Capitolo 1

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Jace Herondale aveva 10 anni quando la vide per la prima volta: chioma rossa, occhi verdi, bassa ma bellissima...

Erano entrambi al parco dietro l'istituto di New York.
I suoi genitori gli avevano sempre raccontato che era il più grande del mondo, ma lui non ci aveva mai creduto, come non aveva mai creduto a Babbo Natale o ad altre storie che gli raccontavano quando era piccolo.

Stephen e Celine, i genitori di Jace, stavano parlando felicemente tra di loro. Discutevano di argomenti riguardanti il loro lavoro e il bambino si sforzava di capire, provava a inserirsi nel discorso, invano.
Stanco approfittó della loro distrazione per andare a parlare con la bambina dai ricci capelli rossi.

Mentre si avvicinava si sentí chiamare e si fermó: Alec Lightwood e sua sorella, Isabelle lo stavano salutando sorridendogli.

Alec era come un fratello per Jace, erano nati lo stesso giorno, e da quel momento erano diventati subito amici e non si erano mai separati.
Non c'erano litigi, distanze o persone che li potessero separare.

Ma in quel momento Jace voleva soltanto conoscere quella bambina dalla folta chioma riccioluta, quindi si liberó dalla presa dell'amico e andó da lei.

Si presentó come aveva visto fare a suo padre durante i suoi lunghi e noiosi ricevimenti: si inchinó e disse il suo nome.
"Ciao, io sono Jace piacere di conoscerti..."
"Io sono Clarissa,ma se vuoi puoi chiamarmi Clary, lo fanno tutti".
"Ok, Clary, ti va di giocare con me?" "Certo, stavo iniziando ad annoiarmi qui da sola".

Mentre i due bambini giocavano, una donna non molto alta e con gli stessi
capelli di un rosso acceso della bambina si avvicinó a Celine e a Stephen, accompagnata da un uomo alto e con i capelli biondi chiari, quasi bianchi.
"Salve, sono Jocelyn Fairchild, la madre di Clarissa e lui è Valentine Morgenstern, il padre."

A Celine sembravano famliari quei capelli rossi ma al momento la sua attenzione era rivolta al figlio, che sembrava molto interessato alla piccola Morgenstern. Se avesse avuto una macchina fotografica avrebbe scattato moltissime fotografie, che poi avrebbe appeso in camera del bambino o avrebbe inserito nell'album fotografico che nascondeva sotto il letto a insaputa di tutti.

Arrivò la sera, fresca e silenziosa, e con lei il momento di salutarsi per tutti.

Prima di tornare a casa il piccolo Herondale, dopo aver trovato il coraggio, diede un bacio sulla guancia a Clary, che, presa alla sprovvista, arrossí.
Jace notando gli sguardi dei genitori la imitó e le sua guance diventarono subito di un tenero color porpora.
I più grandi scoppiarono a ridere a causa dell'atteggiamento dei loro figli

Alec, invece, li guardava a bocca aperta. Non aveva mai visto il suo migliore amico comportarsi così: di solito le ragazze non le trattava bene, le prendeva in giro, le evitava.
Ma lei era diversa, lo aveva notato dal primo istante in cui li aveva visti insieme, in cui aveva scorto lo sguardo del suo migliore amico posarsi su di lei. Quella ragazza era speciale per lui, anche se la conosceva solo da poche ore.

Si stava innamorando?
Alec represse il pensiero vedendo arrivare Izzy, sua sorella, che con il suo solito tono autoritario gli disse che dovevano tornare all'Istituto.
Era felice, almeno non avrebbe dovuto continuare a guardare Jace che andava dietro a quella bambina.

Mentre camminavano verso l'Istituto Alec non poté fare a meno di guardare Jace: non lo aveva mai visto così felice a causa di una persona.
Era geloso, molto, e lo ammetteva a sè stesso senza problemi. Il motivo della sua gelosia, invece, non riusciva ad ammetterlo.

"Rassegnati,ora penserà solo a lei e non starà più con te, ti abbandonerà" si ritrovò a pensare.
"Continui a negarlo ma, in fondo, sai che questo, prima o poi, accadrá"

Doveva smetterla di pensare negativo. Era uno dei suoi più grandi difetti da sempre: essere pessimista.
Se andava in giro pensava che qualcuno lo poteva uccidere, o che un demone lo poteva attaccare.
Se all'Istituto pensava ai modi di evitare che entrassero i ladri, fatto molto improbabile considerando che solo i Nephilim o le persone autorizzate da essi potevano varcare la soglia.

Non voleva continuare a sentire la sua "voce interiore", che lo disturbava sempre nei momenti meno opportuni, cercando, nella maggior parte dei casi, di farlo sentire in colpa per motivi futili.

Ma stranamente questa volta il flusso dei suoi pensieri si bloccó e nella sua mente tornó il silenzio.

~Shadowhunters~Siamo polvere e ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora