CAPITOLO 9: TORNATI SUL PALCO

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I decibel negli spogliatoi aumentarono a dismisura: la squadra era carica e applausi e grida di carica riecheggiarono mentre aprivo la porta della stanza. Ci mettemmo in fila nel tunnel di entrata. Sembravamo soldatini di plastica. I nostri avversari uscirono poco dopo ed eravamo pronti a iniziare in qualche giro di orologio. I preparatori sfrecciarono in mezzo alle due file andando a preparare la panchina.

"Buona fortuna ragazzi!" Incoraggiavano uno ad uno mentre passavano.

Alla fine mi toccò scendere in campo per piazzarmi al mio posto, insieme a College.

Eravamo davanti a Kaufmann mentre chiacchieravamo degli ultimi aspetti della partita, quando, proprio Christian mi diede una pacca sulla spalla e mi face girare verso di lui.

"Che sia un grande esordio per voi, Mister. Sarà un onore essere guidati da voi." Disse accennando un sorriso molto gentile.

"L'onore è nostro ma ora, fidati di me Chri: per voi oggi, prendervi l'onore non sarà facile, quindi lottate; lottate sempre, mi raccomando, già lo sai come si fa il capitano, ho fiducia in te."

"Sarà fatto signore" Mi rispose stringendo le palpebre e il pugno.

"Ah e chiamaci per nome, tranquillo." Disse Elia, interrompendo un discorso abbastanza serio. Quanto gli voglio bene quando fa così.

Alla fine ci incamminammo fuori dalla galleria.

Da fuori si sentiva un grande boato. Quando eravamo in campo per il riscaldamento ci sarà stato un migliaio di persone, non di più; si sentiva che l'arena si era arricchita di altri spettatori.

Ricordo benissimo la prima volta che entrai in campo. Giocavo al Perugia: era il mio esordio in cadetteria, il mio esordio nel gioco del calcio da professionista.

Si giocava alle nove di sera. Il cielo era scuro e i riflettori del Curi davano un contrasto perfetto a quello spettacolo di serata; ma il contesto non era da meno. Debuttai nel Derby d'Umbria: Perugia-Ternana. Non potevo sperare in un copione meglio di quello. L'ansia sul tunnel provavo a scaricarla saltellando qua e là. Non funzionava, questo Ve lo assicuro. L'arbitro ci richiamò per l'entrata e andammo in campo. La gradinata, la curva nord e la tribuna erano completamente piene di tifosi biancorossi mentre in sud c'erano i tifosi di coloro che ho imparato ad odiare sin da bambino.

La partita iniziò molto statica e continuò così per una mezz'ora circa quando i rossoverdi segnarono. Restai il poco, prima della metà campo con le mani sui fianchi. Tra me e me pensavo che sarebbe stato un bel problema e che non sarei stato così decisivo per portarci alla rimonta; l'altra parte della mia psiche diceva: "Bene, ora gli facciamo il culo."

Mi caricai di adrenalina e cominciai a correre come un ghepardo. Palla dopo palla, sfruttavo ogni singola azione con i miei compagni per spingerci sempre di più nella loro area.

Alla fine, sul tramonto del primo tempo rubai palla agilmente, intercettando un passaggio. Scattai verso la porta e poco dopo essere entrato nel rettangolo più grande, la scaricai in rete di potenza. Esultai come un matto, era il primo gol della mia carriera. La mia mente era un gomitolo di lana intrecciato tra ansia, commozione e gioia, pazza gioia.

Ma non finì là. Minuto 88. Calcio d'angolo a nostro favore. Non ero in area per saltare, ero rimasto al limite in caso di ribattuta. E signori, scelta più azzeccata non ci fu quella sera: la palla venne spazzata fuori dall'area e mi arrivò dritta dritta sulla coscia. Provai ad alzarla proprio con quell'area della gamba, come se dovessi palleggiare. La palla si elevò e una volta che cominciò la sua discesa verso il basso caricai il tiro e impatti. Una rete spettacolare, non riuscivo davvero a realizzare il cazzo che avevo fatto. Feci vincere il derby al grifo, segnando una doppietta all'esordio da professionista. Impossibile.

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