14. ORTUS

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Li destò il rumore improvviso della porta, seguito dal suono di passi decisi. Galanár sollevò il capo di scatto, guardandosi intorno con una punta di smarrimento. Si accorse di essersi addormentato sulla grande sedia, con il capo reclinato sull'ampia spalliera. Il viso di Silanna poggiava sulle sue gambe. Anche lei aveva socchiuso gli occhi e si stava muovendo piano. Le loro dita si sciolsero dalla stretta. Il principe fissò i quattro armigeri che gli si erano parati dinnanzi. La loro vista non lo sorprese.

"Vogliate seguirci, generale".

Avevano usato il suo grado militare, non il suo titolo nobiliare. Per lui si trattava solo di una conferma: quella non era una richiesta, ma un ordine.

Scostò con dolcezza il corpo di Silanna, si alzò e si ravviò i capelli passandoci le dita. L'elfa, che si era svegliata e aveva seguito la scena aggrappata alle sue ginocchia, continuò a guardarlo dal basso. Non aveva la forza di muoversi e non riusciva a respirare. Rimase accucciata ai piedi della sedia, ghermendo il legno con le unghie. Alle spalle dei soldati intravide una sagoma amica e per un attimo si lasciò attraversare da una flebile speranza, subito spezzata dal suono metallico dei ceppi sollevati da una delle guardie. Anche Galanár li fissò.

"È davvero necessario?", domandò con voce tirata. "Vi seguirò comunque".

"Ordine di re Anárion".

Senza battere ciglio, il principe si girò e mise le braccia dietro la schiena, permettendo loro di serrargli i polsi. Lanciò un ultimo sguardo a Silanna. Lei scattò in piedi, si strinse al suo braccio e iniziò a piangere.

"Non è la fine del mondo", la esortò, sforzandosi di sorriderle un'ultima volta. "Dammi un bacio, piuttosto".

Silanna lo sfiorò con le labbra salate di lacrime. L'istante dopo qualcuno la trattenne dalle spalle, la obbligò a lasciarlo, le impedì di corrergli dietro mentre veniva condotto fuori dalla stanza: le braccia di Mellodîn la serrarono in un singolare, doloroso abbraccio.

"Devo portarvi in salvo", le mormorò all'orecchio, cercando di trattenerla. "Non rendetemi questo compito più amaro di quanto non lo sia già".

Lei lo udì appena, mentre il pianto le offuscava la mente e la vista. Quando il principe e le guardie sparirono, si abbandonò. Smise di piangere e di combattere. Mellodîn allentò la stretta e Silanna si voltò piano. Si accorse, in un solo sguardo, che stavano condividendo lo stesso dolore. Non aveva alcun motivo di affliggerlo.

"Vi seguirò", rispose. "Ma voglio stare qui, voglio stargli vicina fino all'ultimo istante in cui mi sarà possibile farlo. Dopo che... dopo vi obbedirò in tutto, lo giuro".

Aidan non era riuscito a chiudere occhio

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Aidan non era riuscito a chiudere occhio. E come avrebbe mai potuto? Troppe domande gli affollavano la mente.

Non riusciva a capire come Menelok si fosse liberato. Era stato Edhel a farlo? O era stato l'uccello a fuggire? Immaginò che, se la fortezza era caduta, come tutto lasciava supporre, i Nani ne avessero saccheggiato l'interno. Forse la gabbia era stata rotta e il falco era riuscito a scappare. Quell'ipotesi gli si ripresentava in testa come lo scenario più plausibile, se non fosse stato per un dettaglio che trovava incomprensibile: se così era, che fine aveva fatto Edhel?

L'alfiere della luce (Arthalion's Chronicles #2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora