Il Vicolo - Terza Parte

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Una bestia infernale. Ombre oscure. Maligne presenze. La sua immaginazione aveva creato un esercito di paralizzanti presenze in fondo a quel vicolo.
Svoltato l'angolo, fradicio di pioggia e adrenalina, dovette ridimensionare la cornice della sua immaginazione. Un vicolo cieco e, di fronte a lui, tre scalini e una porta.
Tutto qui.
Avrebbe voluto piangere, urlare.
Quel maledetto terrore era ancora lì, nel ticchettare insistente della pioggia, nei riflessi ingannevoli dei lampioni del corso.
Qualcosa sussurrava dietro quella porta. Solo dopo un'altra mezza dozzina di passi si rese conto che i contorni di quella porta erano delineati da un flebile bagliore bianco e azzurro.
Coprì la distanza che lo separava dal pomello.
Il primo scalino.
E se fosse stato tutto un errore? Un inganno? Non poteva semplicemente far finta di nulla e rinunciare?
Il secondo scalino.
Si rese conto di essere rimasto da solo. Esisteva solo lui. Lui, il vicolo e quella porta. Dove tutti vedevano un muro, un dannatissimo muro.
L'ultimo passo, sul terzo e ultimo scalino, vibrò nelle sue ossa, spegnendo il suono della pioggia e dei suoi pensieri.
Ormai non rimanevano scelte.
Quando la mano ruotò il pomello, tutto fu invaso dalla luce.
Bianca, penetrante, intensa.
Chiudere gli occhi non servì a nulla.
Sentiva solo il suo respiro tormentato.
Quell'universo di luce cominciò a delinearsi in linee e piani.
Un tavolo, un muro, un letto, delle coperte. Il grattacielo della periferia Nord fuori da una finestra, profumo di medicinali.
Tre uomini con il camicie lo osservavano, lo chiamavano. Le voci.
Dissero che aveva avuto un incidente, ma a lui non suonava nessun campanello. Una vecchia l'aveva travolto con l'auto mentre andava a lavoro con la sua bici.
Trauma cranico. Era rimasto privo di coscienza per tre giorni, dissero.
Ad Andrea era sembrato di più.
Erano sembrati mesi.
Venne dimesso e ritornò alla sua vita.
Solita casa. Solito lavoro. Famiglia e amici. I mesi ricominciarono a scorrere piatti e senza sapore, di tutto il terrore provato non era rimasto che un piacevole senso di dimenticanza.
Niente bicicletta.
Gabriele, suo collega e amico, era stato con lui tutto il tempo. Anche le vecchie abitudini erano tornate. Caffè in piazza, la birra al pub irlandese, aperitivo al bar centrale di mercoledì. In uno dei soliti bar del centro storico.
Era un mercoledì, pioveva, oltre i portici del corso.
Un brivido giunse alle spalle di Andrea, gelido e leggero, come un sussurro.
"Che fai?" Chiese Gabriele divertito.
"Fissi il muro?"

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