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La prima apparizione pubblica dopo tre mesi. Avrei voluto fosse durante il weekend in Australia ma il mio manager ha detto che aveva già concordato un'intervista dove nessuno avrebbe fatto domande sul mio incidente. Lo scopo è mostrare che sto bene e sono tornato più forte di prima, pronto per la nuova stagione.

«Quali sono i tuoi obbiettivi prossimi, Ben?» domanda il giornalista e dentro di me spero che sia l'ultima risposta che devo dare perché fingere l'ennesimo sorriso è diventato fastidioso.

«Penso come qualunque altro pilota, nella mia ottica c'è solo la vincita del mondiale. Dopo il terzo posto dell'anno scorso e i test di febbraio abbiamo buone speranze»

«Il nostro tempo è finito» pronuncia Andrea con la sua arroganza da uomo in affari. È stato tutto il tempo di fianco a me a guardare il giornalista a mo' di minaccia, in caso avesse fatto domande scomode e fuori luogo.

«Certo, ho tutto il materiale che mi serve. Grazie, è stato un piacere» si alza in piedi per congedarci. Gli stringo la mano ringraziandolo, mentre Andrea è già quasi nella macchina.

«Vedrai che faranno un ottimo articolo» dice con la fiducia negli occhi. «Cosa ne pensi?»

«È stata ok» sospiro, allacciando la cintura. Mi rilasso sul sedile e chiudo gli occhi. L'ansia l'avevo sentita solo sulla pista in ventisei anni di vita, quella che ti fa essere coraggioso e minuzioso in ogni dettaglio; mentre oggi l'ho avvertita quando parlavo con quell'uomo. Comunicare non è mai stato un problema di alcun tipo, neanche con chi vive di scoop.

«Su con il morale, a Ian non farà piacere il tuo muso» scherza, guardandomi. Sa che il mio Team Principal non è tra le persone che reputo più simpatiche e, fosse per me, non ci avrei a che fare. Il lavoro è lavoro anche ai livelli alti, soprattutto ai livelli alti.

«Così invece?» mi giro verso di lui, mostrando tutti i denti. Ci vuole una sola occhiata di Andrea da sotto gli occhiali da sole per strapparmi una piccola risata.

«Ti devi ricordare di postare la sponsorizzazione con la New Balance» guarda le mail che gli sono appena arrivate. Internamente lo ringrazio per aver insistito sul prendere un taxi perché mi sarei distratto a guidare con tutte le informazioni che mi vengono date al minuto.

Sblocco il telefono e vado anche io sulla posta elettronica per copiare ciò che Andrea mi ha mandato; poi segue la parte del navigare su ogni social. Alcune celebrità si fanno gestire i loro profili da altre persone, ma a me non è mai piaciuto come concetto e, soprattutto, vorrei essere veramente essere io a rispondere a chi commenta o a chi scrive nelle chat, penso sia doveroso da parte mia. Perdo dieci minuti in totale tra i post e qualche reazione ai fan prima di arrivare a destinazione, un pub nel centro di Londra.

«Guarda che una birra alla limonata te la puoi fare» commenta Andrea non appena arrivano le nostre ordinazioni al tavolo.

«Ripetimi i prossimi impegni» ignoro completamente la sua provocazione.

E così rientra nelle sue vesti da manager, iniziando un monologo da vero rompiscatole.

Tuttavia, la parte che mi interessa di più del mio lavoro è ben altra: poco meno di due settimane e ritorno a gareggiare, quando sono sull'asfalto nella mia monoposto mi sento invincibile e nulla sembra troppo difficile o pauroso da affrontare. Gli allenamenti non si possono comparare, nonostante ti facciano staccare la testa dai pensieri; alcuni giorni persino letteralmente.

«Come va con il ragazzino?» questa domanda di Andrea mi spiazza da ogni angolazione.

La scuderia si è assicurata di avere dalla nostra parte uno dei giovani migliori in circolazione: Dash ha gareggiato gli scorsi due anni con la Bliss, conosciuta non per le sue ottime prestazioni; ancora sono stupito di come sia riuscito a salire sul terzo scalino del podio dopo le innumerevoli delusioni a fatto di affidabilità del motore.

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