Ch.1

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YOONGI POV

8 anni prima.

03 Novembre

«Guardami. Su, guardami. Resta sveglia. »

Avevo ripetuto quelle ultime due parole almeno una decina di volte, mentre tenevo fra le mani il viso di quella ragazza.

Ci avevano mandati ad uccidere un'uomo, un certo Han.
Lei era già li, stesa a terra in una pozza di sangue.
L'avevamo trovata in quelle condizioni.
Aveva ferite da arma da fuoco sul petto, lo stomaco ed entrambe le gambe.
Namjoon mi aveva chiesto di controllare se fosse viva mentre gli altri si occupavano di finire il lavoro.
Aveva molta fiducia nelle mie capacità quando si trattava di salvare la vita a qualcuno.
D'altronde l'avevo fatto con lui già un paio di volte.

Stava perdendo moltissimo sangue, sentivo le gambe impregnarsi dello stesso liquido scarlatto mentre stavo inginocchiato accanto a lei.
Nonostante i miei solleciti lei non rispondeva.
I suoi occhi erano aperti, ma vuoti.
Mi guardava, ma non era cosciente e nonostante tutto stringeva ancora fra le mani la sua pistola.

Cercai di mettere pressione sulle ferite, ma dovevo portarla via da lì per aiutarla.
Le sue labbra piene erano ormai pallide, e la sua pelle gelata.
Se non mi fossi sbrigato non ce l'avrebbe fatta.
Ma non sarebbe stato facile salvarle la vita date le sue condizioni.









07  Dicembre

Stavo comodamente seduto sul letto mentre osservavo la ragazza di fronte a me spogliarsi dell'enorme t-shirt che le avevo prestato.
Osservai la sua silhouette muoversi lentamente in contrasto con la luce che veniva dalla finestra di fronte.
La sua pelle dorata era ricoperta di cicatrici e tatuaggi.
Tatuaggi della Yakuza, li conoscevo bene.
Istintivamente allungai una mano, posando le dita su una delle cicatrici che aveva sulla schiena, percorrendola lentamente con i polpastrelli.
Aveva una pelle bellissima, ogni centimetro poteva raccontare perfettamente la sua storia.

Dopo quattro settimane passate a prendermi cura di lei si era finalmente aperta con me.
E io lo avevo fatto con lei.
Si chiamava A-ri, ed era giapponese.
Mi aveva raccontato di suo padre.
Un'uomo violento, un bastardo, che picchiava sia lei che sua madre.
Mi aveva raccontato di come una sera, da ubriaco, aveva ucciso la madre colpendola fino alla morte.
E che lei a soli tredici anni perse il controllo, pugnalandolo dodici volte.
Il suo viso non aveva fatto trapelare emozioni mentre raccontava quella storia, eppure aveva sofferto moltissimo.
Data la sua tenera età, per l'omicidio di suo padre la rinchiusero in un'ospedale psichiatrico, dal quale dopo solo due anni scappó, cercando la sua strada a Tokyo e diventando la killer che era adesso.

Eppure ancora mi straniva.
Come una ragazza così bella e cosí  giovane, facesse cose così orribili.
Ma la trovavo così simile a me.
Aveva imparato a capirmi solo guardandomi.
Avevamo passato ogni giorno di quel mese a parlare, della sua vita, della mia.
Non mi aveva detto tutto, però, girava attorno a molte domande che le ponevo.
Ma lo facevo anche io, con lei.
Si era aperta un po', sì, ma manteneva comunque le distanze da me.

«Che stai facendo?»

Mi chiese, lanciandomi uno sguardo serio, mentre copriva il suo seno con le mani.
Ritrassi la mano, come se fossi appena uscito da uno stato di trance.
Come se mi avesse appena colto in flagrante a rubarle un pezzo di se stessa.
Scossi la testa, rivolgendole un lieve sorriso.

«Nulla. Scusami.»

Si voltò, lasciandomi la visuale libera sul suo corpo seminudo.
Deglutii riportando immediatamente lo sguardo sul suo viso che mi stava già scrutando, anche se fu difficile.
Era da molto tempo che non andavo a letto con una donna.
E lei era praticamente nuda di fronte a me. Di fronte al mio letto.

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