Solo poche righe

11 1 0
                                    


Nei giorni a seguire tentai di contattarla, mille domande nella
mia testa pretendevano una risposta, ma i miei sms cadevano nel
vuoto, nessun accenno da parte sua, nessun segno. Mi aveva
completamente cancellato dalla sua vita. A un mese esatto da
quel maledetto giorno, ricevetti inaspettatamente un'e-mail, in
cui lei cercava di dare le sue spiegazioni. Un messaggio in cui
spiegava, forse più a se stessa che me, quello che era stato il
nostro rapporto.
"So che queste poche righe non ti basteranno, ma è l'unica cosa
che riesco a fare. Ho avuto modo di pensare a lungo a quanto è
successo"- Scriveva: "Sono arrivata alla conclusione che per
quello che è successo non c'è una spiegazione, almeno
razionale." Cosi iniziava il suo messaggio, cercò di spiegare
quello che in realtà non era successo, prima che si innamorasse
di un altro.
Capiva che io potessi sentirmi ingannato, ma mi assicurava che
non era mai stato cosi. Lei non mi aveva mai ingannato. "Non ti
ho nascosto nulla: non ho portato avanti amicizie segrete, magari
con l'intento di testarle, tanto meno con colleghi. Né mi sono
guardata intorno alla ricerca di opportunità. "Sosteneva di aver
vissuto quel rapporto credendo in quel che faceva, per quanto le
sue paure e la sua volontà glielo consentissero. Si diceva
addolorata nel pensare che io mi fossi sempre sentito inadatto e
penalizzato ai suoi occhi per aver avuto una formazione diversa
dalla sua o per il fatto di appartenere ad un altro ambiente.
"Ti ho detto una piccolissima bugia." continuò "Ti ho detto di
aver conosciuto qualcuno che ho trovato interessante e con cui
mi è capitato di lavorare. Non è proprio così. La persona che ho
conosciuto non è del mio ambiente. Ma non credo che questo sia
importante."
"Vorrei che tu capissi che le mie incertezze, gli andare e venire,
erano frutto della speranza di potermi un giorno scoprire
innamorata. Tu mi piacevi, mi piaci e mi piaceva fare tante cose
con te." Si diceva consapevole di provare alcune cose per me e
non altre. "Non sono innamorata di te e tranne che per un
brevissimo momento in cui ho creduto, all'inizio, che i miei
sentimenti si stessero modificando nel senso più vero
dell'innamoramento, questo non è mai avvenuto".
"Le cose non si decidono con la razionalità, nel bene e nel male.
Lo so, tu me lo hai detto quando ci siamo conosciuti. Ed io non ti
ho preso sul serio, trincerata dietro il mio bisogno di razionalità e
controllo. Però avevi ragione. Eppure è come tu dici."
Mi chiedeva perdono per il male che mi aveva fatto e per il male
che stava continuando a farmi, ma non poteva fare altro. "Tutto
quello che potrei aggiungere al fatto che ti voglio bene e che resti
una persona importante per la mia esperienza di vita, suonerebbe
inutilmente inconsistente. Però non ti amo. E non posso stare con
te. Ma so che quando tornerai a vedere la luce lo capirai.
Càpita!"
Lessi più' volte quel messaggio inaspettato. Mi colpì in pieno
petto e penetrò in quella ferita aperta un mese prima, in quel
maledetto parcheggio.
Per qualcuno che festeggia una vittoria, c'è qualcun altro che
piange per una sconfitta.
Non credevo ai miei occhi. Avrei voluto dei chiarimenti, avrei
voluto parlarle ma non tramite e-mail. Non mi concedeva un
contraddittorio, non mi dava la possibilità di guardarla in faccia e
di urlarle tutto il modo dolore. Decisi di rispondere. Lasciai
passare del tempo per cercare di riordinare i miei pensieri.
Confuso, arrabbiato, frustrato, non potevo rispondere subito. Non
ne ero in grado. In quel momento avevo bisogno di aria e di
riordinare i miei pensieri.

Scrissi qualche giorno dopo ...

"No, queste poche righe non mi bastano, è vero, ma d'altra parte
non mi aspettavo di più. Avrei preferito un incontro di persona
ma ti conosco molto più di quanto tu possa credere.
Il tuo comportamento non è né più né meno quello di sempre.
Anche in base ai tuoi racconti sulle tue storie passate, attui
sempre il medesimo comportamento ed io, povero illuso,
pensavo di avere, almeno alla fine, un trattamento diverso. Ho
sbagliato, ho sbagliato tutto. Avevo ragione ma mi sono e mi hai
convinto del contrario, mi sono violentato cercando di dirmi che
quello sbagliato ero io. M'illudevo. Ora mi dici che forse
all'inizio hai pensato che qualcosa potesse trasformarsi in
innamoramento. Oggi mi dici che forse all'inizio? Mi dici che eri
consapevole di provare alcune cose e altre no? Ma già sapevi
allora? Ed io che chiedevo ciclicamente cosa provavi per me
ottenevo sempre le stesse risposte: "Non mi faccio domande... "
"Prendo tempo..." "non è questione di sentimenti..."
No amica mia, se tu quelle risposte me le avessi date al momento
opportuno forse ora, non sarei qui in questo dolore. Oggi è
troppo facile dire non ti amo e non posso stare con te. Oggi hai la
possibilità di rinunciare a me, una volta temevi di perdermi,
ricordi? Ricordi quando più volte mi dicevi "ho paura di
perderti!" o quando mi dicevi "è bello sentirsi amata da te!" Ora
forte delle tue emozioni non temi più. Era questo forse che
temevi di perdere?
Oggi mi domando quante altre piccole bugie o mezze verità? Già
in passato me ne avevi confessate altre, senza però dirmi di più,
perché per te come al solito non era quello il problema. No, per
me il problema è anche quello. Faccio fatica a crederti, piccole
bugie per te, o mezze verità. Come quando per non vedermi
dichiaravi impegni, reali non lo metto in dubbio, ma di fondo gli
impegni c'erano perché non c'era la voglia di stare con me. Era
questa la verità.
Mi chiedo ancora cosa c'era dietro quella crisi di pianto quella
sera di aprile, ricordi? Eravamo a casa tua quando mi hai chiesto
se eri cattiva nei miei confronti. Si - ti risposi- a volte lo sei.
Ricordi? Perché quando hai capito di non amarmi non me lo hai
detto? Perché hai dovuto aspettare una conferma esterna a questo
rapporto?
Per te queste domande non necessitano di una risposta. Io te le
faccio per l'ennesima volta perché le ritengo importanti e perché,
se voglio capirci qualcosa, da qualche parte devo pur partire.
Non mi risponderai... so che rimarranno vane anche questa
volta.
"Basta uomini", ricordi? La ripetevi spesso. Uomini? Ma perché?
Quanti ce n'erano? Hai sempre lasciato una porta aperta, lo
capisci questo? Ci hai provato dici, certo in buona fede ci hai
provato, ma ho vissuto sempre ai margini di quella che é la tua
vita, poche amicizie, poche conoscenze, sempre paletti, come
non ritenersi all'altezza della situazione.
Oggi mi dici "non vedo perché ti dovessi sentire così lontano da
me o dalla gente che io posso conoscere". Tu mi tenevi lontano
da te e da quella gente! Si lo ammetto ho sofferto un complesso
d'inferiorità nei tuoi confronti e nei confronti del tuo mondo. Per
me era anche uno spunto per conoscere i miei limiti, la voglia di
sapere e di conoscere non appartiene solo a te. Tutto rimaneva
più volte strozzato in gola, ripeto, stupido io ad accettare tutto
questo, nella speranza e nell'illusione di un povero cristo
innamorato.
E poi le tue cicliche chiusure. Era sufficiente una telefonata
particolare per farti cambiare comportamento nei miei confronti,
capitava di sentirci nel pomeriggio e avevi un atteggiamento, a
distanza di poche ore un altro. Qualcosa nel mezzo accadeva, ma
mai una risposta chiara e convincente, anzi mai una risposta!
Ogni stimolo esterno una chiusura e un allontanamento per poi
ritornare di nuovo vicini, perche in definitiva le mie attenzioni ti
piacevano. Le ricordo tutte....le tue chiusure dalla prima
all'ultima. La cosa che più mi ferisce sta nel fatto che pur
avendoti lasciato campo aperto, hai avuto l'esigenza di
comportarti e di trattarmi come i tuoi precedenti ex, se mai mi
posso considerare un ex, liquidandomi con una mail e
scappando.
Perche nella tua e-mail mi chiedi perdono? Non capisco. Perdono
per avermi fatto del male? Se dici di non avermi mentito, se dici
di aver dato il massimo e di avercela messa tutta, se in fin dei
conti hai la coscienza a posto, dico, perché senti il bisogno di
chiedermi perdono?
Certo, ora non puoi fare altro, era prima che dovevamo fare
qualcosa. Anche ora qualcosa in più avresti potuto fare, potevi
metterci almeno la faccia anziché inviare una stupida e fredda e-
mail.
Ricordo i nostri primi incontri in cui ti chiedevo di vivere
appieno le emozioni, perché ne valeva sempre la pena. Lasciarsi
andare, ti dicevo, era sinonimo di vitalità, ti chiedevo di amarmi.
E con questo spirito ho vissuto il nostro rapporto fino all'ultimo
momento ma poi il paradosso. A distanza di due anni tu sei
quella che segue il mio consiglio ed io ora, mi sto ricredendo su
quelle che erano le mie convinzioni. No! Per inseguire un sogno
sto pagando un prezzo altissimo. Mai più!
Mi sento di averti accompagnato in un percorso, di aver aiutato
un bruco a diventare farfalla per poi vederla volare su un altro
fiore. Impazzisco all'idea di sapere che qualcun altro ha tutte
quelle attenzioni, quegli abbracci, quei sorrisi e quella complicità
che io ho inseguito e sfiorato per due anni. Una volta mi dissi che
eri sicura del fatto che, se fossi riuscita a lasciarti andare,
avremmo vissuto sicuramente una bella storia. Ma, testuali
parole, "sarebbe stata comunque destinata a finire". Ora invece?
Non solo non l'abbiamo vissuta, ma è finita ugualmente e
deduco che, al contrario, la tua nuova storia è destinata al... "e
vissero felici e contenti".
In tutto questo ho ben chiare le mie responsabilità, e oggi ti
assicuro che sono incazzato con me stesso. Troppo cieco, troppo
innamorato per vedere, non ho alibi e non lo cerco.
Colpa mia, solo colpa mia.
L'amore vince sempre, ma per qualcuno che festeggia una
vittoria da qualche parte, c'è qualcuno che piange per una
sconfitta. È il gioco delle parti: oggi lo sconfitto sono io.
Mi chiedi di perdonarti? Prima di farlo devo perdonare me
stesso, troppi errori, troppo stupido e debole per vedere. Solo
allora potrò perdonarti.
Ho toccato il paradiso con un dito e sono ripiombato all'inferno.
Cosi si rischia d'impazzire amica mia!
Non so se, e quando, tornerò a vedere la luce capirò, chissà che
invece non sia tu, una volta sopite le ardenti fiamme della
passione, che riuscirai a capire me."
Scrissi di getto, lessi più volte quanto avevo scritto, ero deciso a
inviare il messaggio, sicuro di aver dato sfogo alle mie
frustrazioni, al mio rancore, alla mia rabbia.
Rimasi a fissare lo schermo del PC e schiacciai il pulsante –
elimina.
Mi resi conto in preciso istante di quanto poteva essere inutile
quel mio messaggio, di quanta importanza ancora le stavo dando.
Non inviai mai la mia risposta. Non ne avevo più bisogno.
Spensi il computer e uscii da casa.
Da allora non ho più notizie di lei, non so se è felice, se ancora
vive la sua storia, se sta bene o male. Nel frattempo ho cercato di
reagire, anche se inizialmente non ne avevo le forze. La mia
mente è rimasta per settimane in quel maledetto parcheggio.
Nelle mie orecchie rimbombava ancora quella parola - "Càpita"!
Davanti a quel pub di San Giovanni, mi aveva accolto con un
"càpita!" e con la stessa parola mi aveva liquidato due anni


CàpitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora