22. Il ballo in maschera (Parte Seconda)

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«Margherita, aprimi!»

La sua voce, insieme autoritaria e preoccupata, mi fece tremare le gambe. Il mio intero essere era diviso, da una parte avrei voluto soltanto buttargli le braccia al collo, dall'altra invece la rabbia di averlo visto così avvinghiato alla Contessa mi faceva contorcere le viscere. Non potevo affrontarlo in quel momento, dovevo prima schiarirmi le idee.

Bussò con tale veemenza da far tremare l'anta alle mie spalle, trattenni il respiro e non risposi.

«Margherita, vuoi aprirmi?»

«Vattene! Lasciami stare!» La mia voce irata e tremante finalmente ebbe il coraggio di uscire dalla gola secca.

«Margherita, per favore, aprimi subito!»

«No, ti ho detto di andartene!»

«Margherita, giuro che se non mi apri butto giù questa dannata porta con la forza! Non mi importa di cosa potrebbe pensare la gente!»

Strinsi i pugni per la rabbia e il nervoso. Mi voltai, girai il chiavistello e mi allontanai verso la libreria.

Lui entrò con furia, chiudendo a chiave.

Sembrava un cavaliere uscito da una fiaba, tutto in bianco e con quegli occhi che promettevano tempesta.

Si avvicinò a me, stringendomi fra le braccia. Io lo lasciai fare, ma non ricambiai, anche se ogni singola fibra del mio corpo urlava di toccarlo. Il suo dannato profumo, la vicinanza, il calore, avevano sempre il potere di abbassare le mie difese.

Si staccò da me soltanto per potermi guardare in viso.

«Rosa, sei bellissima, ma cosa ci fai qua?» Mi accarezzava lentamente la guancia, «Mi sei mancata! Perché non mi hai avvisato nell'ultima lettera?»

Il nervosismo riuscì a prendere il sopravvento, mi staccai da lui con uno spintone e, più per la sorpresa che per la forza che ci misi, mi lasciò andare.

«Avvertirti del mio arrivo? Così forse avresti nascosto meglio i tuoi sentimenti per la Contessa?» Potei scorgere il suo viso nella penombra che si stringeva in una smorfia. «Ti ho visto poco fa, prima che mi scivolasse il calice e vi disturbassi, stavi per baciarla...» La mia voce perse mano a mano di intensità, la delusione stava prevalendo sulla rabbia.

Ero stata una sciocca a credere alle parole di un Conte.

Fabrizio fece un passo avanti e io a mia volta uno indietro, allungò una mano verso di me, per poi lasciarla cadere nel vuoto.

«È stata lei a provare a baciarmi. Tu credi veramente che gliel'avrei lasciato fare?»

Mi morsicai la lingua per non concedere alle lacrime di fuoriuscire. Annuii, «Ho visto come la guardavi.»

Scosse la testa, «Mi stavo semplicemente divertendo a una festa... quando mi sono reso conto di ciò che stava per fare, le ho afferrato il polso, poi avrei deviato le sue labbra, senza però metterla in imbarazzo di fronte agli altri.» Si avvicinò di un passo e questa volta non mi allontanai. «Quando ti ho vista, non potevo credere ai miei occhi, sembravi tu, ma allo stesso tempo non lo credevo possibile e poi sei scappata da me e io non ho capito più niente.»

Ormai era di nuovo a pochi centimetri, mi afferrò il viso e accarezzò le mie labbra che, traditrici, risposero al suo tocco schiudendosi. Con l'altra mano si sfilò la maschera e poi fece lo stesso con la mia.

«Di Beatrice non mi è mai importato niente, è solo te che voglio.»

Il mio cuore sprofondò. Volevo credergli e volevo disperatamente cedergli.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 28, 2023 ⏰

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