𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 38 (Seth)

1K 38 430
                                    

"ℑ 𝔡𝔬𝔫'𝔱 𝔠𝔞𝔯𝔢 𝔦𝔣 ℑ 𝔣𝔞𝔩𝔩 𝔦𝔫 𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔴𝔦𝔱𝔥𝔞 𝔡𝔢𝔳𝔦𝔩, 𝔞𝔰 𝔩𝔬𝔫𝔤 𝔞𝔰 𝔱𝔥𝔞𝔱 𝔡𝔢𝔳𝔦𝔩 𝔴𝔦𝔩𝔩𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔪𝔢 𝔱𝔥𝔢 𝔴𝔞𝔶 𝔥𝔢 𝔩𝔬𝔳𝔢𝔰 𝔥𝔢𝔩𝔩"

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"ℑ 𝔡𝔬𝔫'𝔱 𝔠𝔞𝔯𝔢 𝔦𝔣 ℑ 𝔣𝔞𝔩𝔩 𝔦𝔫 𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔴𝔦𝔱𝔥
𝔞 𝔡𝔢𝔳𝔦𝔩, 𝔞𝔰 𝔩𝔬𝔫𝔤 𝔞𝔰 𝔱𝔥𝔞𝔱 𝔡𝔢𝔳𝔦𝔩 𝔴𝔦𝔩𝔩
𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔪𝔢 𝔱𝔥𝔢 𝔴𝔞𝔶 𝔥𝔢 𝔩𝔬𝔳𝔢𝔰 𝔥𝔢𝔩𝔩"

꧁꧂

Ricapitolando: eravamo stati a una festa a tema Star Wars, avevamo fatto una gita nel bosco con tanto di massacro, le avevo prese da un concentrato di steroidi per salvare una ragazza incinta e un terrificante mostro d'ombra ci aveva quasi ammazzati. Tutto sommato, l'appuntamento non era andato malissimo.

Dopo aver messo l'ultimo cerotto, incrociai lo sguardo del mio riflesso allo specchio. Avevo la faccia coperta di lividi pulsanti e violacei. Per fortuna, più o meno, ci ero abituato. Mi avevano picchiato così tante volte negli anni trascorsi in strada che ormai lo consideravo un mio originale trattamento di bellezza.

Con un sospiro, presi il kit di pronto soccorso che tenevo sempre in valigia e uscii dal bagno della camera degli ospiti. Anche se avevo smesso di dormirci da quando mi ero riappacificato con Nik, ancora non osavo spostare le mie cose nella sua al piano di sopra. Tra Lucius e la gravidanza, stava già vivendo abbastanza esperienze traumatiche. Non volevo mandarlo nel panico.

Nel soggiorno era radunato il clan dei De'Ath al completo. Alexander passeggiava avanti e indietro, sbirciando di tanto in tanto in direzione della stanza libera in cui stava dormendo Arya. Remiel era ricurvo su una poltroncina, lo sguardo abbassato sulle proprie mani, con i vestiti imbrattati di sangue rappreso. Sky gli dava delle pacche affettuose sulla schiena, cercando di farlo smettere di tremare. Gabriel e Joel confabulavano tra di loro, mentre Kath accarezzava con dolcezza i capelli di Isaac.

L'atmosfera era carica di tensione, quasi elettrica. Callum era l'unico che appariva tranquillo, in piedi davanti al camino con le mani incrociate dietro la schiena, come se ci fossimo riuniti per prendere il tè della sera. Secondo me Joel gli passava un po' della sua erba, non c'era altra spiegazione.

Esitai un attimo sulla soglia. Ero sorpreso che mi avessero aspettato per iniziare la riunione di famiglia; d'altronde, a prescindere da ciò che dicevano, non ne facevo tecnicamente parte ed era difficile liberarmi dalla sensazione di essere un intruso.

Mi feci coraggio e andai a gettarmi sul divanetto accanto a Nik. Era ancora piuttosto stremato, a giudicare dal viso pallido e imperlato di sudore. Quando si accorse che avevo estratto dal kit un flacone d'alcol verde e una scatola di cotone, mi rivolse un cipiglio interrogativo.

«Va disinfettata» gli spiegai, afferrandogli il braccio.

Nik si ritrasse di scatto, inorridito. «Assolutamente no. È già abbastanza umiliante che non stia guarendo, senza che ti metti anche a farmi da infermierino. Tanto non posso contrarre infezioni».

Fear of SilenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora