𝐋'𝐚𝐫𝐚𝐧𝐜𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐥𝐚𝐦𝐩𝐢𝐨𝐧𝐢

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«Renata.. ma di quale regione sei? Sento un accento a me molto, molto famigliare.»
«Ma che ragazzina attenta abbiamo qui... » ridacchiò la mora, avvicinandosi a Isabelle di un passo, allungando quel braccio muscoloso e coperto dal tessuto delle sue vesti. Il suo sorrisino scomparve lentamente, lasciando spazio ad uno lieve, sereno sul volto. «Vengo dalla Campania, sono nata e cresciuta per un periodo lì, con i miei. Ho provato a nascondere il più possibile il mio accento, ma è difficile, visto le mie origini e la mia famiglia.»
Lo smoking le dava un senso di eleganza, pensò la rossa. Non riusciva a fare a meno di guardarle il fisico, ma sentiva di star diventando troppo invadente con i suoi sguardi incantati: sentiva di essere drogata quasi, da quella presenza e questa sensazione non l'aveva mai provata. Isabelle era emotivamente molto sensibile, e per questo motivo tendeva a legarsi facilmente alle persone che le dimostravano dolcezza, rispetto e tanto ascolto. E' stata spesso e volentieri ferita da persone di cui si fidava, e negli anni aveva imparato a gestire emozioni forti e improvvise, dettate dalla pancia e dal cuore, sostituendole con una razionalità sproporzionata. Perciò, durante una festa, sfogava la sua vera natura: estroversa, amichevole, amorevole, empatica e flirtante. Questa era la vera Isabelle, che in quel momento stava in qualche modo uscendo, senza un motivo apparente. Con Renata accanto, sentiva i suoi sensi scaldarsi e appropriarsi della ragione, e questo la metteva in qualche modo in allarme, ma allo stesso tempo la eccitava, le piaceva. 
Mentre Isabelle cercava di mantenere un minimo di compostezza, la napoletana allungò la mano verso i suoi capelli, infilando le sue dita grandi tra quei ricci indomabili; lo fece più di una volta, come se stesse accarezzando la testa di una  bambina. Era così tremendamente delicata, nonostante la sua stazza, che Isabelle rimase interdetta, immobile, ad osservare quel gesto. 
«R-Renata..?» chiamò il suo nome, con delicatezza e imbarazzo nella sua voce. 
La donna aveva gli occhi in quei capelli, occhi spenti e persi in chissà quale Universo di pensieri. La rossa riusciva a vedere le luci dei led specchiarsi in quel verde ghiaccio, e ne rimase incatenata: era un momento intimo, silenzioso, dove i rumori intorno stavano sparendo dal loro rang. Erano soltanto loro due, nessun altro a disturbarle, in un momento eterno. La romana percepiva chiaramente il respiro dell'altra, così caldo, sul suo volto. Erano talmente vicine, che Isabelle avrebbe potuto percepire persino il battito del suo cuore.
«Mh...?» ad un tratto, la donna si riprese in un movimento brusco del capo, come se si fosse appena svegliata da un sogno. «E' difficile vedere dei ricci così ben definiti. Mi piacerebbe vedere meglio, però, le curve che nasconde questo vestitino tutto luminoso..»
La mano calda della napoletana prese a scendere dalla chioma folta, lentamente, con i polpastrelli a sfiorare la carne candida della romana in un leggero tocco. Dalla zona sinistra del collo di Isabelle, scese lungo le scapole, fino a sfiorarle il petto; la giovane sperava che non sentisse sopra la veste il capezzolo turgido, che si palesava già da qualche secondo, causato da un brivido improvviso lungo la spina dorsale. Ma Renata lo aveva già visto, e adocchiato sin da subito.
«Che c'è, piccolina? Il tuo corpo sta reagendo al mio tocco?»
«Ehm-- no, penso sia il freddo.. ho avuto un brivido!»
«Sai, Belle...» la voce di Renata si fece più profonda e bassa, mentre si avvicinava all'orecchio della più giovane in un sussurro simile al sibilare di un serpente. «... nessuno riesce a mentirmi. Riesco a vedere cosa vuole veramente una persona, e so come farglielo ottenere, se voglio.»

