PROLOGO - GIUGNO 1986

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Era già buio quando Martin lasciò la casa degli Henderson

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Era già buio quando Martin lasciò la casa degli Henderson. Superò il cancello di legno sul quale i gerani si espandevano rigogliosi e si voltò per lasciare un ultimo saluto a Rick. Dalla finestra sopra la veranda, il suo amico era una silhouette nera in controluce, quasi una di quelle apparizioni spettrali che tormentano i ragazzi nelle storie raccontate intorno al fuoco. Solo la fortuna di Rick poteva portarlo ad ammalarsi proprio l'ultimo giorno di scuola. Gli aveva fatto tenerezza, con il suo nasone paonazzo e la pelle secca intorno alla bocca, schiavo di fazzoletti e antinfiammatori.

Gli Henderson abitavano in una piccola casa colonica ai limiti del bosco, non troppo distante dal quartiere di Martin. Ci si arrivava tranquillamente con una passeggiata di un quarto d'ora, anche meno se si disponeva di una bicicletta. La sua, ovviamente, era da far riparare.

Per quanto fosse una persona ansiosa, Martin non aveva paura del bosco. Era familiare e bastava percorrere il viale tra le betulle che conduceva all'interstatale.

Quella sera, l'atmosfera era immersa in una calma pigrizia che presagiva l'arrivo dell'estate. Era lì, sulla punta della sua lingua, nella trepidazione di poter finalmente tornare a gustarla appieno. L'estate era svegliarsi poco dopo l'alba e non sapere a casa di quale amico fermarsi per cena. L'estate significava perlustrare i boschi sulle rive del Clareden Lake alla ricerca della spiaggia meno contaminata di lattine di birra e preservativi usati. L'estate erano tornei infiniti di Dungeons and Dragons nel seminterrato degli Henderson e ordinare una pizza gigante a mezzanotte nel pieno di una campagna grandiosa, era correre in bicicletta a rotta di collo, sollevando le polemiche degli anziani, e sfuggire ai temporali improvvisi giocando a carte accanto alla vasca dei pesci nel salotto di Winifred.

Aveva già imboccato l'interstatale da un paio di minuto quando, alle sue spalle, i fanalini di un'auto gli annunciarono di non essere più solo in strada. Martin non avrebbe dato particolarmente peso alla cosa, se solo il conducente non avesse accostato al suo fianco. La Challenger nera tirata a lucido e l'ampio sorriso del ragazzo che abbassò il finestrino dal lato del passeggero erano fin troppo familiari.

«Ciao, Marty!»

Solo una settimana prima, Bryce Hawthorne gli aveva distrutto la bicicletta e minacciato di ucciderlo. Ora, con quell'aria su di giri, sembrava intenzionato a mantenere la promessa.

«Ehi, Bryce...»

Le mani di Martin, premute sotto le ascelle, cominciarono a sudare. Ogni muscolo del proprio corpo gli urlava di darsela a gambe, che era giunta l'ora di imparare a correre. Poteva farcela... mancavano solo tre isolati fino a casa...

«Passeggiatina al chiaro di luna?» Bryce ridacchiò: «Sarai mica un lupo mannaro?»

La gola di Martin si era fatta improvvisamente secca. Dovette schiarirsi la voce, che rimase comunque rauca e tremolante: «Stavo solo tornando a casa.»

Die, Die, Darling | SlasherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora