𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝒱𝐼 - 𝐿'𝒾𝓃𝒾𝓏𝒾𝑜

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Sai che tengo tutto dentro e non mi sfogo
E pure al centro io mi sento fuori luogo.

Rivivere, Nitro

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Non appena riesco a prendere coraggio comincio finalmente la mia lettura. Forse non è un caso che il destino abbia scelto proprio questo racconto per me.

Cerco disperatamente lo sguardo di mia sorella e, appena lo incontro, mi ci incastro dentro nella speranza di non perdermi tra le mie paure.

Perché sì, qui, su un palco, con la mia storia tra le mani, mi sento spaesata e persa.

«Prego signorina, quando vuole» mi incoraggia la donna dai capelli biondi.

Con un cenno della testa le faccio intendere che sono pronta e così inizio a leggere il mio racconto:

Era il lontano gennaio del 1999 quando, in uno degli ospedali più importanti della provincia di Milano, veniva al mondo una fragile creatura di nome Ester.

I suoi occhi erano grandi e scuri, di un colore simile al legno bagnato appena dipinto da lacrime di pioggia nel freddo invernale.

Aveva sulla nuca ciuffi di ricci ribelli e neri, labbra sottili e rosee, guance piene e morbide.

Lo strillo del suo pianto, non appena venne tirata fuori dal posto sicuro in cui si trovava, percosse l'intera struttura ospedaliera provocando una grande gioia nella donna che l'aveva appena partorita.

Il suo nome era Maria: occhi nocciola e lunghi capelli ricci e neri imbanditi di sudore. La sua immagine era il riflesso di ciò che sarebbe stata anche quella piccola creatura appena arrivata al mondo. La somiglianza tra le due fu evidente sin dal principio; ma ciò che l'estetica uní, il carattere poi divise.

Sul ciglio della porta della sala parto entrò poco dopo un giovane uomo sulla ventina: Michele. Il suo viso parlava di un'adolescenza strappata via troppo in fretta, ma racchiudeva tutto l'entusiasmo di un giovane uomo che stava costruendo la sua nuova famiglia con una donna di quasi dieci anni più grande.

Si avvicinò con fare indeciso e quasi timoroso; rivolse il suo sguardo alla donna che amava e le strinse la mano sprigionando tutta la sua gioia. I due amanti si rivolsero un sorriso innocente, poi lui si avvicinò di più al volto di quella creatura così fragile e piccola che stava di fronte a lui.

La prese tra le braccia e la portò vicino al petto; la cinse spaventato, con il timore di chi sa che potrebbe distruggerti in un secondo ma non vuole farlo.

Dopo qualche istante la riportó alla donna stremata ed esausta che amava e la ringrazió con amore per averle donato quella gioia per la seconda volta in vita sua.

Sì, perché i due stavano insieme da tre anni e avevano già una figlia di ventiquattro mesi: Naomi.

Non era dunque la prima volta per loro ma, a differenza della gravidanza precedente, nel cuore della giovane madre si nascondeva un grande segreto che presto o tardi sarebbe venuto a galla.

Qualche ora dopo, comunque, all'anagrafe dell'ospedale San Raffaele di Milano si aggiunse un nuovo nome: Ester Montana.

Il giovane Michele era diventato padre per la seconda volta, ma quella bambina non l'avrebbe riconosciuto come tale negli anni a venire.

***

Nello stesso istante in cui Ester veniva al mondo nel capoluogo lombardo, nella lontana Sicilia un uomo di nome Mariano si preparava mentalmente a partire per l'America del Sud.

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