Questa affermazione da parte della mora fece venire un altro brivido, lungo la schiena della rossa. Fu una risposta strana a quella frase: se da una parte quelle parole potevano intrigare, dall'altra fecero provare un senso di inquietudine in lei che, d'istinto, aggrottò la fronte. C'era da dire che quegli occhi ti penetravano dentro, fino ad arrivare all'inconscio e scrutarci dentro. Renata non le toglieva lo sguardo di dosso, e questo le faceva intuire che già la stava delineando, facendosi uno schema mentale di chi fosse. Ma anche Isabelle si stava facendo un'idea di chi fosse la donna e, già dai primi secondi, le sembrò decisa, sfacciata nella sua eleganza; sembrava estroversa con i suoi modi di fare, e le sue tecniche di abbordaggio erano veramente peculiari, tuttavia il suo volto lasciava intuire che nascondeva tantissimi segreti. Avrebbe tanto voluto saperli tutti, in quel momento. Ma sapeva che non sarebbe riuscita subito nel suo intento, almeno non dopo dieci minuti di conversazione e poco più. 
«Soltanto mia madre mi chiama Belle.» rispose Isabelle, accennando un sorrisetto amaro alle parole dell'altra. D'istinto si portò le mani dietro alla schiena, lasciando che le sue dita si avvolgessero come serpenti, saltellando leggermente sul posto, come una bambina davanti alla sua maestra. «E dimmi, cosa ci fa una napoletana qui, a Roma? Immagino che tu non stia più studiando.»
Un angolo delle labbra di Renata si incurvarono verso l'alto, accennando un sorrisetto. 
«Non studio da anni, piccolo fuocherello. Lavoro..» si limitò a dire. «Faccio avanti e indietro tra Roma e Napoli, porto pacchi importanti ad aziende e lavoratori di un certo spessore.»
«Quindi sei una.. postina?»
«Sì, più o meno. E tu?»
«Studio psicologia, alla triennale.»
«Uh, futura psicologa? Sei una dottoressa della mente...» il suo sorriso si aprì di più,  annuendo comprensiva. Sembrava un po' sorpresa di quella risposta, e rimase in ascolto. 
«E' bello sentire qualcuno pronunciare bene la parola "psicologa", ahahahah!» Isabelle appoggiò delicata la sua mano destra sulle labbra, nascondendo quel suo sorriso timido e perfetto. «E sì, si spera di arrivare alla laurea!»
«E dimmi, cosa riesci a vedere di me, in questi minuti?»
«Beh, sai.. non posso psicanalizzarti in pochi secondi. Detto ciò, posso dirti le prime impressioni.» il tono giocoso di Isabelle nascondeva un pizzico di serietà. Rimase per qualche istante in silenzio, aspettando un segno da parte dell'altra, che fosse pronta ad ascoltarla. Vide la sua fronte corrugarsi, e il suo volto chinarsi verso il suo, con l'orecchio teso. «Ti trovo una donna decisa, con del carattere, che sa cosa vuole e sa come ottenerlo. Il tipico carattere di una leader, insomma. Hai un modo di fare unico, magnetico, che sa attrarre l'attenzione. Tuttavia, i tuoi occhi nascondono un velo di sofferenza, di segreti tenuti... ma penso che tutti abbiano dei segreti da tenere oscurati ad occhi indiscreti, no?»
«...eppure, non è così scontato cogliere questo particolare, tramite lo sguardo, nelle persone appena conosciute. Anzi, a volte gli amici stessi ignorano chi hanno intorno. Bisogna avere una certa sensibilità.»
«Non mi reputo sensibilissima, ma osservo. Osservo molto, ed empatizzo.»
«Mi piaci, piccolo fuocherello.» disse Renata, puntandole l'indice per qualche istante, con la stessa mano con cui teneva il bicchiere con la sua bibita. Si allontanò di qualche passo, alzando di poco la voce per farsi sentire. «Appunto per questo vorrei offrirti un drink. Cosa preferiresti bere, piccolina?»
«Oh, beh... non mi dispiacerebbe una Pinã Colada!»
«Arriva subito, mia cara.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 09, 2023 ⏰

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𝓉𝒽𝑒 𝐌𝐢𝐬𝐭𝐫𝐞𝐬𝐬 - 𝐿𝑎 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora