Due anni dopo
La voce di Manuel è appena percettibile in quel vicolo silenzioso quando pronuncia «Simone?».
Il ragazzo di fronte a lui si sfila gli occhiali da vista e il berretto che gli copriva i ricci scuri, vi passa una mano in mezzo per ravvivarli leggermente senza staccare gli occhi da quelli di Manuel. Compie un piccolo passo in avanti mentre accenna un sorriso e mormora «Ciao».
Manuel crede di non aver mai avvertito una simile rabbia in tutta la sua vita. La sente montare dentro di sé con la stessa forza con cui una palla da demolizione si abbatte su un palazzo, con la stessa devastazione causata dalla detonazione di una bomba.
Si scaglia contro di lui facendo sbattere la schiena di Simone contro il muro alle sue spalle e «Du' anni a credette morto!» urla a due centimetri dal suo viso mentre lo strattona dal bavero del cappotto.
«Lo so, posso spiega–».
«Ah mo vuoi spiegare? Mo vuoi spiegare? C'hai avuto du' anni pe' spiega', due! Du' anni in cui ho vissuto l'inferno! E tu 'ndo cazzo stavi, eh? Dove stavi?» continua ad alzare la voce Manuel, fuori controllo.
«Andiamo a casa, ti calmi e–».
«Mi calmo?». Manuel lo lascia andare bruscamente e si allontana di qualche passo. È sconvolto, furioso, sente che il cuore sta per esplodergli. Ha il respiro accelerato e per quanta aria inali essa non sembra comunque abbastanza da arrivare ai polmoni e dargli sollievo, anzi ogni sospiro gli scava il petto come un artiglio. La mente sta urlando come ha fatto lui fino a qualche secondo prima, le mani prudono e non sa se perché vuole prendere a pugni Simone, il muro contro cui lo ha sbattuto, o sé stesso perché nonostante tutto una parte di sé vorrebbe solo piangere per il sollievo di ritrovarsi di nuovo Simone di fronte, vivo.
«Mi calmo» ripete con tono alto ma meno strillato, «ma tu devi spari' dalla vista mia».
«Manuel, ascolta–».
«No, tu ascolta Simò. Non puoi spunta' così dal nulla dopo i du' anni peggiori della vita mia e piombamme davanti come se niente fosse. Non puoi. Non ce sto» parla con finta calma Manuel, per quello che riesce con il petto ancora scosso da respiri tremolanti. «Quindi mo te ne– anzi, no, me ne vado io» decide, alzando le mani in segno di resa e dando le spalle a Simone.
Simone si stacca dal muro con una spinta e fa per afferrargli l'incavo del gomito, ma Manuel se ne accorge e allontana di scatto il braccio. «Non me tocca'» sillaba, voltandosi di nuovo verso di lui e ritornando all'attacco. «Non me tocca' ché se non sei morto t'ammazzo io» sibila. «Ma chi cazzo sei, ah? Muori, risorgi, chissà che cazzo fai pe' anni e poi ritorni, e pretendi pure che uno t'ascolta. Devono sta' tutti ai comodi tuoi. Ma io non ce sto. Io so' du' anni che non sto più comodo».
«Per favore, possiamo–».
«Vaffanculo, Simone» sputa con astio Manuel ricacciando indietro le lacrime che pungono dietro agli occhi. «Vaffanculo».
Fissa per un'ultima volta quegli occhi scuri e grandi che pensava non avrebbe mai più rivisto, scuote la testa e si volta tornando all'inizio di quel vicolo buio, lasciando Simone con una sensazione pesante sullo stomaco e una voce nella testa che gli dice ora hai perso pure Manuel.

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Elementary
Fanfiction«T'avevo chiesto- 'n'ultima cosa, 'n ultimo miracolo» mormora Manuel altrettanto piano, ricordando quel giorno nuvoloso davanti alla sua lapide. «T'avevo chiesto de non esse' morto.» oppure due scene di una Sherlock!AU Simuel (che non portano assolu...