18| la primula che conobbe il cuore di Jimin.

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SGRASSATORE PER CUORI!

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SGRASSATORE PER CUORI!

𓍊𓋼𓍊𓋼𓍊

Camminarono fianco a fianco attraverso i cespugli. Park Jimin percepiva l'intenso calore della sua pelle sfiorargli ritmicamente le nocche gelide delle mani. Hoseok era d'un bollente terrificantemente umano: proseguiva con passo sicuro, gli occhi sgargianti, il mento alto, lo sguardo orientato ben dritto innanzi a sé. Un'onda d'invidia afferrò lo stomaco di Jimin e ne fece tremare l'intero esoscheletro. Quando fu per lui l'ultima volta in cui si sentì così risoluto? Hoseok non gli rivolse parola durante quella passeggiata, e, paradossalmente, gliene fu grato. Fu avvolto da una delicatissima sensazione di completa libertà. Jimin, incatenato a se stesso, sotto il peso d'un centinaio di macigni, poté respirar un ossigeno che non chiedeva scusa per lo spazio ch'occupava, per il peso ch'aveva.

Raggiunsero quello che, ad occhio, sembrava essere il centro del campo di girasoli. Era vuoto e a Jiminie ricordò la testa calva e lucente del suo professore di criminologia, un burbero omuncolo sulla sessantina.

«È lo spazio per dipingere del tuo amico?» Chiese di colpo Jimin, aguzzando come meglio poteva la vista.
«Non proprio, Jimin. Guardaci meglio!» Hoseok rise e intrecciò le loro dita con una fermezza quasi dolce, correndo, spedito, senza mai sorpassarlo, senza mai spingerlo, senza mai farlo inciampare, senza lasciar che Jimin si sentisse svantaggiato; e anche il prato li accoglieva gentilmente, senza opporsi, senza urlare.

Jimin s'accorse che nel centro esatto, del centro del campo di girasoli, era sbocciata una singola primula.

«Che ci fa una primula qui?» Jimin l'osservò, cauto. Il suo stelo ondeggiava sommessamente, si piegava tra le dita del vento, si sgualciva tra i suoi artigli, si viziava nelle sue carezze. Hoseok gli s'avvicinò con dolcezza, come un padre fa con suo figlio assopito.
«Sicuramente è stato il vento a trascinarla dov'è...» Jimin colse l'amore in quelle due iridi miele e provò una gelosia lampante. Sopraffatto da quella ruvida sensazione, fece qualche passo indietro e distolse il suo sguardo, concentrandosi sui girasoli splendenti.
«Ah! Sì! L'impollinazione, certo...» Commentò, vago.
«È sbocciata due albe fa. Sotto i miei occhi.» Hoseok scandì orgogliosamente, indirizzando le sue pupille nere ai petali violacei del fiorellino. S'accovaciaron sull'erba, uno di fronte all'altro. Jiminie era curioso.
«Caspita, che spettacolo.» Affondò i suoi occhietti - metaforicamente - in quelli di Hoseok. Sorridevano.
«Tu credi?» Si distingueva una sfumatura rossiccia sulle sue gote. Hobie si grattò la nuca con le unghia.
«Non molti prestano attenzione ai fiori che nascono.» Jimin sentì la gola seccarsi. Aveva perso così tanto?
«È per questo che esistono i campi.» Annuì Hoseok.
«Cosa provi? La senti tua?» Indagò il biondo, senza guardare né lui, né la primula. Fissava oltre il cielo.
«Vederla aprire i petali è stato emozionante.» Disse allora. La sua voce tradiva un entusiasmo estraneo a Jimin, che rimase immobile a godersi il venticello.
«Voglio imparare a farci caso.» Ammise di colpo lui.
«E perché?» Hoseok esclamò, leggermente sorpreso.
«Per sentirmi padre, una volta sola, nella mia vita.» Borbottò sottovoce. Il silenzio calò fra i due, ma era piacevolmente sopportabile. Il sole batteva sulla sua nuca e, quando ci poggiò le dita, era assai bollente.
«Però il mio amico vuole estirparla.» Hobi sussurrò.
«E perché mai, scusa?» Jimin schioccò la sua lingua sul palato, alterandosi vistosamente, e sollevandosi di scatto. A Hoseok sfuggì un sorrisetto amorevole.
«Non rientra nei suoi canoni di perfezione.» Spiegò. Gli si mise accanto, con la testa china a guardare la primula. Jiminie fece avanti e indietro per il campo.
«Nella natura, tutto è perfetto!» Affermò, infastidito.
«Chiamerebbe il tuo pensiero dozzinale.» Replicò. Il viso del biondo diventò paonazzo, stravolto da una rabbia che non credeva di possedere. Lui, dozzinale.
«Che importanza ha!» Gli gridò, stringendo i pugni.
«Non ama chi si mette in mezzo a ciò che desidera.» Hoseok pareva preoccupato. Si era messo a fare su e giù anche lui, per il prato. A Jimin si seccò la gola.
«Se posso permettermi... Il tuo amico è un tiranno!» Abbassò la voce. Questo tranquillizzò Jung Hoseok, che evidentemente non doveva amare molto le urla.
«Volevi sapere il suo nome, prima.» Hoseok sollevò un sopracciglio. Jiminie boccheggiò, poi richiuse la bocca, assottigliandola il più possibile in una linea.
«No, non lo voglio sapere più.» Determinò, alla fine.
«Davvero?» Il suo tono si fece meravigliato, stupito.
«Non sono interessato a conoscere il nome di uno... Come si dice? Insomma, di un autocrate!» Ringhiò.
«Vuoi dire despota?» Lo corresse Hobi, gentilmente.
«Sì, quello lì...» Lo liquidò con un gesto della mano.
«Allora non importa.» Hoseok sembrò determinato.
«Credi che la mia opinione sia dozzinale?» Esitò lui.

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