5. Mignolino

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Ho sempre sentito i polsi deboli.

Come se dei piccoli ossicini sostenessero il mio intero braccio.

Poi stringo le nocche e impugno le unghie sul palmo, incatenandole nella carne fino ad incastrarle dentro, tagliandomi.

E lì capisco che non sono loro ad essere deboli, ma che sopporto il peso di un grande fardello senza un nome con cui potessi chiamarlo.

Sopporta e stringi i denti.

Questo è il mio motto.

Non sai per quanto, speri che debba terminare ma non hai nemmeno idea di cosa sia.

Come una perla con il cuore straboccante di magma, che ti scende giù per la gola per sciogliersi dentro il torace, ustionandoti da dentro.

Sopporta, Katsuki, sopporta e stringi i denti.

E i ho sempre sopportato, incoronandomi di tolleranza e patimento, brulicandomi in direzioni dove la confusione è l'unica strada che conosci, che sai percorrere.

Stordito in un sentiero dove si divide in altre stradine distinte, senza cartelli ad identificarle.

Nè l'incrocio di una via a darne il nome, né un insegna.

Insulse strade che pendono su un ciglio di pietre così minuscole, che messe insieme avrebbero formato la luna.

Qui non ci sono stradine percosse da sassi e senza uno striscio di nome. C'è né una sola, e il nome lo sanno tutti.

È una strada senza asfalto, scavata con le unghie e assestata con i denti e il sudore.

Composta di sabbia e ghiaia ma priva di impronte, o segnali di vento.

Sta tutto alle spalle. Come un terremoto che scorge unicamente sulla mia schiena e mi punzecchia fino a graffiarmi la spina dorsale.

Il destino non lo comprendi perché non lo conosci.

Riconosci il passato, invece, perché l'hai vissuto. Così come è quella strada di polvere.

Il suo nome è lo stesso del mio.

Con le stesse lettere e l'esatta composizione di consonanti, in fila una dinanzi all'altra.

Solo che il mio nome mi riconosce il viso.

Quella strada, al contrario, riconosce dentro qualcosa di più profondo, e io non so distinguerlo.

È calata la notte.

Lo zainetto cala sulle spalle e gli indumenti e le cianfrusaglie dentro tintinnano fra di loro.

Alberga dentro di me un irrefrenabile senso di inquietudine.

Alcune goccioline d'acqua scendono dai tetti e instillano sui marciapiedi.

Capita spesso in questo paesino, d'estate, che si metta a diluviare pioggia gelata, costringendoti a dover rifilare il cappotto, per incappucciarti sotto le maniche corte.

Il bavero del cappotto è comodo, però.

Ci infili il naso dentro e lo riscalda. Denki me ne ha gentilmente prestato uno. Con la pelliccia intorno l'orlo del cappuccio e la cerniera che scende lungo le ginocchia. La stoffa verde militare si adatta al colore pallido delle mie guance.

Se provo a soffiare nell'aria, esce una nuvoletta di fumo freddo e la punta del naso diventa tutta rossa, non che già non lo sia di suo.

C'è qualche tegola scarlatta caduta, da queste parti, il vento è stato prepotente.

Under Life -Kiribaku-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora