14. Freddo e dolce come neve (Parte prima)

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La notte del bacio non ero stata capace di chiudere occhio. Mi ero girata e rigirata nel mio letto, aggrovigliando le coperte, rimuginando su quello che avevo combinato. Me ne pentii, ma, allo stesso tempo, non riuscii a smettere di sorriderne. Mi sfioravo le labbra, rimembravo la morbidezza delle sue, le bramavo e fantasticavo su cosa avrebbe voluto dire approfondire quel bacio.

Il mattino dopo non ebbi il coraggio di inoltrarmi di nuovo nel bosco, tenendo a mente gli avvertimenti di Fabrizio, né tantomeno ebbi l'audacia di recarmi da lui. Attesi una settimana per andare a visitare Ada; non sapevo come introdurre la faccenda alla nonna, senza doverle narrare del mio incontro di giorni prima.

Al settimo giorno finalmente presi coraggio. Mi trovavo in cucina, dove, in silenzio, continuavo a pestare le erbe che avrei dovuto portare alla giovane Contessa. Le avrebbero facilitato il rilassamento e il sonno, gliele porzionai in modo che potesse prenderle ogni sera come un infuso.

La nonna invece si stava preparando per andare ad assistere una sua paziente. Una donna del villaggio che avrebbe dovuto partorire a breve.

«'Rita, stai bene? Hai difficoltà a dormire?» Giovanna mi stava osservando.

Mi morsicai le labbra nervosa, «No, non sono per me, ma per la Contessina Ada.»

Lei aggrottò le sopracciglia, stupita, «Ti ha mandata a chiamare?»

Annuii solamente, senza parlare, per paura di scoprire la mia menzogna. Avrei voluto dirle tutto, ma non volevo che si preoccupasse per me e inoltre non mi piaceva darle una delusione.

Mi sentivo i suoi occhi addosso, mentre continuavo il lavoro. Fino a quando parlò di nuovo, «Va bene,» Sembrava quasi che il suo tono fosse rassegnato, «vai pure, non credo comunque che la Nilda *comprerà oggi. A giudicare dalla pancia che aveva ieri sera, credo che ci andranno ancora uno o due giorni perché il bambino sia pronto.»

Annuii, trattenendo un sospiro di sollievo.

Quando alzai lo sguardo, mia nonna si era preparata per uscire, mi sorrideva, anche se l'allegria non raggiungeva gli occhi. Mi si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla fronte, il suo forte aroma di spezie mi avvolse.

«Fai attenzione, cara, ho paura che oggi nevicherà.»
«Sì, nonna, anche tu. Ci vediamo stasera.»

Quando se ne fu andata, anche io mi preparai. Indossai l'abito verde e riposi gli infusi nella cesta. Mi infilai la mantella, quella foderata, una sciarpa per ripararmi il collo e mi tirai su il cappuccio. Colorai anche leggermente le labbra. Mi controllai infine allo specchio, gli occhi verdi brillavano di aspettativa e i capelli, rossi e lucidi, intrecciati a lato, risaltavano sopra al tessuto scuro.

Presi coraggio, lasciai casa e mi incamminai. La nonna aveva ragione; il cielo era pesante, plumbeo e c'era odore di neve nell'aria. Era incredibile come il tempo fosse cambiato nel giro di una settimana. L'aria fredda mi intirizziva le mani, nonostante le avessi coperte con delle muffole di lana. Camminare mi avrebbe aiutata a non patire troppo il freddo. Ai piedi avevo invece messo degli scarponcini che utilizzavo sempre in quel periodo dell'anno; per il ritorno però speravo invece nel buon cuore di qualcuno per un passaggio.

Quando arrivai alla Villa, ne ammirai il giardino. I colori dell'estate avevano ormai da tempo lasciato il posto a quelli autunnali, che davano un tocco di colore al grigiore della giornata.

Mi inoltrai nel sentiero di pietrisco, sembrava quasi di camminare in un sogno non ben definito. Incontrai di tanto in tanto giardinieri al lavoro, intenti a rastrellare foglie cadute o a potare qualche fusto.

Vicina alla fine del percorso mi imbattei in uno dei Signori Barberi, si trattava di Alberto, il fratellastro maggiore. Era seduto su di una panca in pietra, intento a sfogliare un tomo imponente.

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