Capitolo IX

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~Un nuovo inizio~

Il sole sorse e il bosco intorno alla locanda, pigramente, riprese vita.
Julia scese le scale al piano terra, pronta a spazzare i pavimenti, quando vide la rossa seduta ad un tavolo, intenta a fissare una candela appena accesa.
«Buongiorno, non ti facevo così mattiniera»
Disse scherzosamente vedendo l'altra quasi sobbalzare dalla sorpresa.Erano passati due giorni da quando era arrivata in spalla alla compagna.
Le sembrò stesse decisamente meglio, le erbe mediche erano riuscite ad avere un effetto quasi miracoloso su di lei.
«Oh! Buongiorno, spero di non dare fastidio.»
La donna sorrise avviandosi verso il bancone.
«Figurati! Magari tutti i clienti fossero come voi due.»
Non esagerò. Era raro trovare persone educate che non si ubriacavano fino a tarda notte e che, soprattutto, cercavano in ogni modo di non dare fastidio.
«Ti porto il solito?»
«Sì, grazie mille.»
La donna entrò nelle cucine e dopo qualche minuto uscì con una scodella fumante di brodo di pollo appoggiandola al tavolo.
«Ascolta, posso farti una domanda particolare?»
Chiese Julia con aria curiosa. Al cenno di assenso della ragazza, continuò.
«Perchè hai chiesto tutte quelle candele, ieri?»
Ferivette guardò in basso tentennando per un secondo.
«È un po' imbarazzante: in questi giorni faccio fatica a dormire e non mi piace stare al buio>«Capisco, scusa per la domanda.»
La donna si avvicinò al bancone prendendo una scopa ed iniziando a spazzare tra i tavoli sorridendo tra sé e sé.
La ragazza era una pessima bugiarda. Quella stessa notte, quando era passata davanti alla sua camera aveva visto piccoli bagliori rossi, e prima di scendere le scale giurò di aver visto la fiamma della candela crescere di dimensioni.
Questo, unito al foro dai bordi bruciati della camicia di lino, fu sufficiente per confermare il dubbio di trovarsi davanti una piromante.
Probabilmente un'incantatrice inesperta che si stava allenando.
Avrebbe voluto dirle che non era necessario nascondersi, in quella locanda chiunque era accettato, ma preferì trattenersi. In fondo non erano affari suoi.
Kara le raggiunse dopo poco, non indossava l'armatura e portava sulla spalla un'ascia diversa dal solito: sebbene fosse della stessa lunghezza, la testa era più larga e spessa mentre il manico non aveva incise sopra delle rune ma era lucido e levigato.
«Ciao kara, sei già pronta per aiutare mio marito?»
Chiese Julia con un sorriso mentre si chinava dietro al bancone. Al cenno di assenso della guerriera le porse un piatto con sopra del pane fresco ed una fetta di formaggio.
«Harold è andato alla stalla, mangia pure con calma, e grazie mille per l'aiuto.»
«Nessun problema, è un allenamento fantastico.»
Rispose prontamente Kara mostrando i bicipiti ridendo, per poi andare a sedersi al tavolo della compagna. La donna le guardò per qualche secondo sorridendo e pensando a quanto quelle due fossero fortunate ad essersi incontrate, prima di iniziare a lucidare il bancone. Quando la guerriera uscì dalla locanda, Ferivette si avvicinò a Julia tenendo in mano le stoviglie usate.
«Se posso fare qualcosa, anch'io vorrei rendermi utile. Ve lo devo.»
«Tu non ci devi proprio nulla, tesoro!»
Esclamò la donna togliendole i piatti dalle mani.
«E ora l'unica cosa a cui devi pensare è riposare!»
Appena Harold finì di dar da mangiare ai cavalli afferrò la sua fidata ascia per la legna, incrociando lo sguardo con Kara, già attrezzata per il lavoro.
«Buongiorno!»
Sorrise guardando quella ragazza che in quei giorni si era resa così utile. Si scambiarono un veloce saluto prima di dirigersi entrambi nei boschi.
Non aveva più l'età per fare la legna e Kara si era rivelata una manna dal cielo. Colpiva con forza tagliando i ciocchi con massimo due mandate e, cosa per lui incredibile, sembrava essere totalmente immune alla fatica.
Più lavorava e più sembrava diventare efficiente. Il giorno prima si offrì di pagarla per quel lavoro, o almeno di sottrarre il costo dalle spese alla locanda, ma lei rifiutò fermamente. Per lei quello era un allenamento costante.
Per un attimo provò ammirazione nel vedere nuovamente qualcuno con così tanta dedizione.

