VI. Fuori in strada (il buio non c'è)

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Napoli, Caffè Gambrinus


          «No, Ricciardi, non esiste che non bevi manco un goccio,» sbotta indignato Bruno, facendogli capire dal nome pronunciato per intero che, sì, è serissimo su quella faccenda.

«Guarda che sto bevendo, ed è più di un goccio,» gli fa notare lui, alzando a schermirsi il bicchierino mezzo pieno.

«Devi bere pure per me,» lo zittisce lui con un ghigno da delinquente che mal si addice alla figura di un medico, così come il consiglio di darci giù con l'alcol.

Ricciardi non cede e tiene il bicchiere fuori dalla portata di Bruno, che si sporge e cerca di rabboccarlo facendo oscillare la bottiglia di cognac; anzi, di arzante, come ci tiene a specificare l'etichetta sotto al sigillo metallico con due fasci littori stampigliati, quello che Bruno ha divelto con un entusiasmo e una forza decisamente eccessivi poco fa.

«Oh, se non stai fermo finisce che lo verso al pavimento invece che a te,» sbotta dopo un paio di tentativi, ed effettivamente un paio di gocce di liquore vanno a macchiare la tovaglia.

«Che t'importa? Tanto pago io,» lo rimbecca Ricciardi, senza trattenere un sorrisetto a quelle manovre esagerate.

«M'importa, sarebbe un peccato capitale,» non gliela dà vinta lui, altrettanto divertito.

Con un'agilità inaspettata, allunga la mano libera e gli acchiappa al volo il polso, tirandolo a sé e inchiodandolo al tavolo, riuscendo finalmente a riempirgli il piccolo calice fino all'orlo. E ci riesce soprattutto perché Ricciardi, in quella frazione di secondo, è troppo sorpreso da quel contatto per opporsi (la stretta di Bruno è calda sulla sua pelle, là dove gli si è scostato il polsino della camicia).

«Ecco, tutta salute, garantisco io,» conclude trionfante il dottore, lasciandolo andare come se nulla fosse successo (e non è successo nulla di diverso dal solito, considerando le loro uscite tipiche).

Afferra poi il proprio bicchiere, pieno solo per un quarto, e lo solleva verso di lui. Ricciardi è svelto a recuperare compostezza, sperando invero di non averla mai persa, e fa tintinnare i vetri in mezzo a loro con un istante di ritardo.

«Al tuo pronto recupero,» augura di getto, senza arrischiarsi in qualcosa di troppo personale.

Prevedibilmente, Bruno lo scruta inclinando il capo, un angolo della bocca, quello segnato dalla cicatrice, leggermente incurvato verso l'alto con fare sardonico.

«Seriamente, Riccia'?» ridacchia, a voce abbastanza alta. «Che c'è, sei a un rinfresco con Garzo e la sua schiera di soldatini con un fascio ficcato su per il...»

«Bruno!» sibila Ricciardi, sentendo ogni traccia di colore defluire dal volto.

Scocca un'occhiata allarmata attorno a sé, ma il vocio al Gambrinus è come sempre troppo vivace per cogliere le conversazioni ai tavoli vicini e loro hanno scelto un posto abbastanza appartato, all'angolo. C'è un gruppetto di camerata in fondo al locale, stravaccati sulle sedie e coi fez in testa anche al chiuso, ma sono troppo distratti o troppo alticci per far caso a invettive contro di loro.

La finestra senza soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora