dal sonno. Mi sento come un naufrago che si aggrappa ad una zattera alla deriva. Alcune immagini si materializzano sfocate, come se avessi gli occhi velati da una nebbia sottile. Ho tutti i muscoli che gridano di dolore e la testa mi gira e pulsa come se stesse ospitando una festa senza il mio permesso. Riesco a malapena a mettermi seduta. Il piumone che mi copre le gambe è morbido e ricoperto da lenzuola di seta bianche liscissime. Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, cercando di riprendermi. Che mi sta succedendo ?
Inspiro lentamente, inalando un forte profumo di amaretto.
Dio, odio le mandorle… Mi ricordano quella prigione dorata dove ogni giorno era un'eco del precedente. Quell'odore era ovunque, nel bucato, nelle stanze, su di lei. Ne indossava così tanto che anche a metri di distanza riusciva a darti alla testa. Un lampo di panico mi fa saltare un battito per il timore di esse davvero lì. Apro gli occhi, ancora leggermente appannati, e cerco di mettere a fuoco l'ambiente circostante, ma non vedo niente di minimamente familiare. Non sono nemmeno a casa mia. Perché ora ho ventun anni, non più sedici. Vivo da sola e faccio due lavori per mantenermi. In pasticceria con Clara e al pub con Bryce. Il pub… Come pezzi di un puzzle che si incastrano, i ricordi iniziano a riaffiorare. Il ragazzo maleducato con un ghigno inquietante, la corrente che salta, la figura che si muove nell'ombra. Aggrotto le sopracciglia, confusa. Chi era? Non ricordo il suo viso, era troppo buio. Perché non ho riattivato la corrente? Ero scesa apposta per farlo. Non ricordo. Ma lui era troppo vicino e io non sono riuscita a fare nulla. Una stretta invisibile mi comprime il petto. Il respiro è affannato, a tratti come se non respirassi affatto. Le pareti della stanza sembrano chiudersi su di me. Sono sempre più vicine. Tiro il colletto del maglione in cerca di più ossigeno. Le braccia mi pensano come se per loro la forza di gravità fosse doppia. Gli occhi pizzicano, minacciando di far scorrere lacrime salate. Devo calmarmi. Appoggio le mani aperte sul grembo, i palmi rivolti verso l'alto, e mi concentro sulle dita. Soffio delicatamente su ciascuna, come se fossero candeline da spegnere. La mia mente conta, e il respiro segue il ritmo. Sette, otto, nove. Abbasso le ultime dita e la vista sembra farsi più nitida. Inspiro profondamente e poi, dieci. Il battito è tornato regolare. La luna fuori dalla finestra rischiara appena la stanza semplice e ordinata.
Deglutisco, portandomi una mano al viso. Il caldo mi avvolge, sento di bruciare. Mi strofino gli occhi lucidi e cerco di riprendermi.
È solo un sogno, continua a ripetermi la speranza. Ma la sensazione che provo è troppo reale per essere solo frutto della mia testa. Se così fosse, sarebbe da Oscar.
Fisso la porta chiusa. Sa che sono sveglia? Ma chi dovrebbe saperlo? Chi mi ha portata qui? Mi agito di nuovo. La cassa toracica sta per esplodere per i troppi colpi che le dà il cuore, ma se non la smette di fare rumore mi sentirà! Barcollo come uno zombie verso la finestra e gli occhi mi si riempiono di piccoli puntini luminosi. Mi aggrappo a qualcosa poco prima di cadere e gradualmente le scintille svaniscono. Per un attimo mi è mancata la terra sotto ai piedi. Che sbadata! Mi scappa una risata isterica, ma copro subito la bocca cercando di soffocare il lieve suono. Lacrime calde mi bagnano la mano gelida e non posso fare a meno di chiedermi per quale motivo mi stia succedendo una cosa del genere. Perché sta accadendo davvero, giusto? Scalza, sul pavimento di pietra ghiacciato, rabbrividisco e tremo sempre più forte ad ogni folata di vento rigido. Le illuminazioni a disco incastonate a terra, mi permettono di vedere qualcosa, anche se sono un po' troppo intense e mi accecano. La siepe, perfettamente tagliata e parallela al muro su cui sono appoggiata, sembra non avere né un inizio né una fine. Cosa dovrei fare? Ma non c'è bisogno che mi risponda, perché, come quando le luci in teatro si abbassano, silenziando il mormorio del pubblico, dei lunghi e bassi brontolii interrompono il miei pensieri frammentati. Il ringhio sembra provenire da destra e, quando si fa più forte e più vicino, senza pensarci due volte, inizio a correre nella direzione opposta. Dopo poche falcate, una serie di fitte lancinanti mi colpisce la caviglia. Gemo in preda al dolore. Il fiato mi si spezza e di nuovo, mi manca l'aria. Un senso di urgenza mi invade e il cuore batte fino alla gola. Ringhia e abbaia così forte da non farmi sentire più neanche il rumore dei miei passi. Sbuco in un grande cortile circolare con una fontana al centro. In lontananza, intravedo un imponente cancello di ferro, largo abbastanza da lasciar passare una nave. Devo scappare. Devo lasciare questo posto. Ma non ci riesco, sono troppo lenta! Tutto si muove troppo velocemente. Sbatto le palpebre e ogni volta che le riapro, il buio si fa più denso. Sono esausta e, non notando il gradino che divide il mattonato dal prato, ci inciampo. Cado a terra, come un sacco di patate. La guancia premuta sul terreno umido. Le vertigini mi assalgono al punto che, a tratti, mi sembra di essere in piedi. Inspiro ed espiro senza sosta, in preda alla frenesia. L'odore acre del prato appena tagliato mi invade le narici. Mi concentro ad osservare i fili d'erba, sperando di calmarmi. Il verde scuro ai margini mi fa pensare al muschio che cresce sulle rocce di una foresta ombrosa, così profondo da rasentare il nero. Al centro, invece, il verde si illumina, vibrante come le foglie giovani in primavera. Sottili venature di colore si snodano sulla superficie, come pennellate di un pittore invisibile che ha dipinto ogni dettaglio con una cura infinita. Striature di un verde pallido, quasi giallo, si alternano a tonalità più intense, simili al blu. Ammiro rapita questo mare in tempesta. I fili d'erba danzano incessantemente, sferzati da impetuose raffiche di vento che li fanno ondeggiare senza controllo. La luna, unica testimone di questo spettacolo, riversa su di loro la sua luce argentea, facendoli brillare vivaci come smeraldi di rara pregiatura. Concedendogli il grande privilegio di arricchire la notte con una bellezza che oscura persino la sua.
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Allora ho modificato il capitolo, adesso lo preferisco. Ovviamente non ci sono cambiamenti sulle dinamiche o sui fatti, solo nelle parole/frasi.
Sto scrivendo il quinto. Al più presto lo pubblico.
Alla fine questo è venuto molto lungo ! Il prossimo non lo sarà altrettanto, credo.Preferite capitoli più lunghi come questo o leggermente più corti ?
Buon inizio settimata ! ♡
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ZETA
RomanceSono due elementi opposti che insieme formano l'equilibrio. Come luce e buio, bianco e nero, caldo e freddo, anche immaginazione e realtà sono nati per coesistere. Perché quando la razionalità non è in grado di darci ciò che vogliamo, sognare è l'un...