Il giorno seguente, alle prime luci del mattino, entrambe scesero le scale con gli zaini in spalla.
«Andate già via?»
Chiese Harold, non ancora completamente sveglio.
«Dobbiamo.»
La voce di Ferivette nascondeva una punta di amarezza nel lasciare quel luogo.
«Tra tre giorni ci sarà l'impresa, rischiamo di fare tardi.»
Aggiunse Kara, ben più allegra ed emozionata. Da quando la compagna le aveva rivelato che si sarebbe trattato di un torneo non pensava ad altro.
«Spero riusciate a cavarvela. Buona fortuna!»
Disse Julia avvicinandosi con passo lento verso le due, per dare loro un saluto più formale con una stretta di mano, ma proprio quando aveva allungato il braccio mormorò
«Al diavolo!»
Allargò le braccia stringendole entrambe in un abbraccio, con la stessa dolcezza di una madre che saluta i figli prima che questi cambino casa.
«Statemi bene, e tornate presto!»
Disse la donna lasciandole. Il locandiere sorrise, alzando la mano mentre le ragazze si avviavano verso la porta.
«Hey!»
Esclamò attirando l'attenzione di tutti. Prese una bottiglia sullo scaffale e la lanciò a Kara, la quale la prese al volo.
«Stappatela quando avrete vinto!»
Terminati i saluti, le due si incamminarono per la strada. Kara sgranchì le braccia ed affermò.
«Sono sicura che al torneo incontreremo...»
Ci fu un secondo di silenzio, nel quale Ferivette, impaziente, alzò un sopracciglio attendendo che finisse la frase.
«Come si chiamava quel tizio?»
La rossa la guardò confusa.
«Harold?»
Kara scosse la testa.
«Non lui! Il tizio della locanda coi capelli rossi lunghi fino alle spalle e gli occhi castani. Alto più o meno come me.»
La guerriera sembrò pronta ad incalzare con altri dettagli ma Ferivette la interruppe con un risolino, divertita dalla precisione con cui lo stava descrivendo.
«Sì sì, ho capito.»
Mise una mano sotto al mento pensando per un istante.
«Non me lo hai mai detto, credo.»
Le due si scambiarono uno sguardo rapido. Kara alzò gli occhi al cielo sorridendo.
«Non vedo l'ora di affrontarlo.»
«Come fai ad essere certa che ci sarà?»
Intervenne la rossa
«Te l'ho detto, no? Le strade di due guerrieri, prima o poi, si incontrano sempre!»

Il viaggio proseguì tranquillamente. Dopo una notte passata in un piccolo spiazzo ed un veloce risveglio, le due ragazze si rimisero in cammino.
Ferivette sorrise guardando la compagna per poi farsi improvvisamente più timida. Si irrigidì portando le braccia lungo i fianchi.
«Riguardo al torneo...»
Fece una lunga pausa sentendo gli occhi curiosi della ragazza su di sé.
«Alla fine ho deciso di partecipare»
Kara le diede una forte pacca sulla schiena.
«Non ne avevo dubbi!»
Dopo un attimo di euforia però, la guerriera si fece dubbiosa.
«Ma non rischi di farti male col fuoco?»
«Si, è possibile, ma anche io mi sono allenata in questi giorni»
La rossa fece un rapido scatto in avanti distanziandosi di qualche passo. Si voltò verso la guerriera porgendo entrambe le mani in avanti, indirizzate sul terreno che le divideva.
Chiuse gli occhi concentrandosi. Immaginò un'energia calda scorrerle nelle vene.
Dal petto si diresse alle spalle. Dalle spalle alle braccia, raggiungendo le mani e poi la punta delle dita. Immaginò quelle vene estendersi nell'aria, arrivando fino alla terra.
Incanalò in esse il calore che esplose in una vampata sul terreno, appena più alta delle loro ginocchia.
Kara guardò quello spettacolo con stupore, rimanendone a bocca aperta. Per quanto i suoi pregiudizi sulla magia fossero ancora vivi, vederla usare davanti ai suoi occhi la impressionò. Le fiamme si estinsero rapidamente lasciando dietro di loro un alone nero.
«Wow.»
Commentò la guerriera avvicinandosi e notando un leggero fiatone nell'altra.
«Tutto bene?»
«Sì, è solo molto difficile.»
Ferivette parlò con calma riprendendo poco a poco il controllo del respiro. Guardò in basso per un attimo.
«Non vedo l'ora di mettermi alla prova!»
Le parole della rossa mascherarono i suoi dubbi. Aveva il terrore di ustionare qualcuno. Pregò con tutta se stessa di trovarsi in un torneo a coppie, avrebbe fatto da distrazione mentre la compagna colpiva. Il volto di sua madre le comparve in testa. Le ritornò il dubbio di ritirarsi all'ultimo, ma non voleva abbandonare Kara.
Ora che le aveva ricambiato il favore non aveva più nessun motivo di stare con lei, eppure l'aveva chiamata amica. I pensieri si sovrapposero finché, superata l'ennesima collinetta, videro svettare nel cielo le famose sette torri di Mithal.

Le Cronache di Erthaldan: Fiamme e AcciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora