Dentro la carrozza si respirava un'aria di tensione soffocante, non avrei resistito ancora per molto. Il tragitto, durato un'ora piena, sembrava non voler finire e l'attesa mi stava pian piano uccidendo interiormente. D'un tratto mille domande animarono la mia mente. Che ne sarà di me? Perché mai ciò sta capitando proprio a me? Cosa avrò mai fatto al Signore per meritare questo? Sarò mai libera di amare? Sarò mai libera? Le risposte non sembravano intenzionate ad apparire magicamente per calmare il mio animo, donandomi quel poco di speranza sufficiente a recuperare il mio vecchio sorriso. Guardai il volto dei miei genitori, non osarono nemmeno volgere lo sguardo verso di me: sapevano benissimo cosa provavo ma, come sempre, non godevo di alcun diritto di parola a riguardo. Il giorno tanto atteso dai miei era oramai giunto, mentre io ho sperato a lungo che non arrivasse mai. Il tempo sembra scorrere molto più velocemente quando si vuole evitare una data o un avvenimento e, ironia della sorte, esso scorre il più lentamente possibile quando si ha la testa libera dai pensieri. Decisi di non proferire parola per tutto il girono , almeno fino all'arrivo nella villa dei Johnson, solo all'ora avrei dato voce alle mie parole deluse e oppresse.<< Siamo arrivati, miei Signori>> urlò il cocchiere.
Pregai Dio che il viale verso la villa non finisse più, mentre i battiti del cuore in gola mi privarono del mio stesso respiro. Ma queste non vennero per nulla ascoltate, poiché la porta della carrozza si aprì, mostrando il cocchiere con il volto stanco per il lungo viaggio. I miei scesero frettolosamente, mentre io, in preda all'ansia, rimasi immobile seduta al mio posto.
<< Alice>> mi chiamò mio padre.
Alzai lo sguardo e notai la sua mano tesa verso di me. La guardai a lungo, finché non decisi di stringerla e scendere da quella carrozza così sicura e dirigermi verso quell'inferno, che da lì a poco sarebbe diventato casa mia.
Percorsi il lungo viale che conduceva verso il grosso portone della villa. Era meravigliosamente enorme; le mattonelle color terra s'intonavano benissimo benissimo con le bianche colonne corinzie, poste al lato della porta d'ingresso su un rialzo a tre gradini. Mi si spezzò il fiato dopo aver scorto due figure, vedendole in piedi lì sul primo gradino. Mi sorridevano con falsità, era ovvio che non gli importasse nulla di me, bensì dei miei averi.
<< Buongiorno, monsignori>> disse il mio futuro suocero, Albert Johnson, con accanto la sua amata moglie sorridente, Victoria Lucky-Johnson.
Volsi lo sguardo verso mia madre , la quale mi obbligò silenziosamente ad inchinarmi dinanzi al loro cospetto, come se mi trovassi di fronte alla Regina.
<< Alice Liddell, onorata >> mentii.
<< Che bella giovane>> mi scrutò il Signor Johnson dalla testa ai piedi con occhi attenti.
<< Prego, entrate. Il freddo fa male alle ossa>> disse ancora.
Entrammo dento l'enorme villa e l'arredamento mi lasciò senza parole. Era una casa dallo stile perfettamente barocco. Giungemmo nel grande ed elegante salotto della casa; le pareti erano colorate di un meraviglioso giallo ocra; al centro della sala due divani azzurri, posti uno di fronte all'altro con un tavolo di vetro in mezzo, con dei rivestimenti in oro sul perimetro; un mobile in legno di quercia, sopra il quale vi era un posto un busto di Giulio Cesare e gioielli di vario genere; infine delle enormi porte finestre sulla destra, ricoperte da tende di seta bianche. Invidiavo quella casa, ma non avrei mai voluto viverci.
Ci accomodammo su uno dei due divani. Analizzai ogni singolo elemento del salotto, finché il mio sguardo non s'interessò oltre la porta finestra, che si affacciava al piccolo giardino all'italiana. Solo in quel momento notai la presenza di una casa accanto a questa.
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Il Conte Di Londra
Novela JuvenilLei odiava la normalità. Lui amava la follia. Il destino di Alice era già stato scritto , ma spesso il fatum ci riserva esperienze fuori dal normale, dinanzi alle quali abbiamo due opzioni : rifiutare o accettare. Il suo destino era Louis , affascin...