Capitolo 5 - Consigli

1 1 0
                                    

Una volta usciti dalla caverna, ormai il sole era già calato e una mezza luna grande e bianchissima dipingeva la sabbia del deserto di blu. Il cielo era un firmamento di gemme, privo di nuvole e le temperature erano scese a tal punto che dovettero coprirsi con dei pesanti mantelli che avevano equipaggiati sulle loro cavalcature.

Alexis vide balenare la sorpresa, l’incredulità e la rabbia sui volti delle guide, quando si presentarono coi cadaveri di tre persone, compreso il loro capo. Alexis si avvicinò loro e spiegò quanto accaduto. Offrì loro le prove della sua storia e donò al secondo in comando di Bukur il suo khopesh.

Le guide continuarono a guardarlo con sospetto mentre Francour e Malo si occupavano di seppellire i tre corpi sotto la sabbia e dare loro una misera benedizione. «Dovevamo difenderci.» proseguì Alexis. «E se non credete alle prove che vi ho mostrato, nella caverna vi è il corpo gigantesco a cui appartenevano queste tre teste e questi tre cuori che ancora sta bruciando.»

«Non devi darmi alcuna spiegazione ulteriore, ser Alexis.» disse Aku, quello che un tempo era il braccio destro di Bukur. «Il nostro capo era un uomo saggio e onorevole, ma non seguiva i dettami dell’Uno. Lui e la sua famiglia erano legati agli antichi culti pagani del deserto e non mi sorprende che si sia schierato dalla parte del demone della caverna.»

«Quindi lo sapevate?» chiese Alexis sospettoso. «Le nostre religioni hanno leggi simili e una di queste è l’abiura dell’idolatria, della superstizione e delle credenze pagane.» spiegò. «Perché lo tolleravate?»

L’espressione di Aku era solenne esattamente come quella del suo predecessore. «Perché il nostro popolo ha tradizioni millenarie che vanno al di là delle credenze religiose e vanno rispettate.» spiegò a sua volta. «Perché sono parte della nostra essenza, amico essiano.» allargò le braccia. «Bukur era il nostro maestro e il più saggio di noi. Lo rispettavamo, anche se credeva in falsi dèi.»

Alexis non comprendeva il perché di tutta quella tolleranza verso un uomo che poteva portare il male e la corruzione nella loro tribù e provocare l’ira del loro dio. O del Creatore stesso? Molti sacerdoti e filosofi dicevano che l’Uno e il Creatore erano la stessa divinità. Annuì. «Ci accamperemo qui stanotte se per voi va bene.» disse. «Ripartiremo all’alba, con la frescura, per tornare verso i territori di Nab.»

Aku annuì. «Sarà mia premura procurarvi un’imbarcazione per risalire il Sopek fino a Megarcopoli.» disse con gentilezza. «Noi staremo di guardia.» fece una piccola pausa, come per aggiungere altro. «I Nabiti sono gente di parola e la rispetteremo. Tolleriamo la morte del nostro compagno, ma sappi che le menzogne hanno sempre un prezzo.» fece un’altra pausa, stavolta sembrava quasi fatta di proposito. «Vi suggerisco di dormire con le spade al vostro fianco, amici miei.» e si voltò per tornare dai suoi uomini.

«Cosa vorresti dire?» chiese preoccupato Alexis. Quelle parole suonavano come una minaccia.

Aku si fermò. «Conoscevo delle leggende.» disse. «Bukur me ne raccontò diverse.» si voltò. L’espressione era divenuta di nuovo cupa. «Di una divinità che vegliava su una ricca sorgente nel bel mezzo del deserto di Sheb Haraad. Lui la chiamava Tir-Izir, le “Tre Sagge”. I Kashiti la chiamavano col nome di Tar-Azer. Sefeq-Nûn è il nome che le danno i Belem e Shindaran quello che le danno gli Edoni.» indicò l’ingresso della caverna. «Laggiù c’è una ricca sorgente.» poi indicò il sacco con i resti della creatura. «E il demone che avete appena ucciso aveva tre corpi di donna. Potevano anche essere definite delle sagge visto che vivevano qui da migliaia di anni e chissà da quanto altro tempo esistevano.»

«Credi che quella creatura fosse Tir-Izir?» chiese Alexis. Una sensazione mista di preoccupazione, terrore ancestrale e risentimento si unirono alla consapevolezza di aver scatenato qualcosa che non poteva comprendere.

«Sembrerebbe così.» rispose diretto Aku. «E questo è il territorio delle tribù dei Belem. I Re della Sabbia.» accennò un sorriso. «E come ho detto: le menzogne hanno sempre un prezzo.» rimarcò quella frase, come se Alexis dovesse coglierne un qualche significato nascosto.

Un brivido risalì lungo la spina dorsale di Alexis e un sudore freddo gli inumidì la schiena e la fronte accentuando il freddo della notte. Forse si riferiva alla menzogna delle trattative col Regno di Shaba? Ma poi un altro pensiero si insinuò come un tarlo nella sua mente. Qual era quell’altro nome citato dal demone? si domandò. «Hai mai sentito parlare di Shuddarath?» chiese poi.

Aku scosse la testa. «No, perché?»

Alexis fece spallucce. Rimase un po’ deluso da quella risposta. «È qualcosa che hanno menzionato le donne demoniache.» gli rispose. «Visto che conoscete le leggende del deserto, pensavo conosceste anche questo nome.»

«Mi dispiace, ser Alexis.» rispose ancora Aku. «Non ho mai sentito questo nome.»

Alexis annuì rassegnato. «Buona notte, Aku.» fece.

«Buona notte.» ricambiò il nabita.

Alexis annuì e si voltò per tornare al bivacco, dai suoi compagni. Si sedette davanti al falò, sul proprio mantello. Francour e Malo si erano già occupati di nutrire e abbeverare i cavalli e ora erano appoggiati alle ruote del carro che portava gli otri, sonnecchiando. Sistemò la sua bisaccia all’estremità del mantello e vi si appoggiò. Estrasse una cote e ripensò a quanto accaduto affilando e pulendo la lama della sua spada, nell’attesa che il sonno prendesse il sopravvento.

La CavernaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora