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Nell'aria risuonava della musica classica. La melodia accompagnava il ragazzo nei suoi pensieri, aiutandolo a schiarire la mente.

In una mano, una penna stilografica, era quella che Dazai usava per falsificare le firme.

Ascoltare quei brani lo aiutava ad ideare le strategie, quelle che lo avevano reso famoso e temibile in tutta la port mafia.

Nessuno avrebbe mai pensato guardandolo, che quel ragazzino dai capelli scuri e coperto di bende stesse pensando a come torturare, uccidere, schiacciare i suoi nemici.

Stranamente però, in quel momento non era questo ciò a cui stava pensando.

Si sentiva bene.

Per una volta, non pensava a come sarebbe stato molto meglio non venire affatto al mondo

Questo lo preoccupava, non era da lui. Iniziava a chiedersi forse se non fosse un effetto collaterale dell'adolescenza.

Aveva provato a combattere contro questa sensazione di benessere in cui non si riconosceva, a mandarla via, ma qualcosa gli impediva di stare male, anzi, qualcuno.

Qualcuno che da quando era entrato a far parte della sua vita, aveva riacceso in lui un interesse nel mondo.

Chuuya era seduto sul divano, le gambe distese sul tavolino di fronte a lui, col cellulare in mano.

Forse mandando messaggi a qualcuno, pensò Dazai, storcendo il naso, seccato per la sua stessa gelosia.

Terminò di falsificare l'ultimo documento, e si avvicinò a lui, con l'intento di infastidirlo e di attirare la sua attenzione.

Si era reso conto che si mostrava troppo bisognoso di attenzioni ma non riusciva a farci nulla, non sapeva stare più di cinque minuti in sua compagnia senza andargli vicino.

"Forse dovrei distruggerlo quel cellulare, se è così tanto importante per te" disse, prendendoglielo di mano.

Chuuya riuscì a riprenderlo, con uno scatto veloce, e spegnere lo schermo, ma Dazai era riuscito ugualmente a vedere cosa stesse facendo.

"Non è come pensi".

Il rosso provò a giustificarsi, le sue guance si imporporarono, e la sua espressione divenne adorabile agli occhi di Dazai.

"Quindi non dovrei pensare che sei un pervertito?".

Le urla che seguirono, non possono essere descritte.

I loro litigi divertivano sempre tanto Dazai, faceva sempre in modo di provocare l'altro.

Dopo aver finito di sbraitare, si sedettero entrambi sul divano.

"Se vuoi provare il bondage non è un problema, sono bravo con i nodi, sai" indicò le sue bende.

Chuuya lo sapeva perfettamente, aveva assistito qualche volta a dei rapimenti da parte di Dazai, o alle torture che infliggeva ai prigionieri, sapeva essere perfido.

"Vuoi essere appeso a testa in giù? O preferisci che ti stringa un bel nodo in gola per soffocarti?".

Sorrise, battendo le mani contento, come un bambino che immaginava quale giocattolo avrebbe ricevuto a Natale.

"Va a farti fottere, Dazai".

"Possiamo provare, sai che non mi dispiacerebbe" rispose Dazai, abbassando il tono di voce, serio.

Chuuya era l'unico con cui poteva esprimersi in quel modo, senza sotterfugi o manipolazioni.

Avevano entrambi zero esperienza, prima di iniziare a scopare insieme. Si davano modo di conoscersi, sperimentare e capire come funzionavano meglio.

Dazai era contento di come Chuuya, seppur così orgoglioso, aveva ammesso di preferire fosse Dazai a dominare il rapporto, almeno in camera da letto. Sentiva di doversi prendere cura di lui, di avere la responsabilità di farlo godere e farlo sentire a suo agio.

Non era stato facile, inizialmente, Chuuya faceva fatica a lasciarsi andare ed ammettere che si eccitava a venire maltrattato, entro certi limiti, e le provocazioni di Dazai che non sapeva dove fermarsi con gli insulti, non avevano aiutato.

Poi avevano iniziato a capirsi, a fidarsi e lasciarsi andare.

La verità era che funzionavano, nel lavoro e nella vita privata, erano una coppia forte.

"Ma non sarebbe mai reale" si lamentò Chuuya, sospirando.

Dazai gli accarezzò i capelli, cercando di consolarlo.

Aveva capito a cosa si riferiva e quale fosse il problema.

Corde, catene o manette, avrebbe potuto cercare di bloccarlo in tutti i modi, tenerlo stretto tutto il tempo ed evitare che usasse il suo potere, Chuuya era troppo forte.

La sua forza fisica, che tanto lo rendeva utile alla port mafia, in quel caso, era un problema.

Era imbarazzante per lui ammetterlo, ma Chuuya avrebbe voluto davvero provare a sentirsi indifeso nei confronti di Dazai, mettersi nelle sue mani come faceva quando usava la Corruzione.

Il moro gli diede un bacino sulla fronte, sorridendo nel vedere la sua espressione ancora più imbarazzata.

A volte si chiedeva se quella fosse una ragione adeguata per continuare a vivere o meno, se sarebbe durata, o come tutte le cose, belle o brutte che fossero, prima o poi uno dei due si sarebbe stufato dell'altro.

Sperava succedesse il più tardi possibile.

"Lascia fare a me, sono il più intelligente della port mafia, qualcosa mi inventerò".

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