Sensazioni momentanee?

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La mia amica mi guardò confusa, mentre io rimanevo imbambolata in mezzo al cortile. Alcuni ragazzini del primo anno mi vennero addosso, ma a me poco importava. Il ragazzo della festa era appoggiato al cancello della scuola, accerchiato da un gruppo di altri ragazzi. Era per forza lui. Gli occhi scuri penetranti, il sorriso che accennava ad una fossetta, ma soprattutto i capelli scuri e lunghi che gli incorniciavano il viso. Persi una ventina di battiti, almeno. Frequentava la mia stessa scuola? Non lo avevo mai visto prima d'ora. «Tutto bene Giu? Che ti prende?» domandò preoccupata Lil. Posai la mano sul braccio della mora vicino a me, come se potesse tenermi incollata al pavimento o sostenermi in qualche modo. La guardai sconvolta «E'... è lui il ragazzo della festa...ti ricordi?» lo indicai senza farmi notare. Lei strabuzzò gli occhi «Ma ne sei sicura??» mi guardò confusa. Come potevo sbagliarmi? Vero che le luci della discoteca potevano confondere, ma avevo avuto la sua lingua in bocca. Non potevo sbagliare. «Beh, certo. Abbiamo limonato...».

Non appena lo vidi girarsi lentamente verso la nostra direzione presi per il polso la mia amica e la trascinai verso il cancello della scuola. Non dovevo farmi vedere, ero così sconvolta che preferivo scappare a gambe levate. Io avevo pensato molto a lui in queste settimane, ma non era detto che lui avesse fatto lo stesso. Magari non si ricordava nemmeno di me, probabilmente ero stata un divertimento di una sera. Stavo scappando senza una meta, forse verso la stazione, ma ero così presa dai pensieri e dai miei battiti del corpo da non capire più nulla di ciò che mi accadeva. «Ehi!! Giu, aspetta!!» la voce di Lilia mi fece tornare alla realtà. Mi fermai poco distante dalla stazione dei bus, mi appoggiai ad un muretto ed osservai la mia amica. Mi resi conto di essere senza fiato «Ma sei matta?? Neanche a ginnastica corro in questo modo!» e poi continuò «Quel ragazzo non l'ho mai visto nella nostra scuola...che sia nuovo?». Era ciò che avevo pensato quella stessa sera in discoteca. Non lo avevo mai visto in città, forse era nuovo. Strizzai gli occhi e finalmente il mio battito cardiaco rallentò «Può essere...non so cosa pensare. Non avrei mai pensato di rivederlo...e cosa faccio ora? Sicuro non si ricorderà di me...» guardai un po' angosciata la mia amica. Cosa potevo dire? Era un bel ragazzo e baciava molto bene, mi ero sentita fortemente attratta da lui. Solo che...finché era un ricordo lontano era più facile tralasciare questi dettagli, averlo davanti agli occhi nella stessa scuola era un'altra storia.

«No panic! No panic!» la mia amica provò a tranquillizzarmi, spalancando le braccia davanti a me. La guardai senza riuscire a formulare un pensiero sensato, avevo il cervello in tilt. Era solo la prima settimana di scuola e già sentivo di avere la tranquillità con i giorni contati, anzi, era scomparsa nel giro di poco. Giusto il tempo di vedere quel ragazzo. «Non è detto che non si ricordi di te...proprio per questo non dovresti scappare...Cazzo, avete limonato duro e poi ti nascondi??» Lilia si scostò i capelli rossi dal volto e cercò di darmi forza. Effettivamente non aveva tutti torti. «E' che...» provai a dire qualcosa, ma lei mi interruppe «...Niente, solo cazzate. Di cosa hai paura? Che sia un altro malessere?». Non aveva tutti torti. Ormai ero così accerchiata da malesseri da essere stufa, ma non era questo il caso. Questo ragazzo era diverso, non il solito malessere della nostra città o del mare. Lui...era il mio tipo. Non avevo mai disdegnato i ragazzi con i capelli lunghi, anzi, erano molto sexy a parer mio. Guardate Johnny Depp o Jason Momoa. Cazzo.  «Non mi stupirebbe, ne sono accerchiata!!» sbuffai e mi passai una mano tra i capelli. Sembrava una maledizione.

Qualche minuto dopo mi venne in mente di un piccolo dettaglio: avevo perso il bus. E pensare che, in aula, mi ero ripromessa di uscire di fretta per prenderlo e avevo cazziato Lilia per la sua lentezza. Il ragazzo misterioso mi aveva allontanata dalla realtà. «Sono una cretina, ti ho fatta correre e poi niente bus...» mi scusai con la mia amica. Il problema era mio, solo mio, perché Lilia abitava qui vicino. Ero io ad essere più distante, ma soprattutto a non avere voglia di venire a piedi (15 minuti) o in bici (ancora meno). Ero troppo pigra...e freddolosa. «Ma sì, abbiamo avuto una distrazione...chissà...magari vi baciate di nuovo...» mi guardò maliziosa. Scoppiai a ridere e le tirai una spallata. Se ci pensavo, però, non era così male come idea. Accompagnai la mia amica a casa sua, distante cinque minuti a piedi da scuola e dalla stazione, per poi dirigermi verso casa. Avrei potuto prendere il bus dell'ora successiva, sarebbe passato a breve, ma avevo bisogno di camminare e ascoltare un po' di musica. Il mio momento preferito era proprio quando mi mettevo gli auricolari e mi perdevo nel mio mondo. Amavo la musica e tutto ciò che poteva trasmettermi. Lasciai che fossero i Sum 41 ad accompagnarmi a casa, mentre io osservavo tutto ciò che mi circondava. Settembre era iniziato da due settimane e si stava ancora bene, anzi, avevo caldo con la felpa addosso. Il cielo era di un azzurro limpido e mi ricordava le bellissime giornate al mare trascorse con Lilia.

Giunsi, dopo venti minuti, sotto il palazzo in cui abitavo. Dato che ero presa dalla musica avevo allungato il percorso passando per un parco poco distante da casa e devo dire che mi aveva rilassata. Non vedevo l'ora di passeggiarci in autunno, in mezzo alle foglie gialle, arancioni e rosse cadute dagli alberi. Frugai nello zaino in cerca delle chiavi e mi resi conto di un grande camion dei traslochi parcheggiato davanti all'ingresso. Qualcuno si stava trasferendo nel palazzo? Non ci feci troppo caso e tornai a concentrarmi nella mia ricerca. Ma dove cazzo erano finite le chiavi? Erano state mangiate dai libri di matematica? Quando finalmente riuscii ad entrare nell'appartamento la mia pancia cominciò a brontolare, ricordandomi che non mangiavo dalle dieci di questa mattina. Non mi avevano soddisfatto i cracker all'intervallo. Casa era deserta perché mia madre era al lavoro, quindi potevo fare tutto ciò che volevo fino a questa sera. Io vivevo con mia madre in un piccolo appartamento al quarto piano, ma comunque molto accogliente. Non abitavamo qui dalla mia nascita, anzi, avevamo dovuto trasferisci abbastanza di fretta in un periodo molto difficile della nostra vita. 

No, mio padre non era scappato con la prima tizia capitata. Magari. Due anni fa aveva preso una brutta bronchite, a cui era fortemente soggetto con diverse ricadute, ed era stato ricoverato. Sembrava che tutto stesse andando meglio, peccato che qualcosa andò storto e lui non ce la fece. Fu un duro colpo per me, mia madre ed i miei parenti. Era stata dura occuparmi di mia madre, distrutta dal dolore, essendo figlia unica. Per fortuna i miei zii ci erano stati accanto. Non avevamo potuto permetterci più una villetta con un solo lavoro e ci eravamo prese questo appartamento...ed un gattino. Adesso andava meglio, mia madre si stava riprendendo ed io cercavo di proseguire la mia vita nel modo più spensierato possibile. Intanto lui era vicino a me, lo sentivo. 

Lasciai da parte quei pensieri e mi concentrai sul cibo. Avevo bisogno di riprendere le energie dopo ciò che era successo a scuola. Non capivo perché mi importasse così tanto di un ragazzo visto in discoteca. Sì, era molto bello, ma non lo conoscevo. Non lo hai solo visto...non fare la furba. La mia coscienza mi faceva ricordare cose che non volevo ricordare. Era meglio non ripensare a certe cose. Mangiai velocemente qualche avanzo della sera precedente ed uno dei miei gelati preferiti come dolce, il fior di fragola. Se si trattava di cibo ero ancora una bambina. Con la pancia piena mi buttai sul letto di camera mia pronta per cazzeggiare, ma un movimento sospetto sotto le coperte mi fece urlare dallo spavento. Che cazzo era? Non appena vidi sbucare una testina nera scoppiai a ridere. Che scema, mi ero dimenticata che a Spooky piaceva dormire sotto le mie coperte. Spooky era il gattino nero, dagli occhi verdi, che avevamo adottato l'anno prima. Lo avevano trovato per strada ferito, senza padrone, e noi ci eravamo subito mosse per  prendere quella piccola palla di pelo. Amavo sempre amato i gatti. Accarezzai il suo morbido pelo nero, ascoltandola fare le fusa, e mi rilassai. Finalmente ero al sicuro nella mia cameretta.

Il mio telefono vibrò ed io mi voltai di scatto per leggere le notifiche. Non capii neanche il perché di tutta questa fretta. Era un messaggio del nostro amico di infanzia Gabri. 

Gabag: *Ci vediamo domani sera nella tavernetta alle 20. No ritardo eh*

Ridacchiai per il ritardo, elemento che contraddistingueva me e Lilia, e mi limitai a rispondere con un *Yesss* con aggiunta di un pollicione alzato. Mi accasciai sul letto sentendo le forze venirmi meno e gli occhi chiudersi lentamente. Era giusto fare un pisolino dopo pranzo. Peccato che fu tutto tranne che rilassante. Lo sognai. Sognai i suoi occhi penetranti, le sue labbra morbide sulle mie. Le sue fottute labbra. 




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