Penelope
Mi trovavo davanti a quel dannato specchio da almeno mezz'ora ormai. Il completo rosa in velluto, i sandali bianchi con qualche centimetro di tacco elegante ma non esagerato, la collana incisa che mi aveva regalato mio papà per i miei 18 anni; era tutto in ordine, anche la mia chioma di capelli biondi platino era stata accuratamente sistemata con delle onde leggere, eppure continuavo ad essere tremendamente in ansia.
Dire che aspettavo quel momento da 6 anni era una bugia, perché aspettavo la mia laurea in medicina probabilmente da sempre. Sono sempre stata una che non riesce semplicemente a godersi il momento, se non guardo avanti, al futuro, perdo di entusiasmo. Fare il medico era il pezzettino più alto della piramide di soddisfazione che sin da piccola cercavo di scalare, prima con qualche soddisfazione sportiva e scolastica, poi col volontariato, ma il tarlo di fare la differenza grazie alla professione del medico rimaneva li, inarrivabile.
Eppure quel lunedì mattina di giugno mi stavo preparando proprio per ricevere il pezzo di carta che attestava la mia laurea abilitante in medicina. Tanto l'avevo voluta, tanto l'avevo sofferta, che ormai mi ero quasi un po' aggrappata a quella sensazione di inarrivabilitá, perché cosa c'è una volta che raggiungi l'inarrivabile?
Alle grida di mia mamma per il mio estremo ritardo mi affrettai a raggiungere lei, mio papà e il mio gemello Leonardo in salotto, erano tutti pronti ad accompagnarmi al giorno più bello della mia vita. Pure la mia cockerina Luna aveva deciso di godersi lo spettacolo di vedere la sua padroncina incoronata.
Spensi la televisione prima di uscire, il telegiornale stava mandando in onda un servizio sulla finale del Roland Garros della sera precedente. Alexander Meyer aveva trionfato, alzando la sua prima coppa slam. Io e mio papà non ci eravamo persi un minuto di partita, da bravi appassionati di tennis come siamo.
Salimmo tutti e 5 sul Range Rover e con papà alla guida ci dirigemmo in facoltà. Numerosi miei compagni erano già arrivati, chi aveva già discusso e aspettava trionfante il momento della proclamazione, e chi come me doveva ancora affrontare la commissione.
Mi separai dalla mia famiglia che avrei rivisto tra la gente in aula a sostenermi come sempre, e mi misi ad aspettare il mio turno, camminando avanti e indietro dietro la porta dell'aula ripetendo tra me e me i punti salienti della mia tesi in ematologia.
Quando la porta si aprì e sentii il presidente chiamare "Penelope Mancini" presi un grosso respiro e mi feci forza. Dovevo godere di quel momento, non esserne terrorizzata.La discussione alla fine fu magistrale, giurai di vedere anche Luna applaudire, e l'orgoglio che provai una volta sentite le parole del presidente fu immenso. A volte sottovalutavo la bellezza dell'essere fieri di sè, troppo spesso mi ero sottovalutata o data per vinta, ma quel giorno ce l'avevo fatta, per me stessa e grazie a me stessa
Con la corona d'alloro in testa e un sorriso a 36 denti sbocciai lo spumante rischiando di fare il bagno a tutti
"Penny ti perdono solo perché sono contento di non doverti più sentire gironzolare per la casa a ripetere nomi incomprensibili di farmaci malattie o qualunque cosa fossero"
"Certo perché invece il codice penale è molto più comprensibile fratellino"
"Almeno è scritto in italiano!"
Gli tirai uno schiaffetto sulla spalla, mio fratello aveva sempre voglia di scherzare e insieme ci divertivamo sempre come dei matti, tra i due non so chi fosse più pieno di energia. Non oso mettermi nei panni dei nostri genitori che avevano dovuto crescere contemporaneamente due piccole pesti iperattive.Tra i festeggiamenti si fermarono a salutarmi alcuni miei compagni tra cui Camilla, la mia fedele compagna di ripetizioni per questi sei anni. Le famose volte che gironzolavo per la casa a ripetere nomi incomprensibili come suggeriva Leo era per lo più con lei, abbiamo iniziato insieme questo percorso ed insieme lo abbiamo finito.
"Penny ce l'abbiamo fatta! C'è l'abbiamo fatta!" Saltellava incessantemente abbracciandomi in quel momento di euforia. Poi incroció lo sguardo di mio fratello e con il suo solito modo di prenderlo in giro gli si rivolse con un "Hey Leoncino"
"Hey Camillagna, complimenti per oggi, te lo sei meritato, ma sappi che la prossima volta che mi chiami con quel soprannome odioso ti faccio causa. Sai com'è, sono un avvocato..."
"Il medico qui ti augura di non trovarti mai sotto i ferri della sottoscritta per che ne so un naso rotto, altrimenti chissà che bel lavoro di ricostruzione la camillagna ti farebbe!"6 anni così, 6 anni a stuzzicarsi, prendersi in giro, darsi nomignoli. Mi sono sempre chiesta cosa aspettassero quei due a tapparsi la bocca a vicenda con del bel sesso, eppure continuavano a uscire con altre persone seppur era evidente pure a Luna che si piacessero.
La giornata proseguì tra festeggiamenti e regali, i miei genitori mi regalarono una settimana in un resort all inclusive in Grecia. Sulla busta il biglietto recitava "Hai davvero tanto bisogno di rilassarti". Eccome se ne avevo bisogno.
Leo invece tiró fuori una scatola rettangolare, era evidente fosse il suo regalo considerando la quantità industriale di scotch intorno a una carta regalo natalizia. In trepidante attesa mi disse "Su apri apri, dai apri" Scartai l'involucro natalizio, aprii la scatola e dentro vidi una custodia nera con su inciso un ritmo cardiaco, ma non uno normale, era l'elettrocardiogramma di ciò che mi stava più a cuore. Tra un'onda e l'altra vi erano disegnate delle figure: la prima era una zampa, la seconda un fonendoscopio, mentre l'ultima una pallina da tennis. Avevo sempre condiviso la passione del tennis con nostro papá, sin da quando da piccolina mi accompagnava per tornei di qua e di la per l'Italia, a volte per l'Europa. Leo però non amava quella vita, la competizione, amava lo sport ma per il puro divertimento e lo stare in compagnia, non sentiva l'adrenalina della competizione. Seppure a volte deve essersi sentito escluso per l'amore verso il tennis che univa me e mio papà, riconosceva quanto fosse una parte importante di me, tanto da inserirla tra quelle onde elettriche del mio cuore.
Aprii la Custodia e ci trovai dentro un littman nuovo di zecca, nero con la campana color arcobaleno.Gli saltai addosso in un abbraccio infinito, adoravo mio fratello.
"Sai ho pensato che ti servisse qualcosa per auscultare i grossi pettorali di quei tennisti ora che ci abbandoni tre settimane per andare a fare il tuo tirocinio col medico dell'ATP in Inghilterra"
Gli diedi un altro schiaffetto sulla spalla, sapeva sempre essere così cretino!
"Come se mi importasse qualcosa dei pettorali di quei palloni gonfiati! Sappiamo tutti che i tennisti sono un po' come i neurochirurghi: si pensano Dio"
"Quindi se i neurochirurghi sono Dio gli ematologi come te chi sono?? Harry Potter del sangue?? "
"Aspirante Harry Potter del sangue dato che per ora i miei cari colleghi svizzeri sono in silenzio stampa per un posto in specializzazione"
"Tesoro sei ancora in tempo per considerare l'Italia, qui a Trieste ti troveresti benissimo ad imparare dal Professor Nardinocchi che ti ha seguito anche durante la tesi"
Mia mamma era orgogliosa che volessi emigrare in Svizzera per la specializzazione e sapeva che non poteva tarparmi le ali così facilmente, ma ogni tanto cercava comunque debolmente di convincermi a restare vicino a lei e Papá
"Mamma ormai è fatta, io in questo paese non ci voglio più vivere , ho bisogno di conoscere anche il resto del mondo, posso essere un medico qui come ovunque"Sospiró rassegnata ma se lo aspettava, in compenso Leonardo non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai privilegi del vivere in casa coi genitori che cucinano, lavano, puliscono, perciò poteva sempre consolarsi col mio gemello.
La giornata finì in un baleno e mi addormentai esausta ma felice, con ancora la mia corona di alloro in testa.
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Cuore d'atleta
RomansPenelope e Alexander non erano nient'altro che una neolaureata in medicina e uno dei migliori tennisti al mondo. Due caratteri ambiziosi e due vite opposte che non avevano nessun motivo di incrociarsi, fino a quell'estate.