Fatal Obsession (Trilogia)

10. Agenti sotto copertura

MATTHEW POV

Amanda Lindhout disse: "Credo che lo spirito presente in tutti noi abbia un'enorme capacità di sopravvivenza."

Tijuana, Messico. Un mese e mezzo dopo.

Era ormai già un bel po' di tempo che ci trovavamo in un hotel della città, situato vicino il Tijuana cultural center; un moderno museo sulla cultura messicana. Avevamo tenuto sott'occhio quel trafficante a lungo, ma ancora non era successo nulla.

S. E. O. L. D ci aveva segnalato uno spostamento improvviso della valigetta, diretta verso una grande festa con inviti esclusivi. All'interno avremmo trovato anche Orlando González, proprietario della dimora in cui si sarebbe svolto tutto, indubbiamente il capo dell'organizzazione criminale a cui stavamo dando la caccia.

Andando a probabilità ero sicuro che lo spostamento era dovuto dal fatto che i suoi segugi avevano compreso che qualcuno li aveva traditi, e così avrebbero preso l'occasione del caos della festa per farla muovere e consegnarla al capo.
Dovevamo riuscire a recuperarla, ma allo stesso tempo non farci scoprire affinché Orlando non dubitasse di noi.

«È stato in carcere per tre anni» spiegò Adam, mentre continuava a cercare più informazioni possibili. Era seduto sul divano e scriveva sul suo computer, riposto su un tavolino in vetro parecchio basso.

Fù Kate ad accorgersi della sua posizione strana. «Se non la smetti di stare in quel modo ti verrà una gobba» gli fece presente. Nel frattempo mi portò un caffè americano macchiato. Lo bevvi e nel contempo leggevo le cartelle dei bambini scomparsi, inserendo nella mia mente ogni loro dato, ogni loro immagine.

Li avrei salvati, tutti.

«Hai sempre qualcosa da giudicare tu?», andò subito sulla difensiva Lucas.

Lei fece spallucce. «Lo dico per il suo bene. Se dovesse difendersi lottando la gobba lo renderà più debole.»

Sospirai con fare nervoso. Ero stanco dei loro comportamenti, dei loro casini e del caos che avevano lasciato in quella stanza. Amavo stare da solo perché aiutava la mia concentrazione, ma loro non mi rendevano tutto più semplice, affatto. «Cos'altro sai su di lui?» indagai io.

Adam si alzò, portò il computer davanti i miei occhi e mi mostrò il viso del figlio di puttana; solito aspetto da messicano quasi cinquantenne con un patrimonio che supera il miliardo. Sembrava una versione magra e palestrata di Pablo Escobar. «Suo padre fù uno dei primi che riuscì a sconfinare e portare la droga in America, ma vent'anni dopo l'FBI riuscì a rintracciarlo, gli fecero una redata e lo arrestarono all'età dì quarantasette anni. La sua morte risale al 91', lo hanno trovato impiccato nella sua cella. Sappiamo che Orlando venne cresciuto dai segugi del capofamiglia fino ai suoi sedici anni, addestrato sin da bambino per ereditare l'impero e per essere il più crudele del paese. Finì in prigione per alcuni anni; era il sospettato principale per l'omicidio del giudice che lo aveva portato in una casa famiglia, ma venne scarcerato per mancanza di prove a ventitré anni. Sappiamo che il suo cartello si era sempre e solo occupato di droga, omicidi di massa tra clan nemici e tanto altro, ma qualcosa è cambiato nel 96', l'anno in cui la percentuale delle sparizioni aumentò notevolmente.»

«Gli dovrebbero dare una medaglia per il miglior cittadino» commentò sarcastica Destiny, mentre Alicia le preparava la parrucca sulla testa.

Era una persona orrenda a cui avrei aperto il torace ed estratto il cuore senza esitazioni, ma non lo avrei potuto fare finché quei bambini non sarebbero stati in salvo tra le braccia dei loro genitori.
Pensavo ad Aria, sul cosa avrei fatto se lei fosse stata al loro posto, e avrei agito proprio nello stesso identico modo. Avrei ucciso González, insieme a tutti coloro che si sarebbero messi tra me e lui. Non avrei fermato la tratta d'esseri umani, era un qualcosa di troppo grande, ma intanto un tassello sarebbe stato rimosso.