Il persistente rumore della mia sveglia mi ridesta in maniera non affatto confortante.
Per dei buoni cinque minuti mi rigiro e rigiro nel letto, per poi rotolare verso il pavimento avvolta dalle coperte che mi avevano interdetto gli arti. Dopo essermi dimenata per un po', riesco a liberarmi da quel groviglio di lenzuola per disattivare quel dannato allarme.
Sbadiglio e mi dirigo verso lo specchio attaccato sul mio armadio, probabilmente situato lì per risparmiare spazio considerando che la mia camera era già di per se microscopica.
Prendo la spazzola e con incuranza mi spazzolo i capelli finché non assumono una forma decorosa, ed inizio a rovistare tra le pile di abiti accatastate disordinatamente nei cassetti del mobile per scegliere qualcosa da indossare.
I miei vestiti erano composti all'80% di abiti sportivi di colori molto scuri, ovvero ciò che può essere considerata l'uniforme del clan delle ombre.
Per il resto, c'erano alcune magliette di taglie più grandi con delle stampe colorate sopra, che erano quelle che in genere indossavo prima di andare a lavoro assieme a dei pantaloni lunghi fino alle ginocchia di jeans.
Non ero di certo un'esperta di moda essendo abituata ad indossare cose comode per scattare da un vicolo all'altro durante la notte, ma quegli abiti mi donavano, ed avevo qualche possibilità extra di fare colpo su delle ragazze.
Avevo scelto il mestiere della barista anche per questo a dirla tutta. Non uscivo la sera e non frequentavo discoteche o altri luoghi pubblici, quindi era impossibile fare conoscenza con qualcuna e fare colpo.
A dirla tutta, nessuna aveva mai colto particolarmente la mia attenzione, ma al momento avevo il semplice desiderio carnale di soddisfare i miei desideri intimi.
Detto in maniera tacita.
Finalmente guardando il mio riflesso mi sento pronta, e mi abbasso a prendere gli stivali neri che indossavo in genere la mattina e allacciarli molto stretti, dato che mi andavano più grandi.
Poi prendo lo zaino e lo indosso su un'unica spalla, abitudine che conservavo dal liceo, essendo che a quanto pare portarlo su entrambe era da sfigati.
Esco dalla stanza e percorro il tunnel a passo svelto, realizzando che si stava facendo tardi. Mi fermo solo un attimo davanti la stanza di Truman per salutarlo.
-Vado a lavoro. Ci vediamo dopo- esclamo dando per scontato che fosse già sveglio.
-Ok, divertiti- mi recapita lui con un sorrisetto sarcastico, mentre guardava qualcosa sul suo cellulare di così importante da non fargli nemmeno alzare il capo nella mia direzione.
-Vaffanculo- gli rispondo io secca, per poi girare i tacchi e dirigermi verso il portone di metallo per recarmi in superfice.
Mentre l'aria fresca mi accarezza la pelle e il vento mette in disordine i miei capelli, riesumandoli al loro stato inguardabile, mi rendo conto di quanto detestassi la routine lavorativa.
Insomma, svegliarsi la mattina presto e recarsi nello stesso posto con gli stessi colleghi a fare la stessa cosa ogni singolo giorno. Solamente per sopravvivere.
Incredibile pensare che l'uomo tira avanti così da ormai più di duemila e trecento anni.
Raggiungo il bar in cui lavoro, una piccola struttura dai colori vivaci con una grossa insegna che spicca fuori con la scritta: Funk bar, chiamato così per la musica che viene sempre riprodotta all'interno di esso.
Non è uno dei bar più rilevanti di Neon di sicuro, ma è comunque molto visitato.
Saluto i pochi colleghi con i quali ho stretto amicizia e poi mi dirigo dietro il bancone, dove indosso il grembiule con un po' di difficoltà nel fare il nodo.
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Contrasto (beta)
Science FictionNell'anno 2424, tra le città emergenti più considerevoli abbiamo Neon, conosciuta per le sue luci sgargianti e per la sua atmosfera vibrante. Oltre ad essere una città piena di arte e cultura e ricercatissima da ogni turista, dietro le quinte si nas...