𝐂afuné - 01

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Non decidevano i suoi passi di essere così svelti — se fosse stato per lui si sarebbe anche bloccato sul posto onestamente  — ma qualcosa lo spingeva a muovere i piedi, a dimezzare il tempo d'arrivo alla sua destinazione.
Doveva arrivare al più presto, Aziraphale non riusciva a contenere quel miscuglio di emozioni che ribollivano in lui ora che, per poco, aveva avuto l'occasione di sgattaiolare sulla Terra ancora una volta.

Non pensava ai suoi libri, alla sua musica, al suo thé — diritti per farlo non ne aveva — perché nella sua testa, ora, aveva ben altro; un urgenza mondana, un bisogno, quel qualcosa da soddisfare per egoismo seppur essendo per altruismo.

"Che mai penserà di me alla mia vista?"
Non poté che domandarlo al vuoto — forse sperava in una sua risposta nel porgere una domanda tale — mentre i suoi passi rallentavano, dando la carica al cuore oramai in tachicardia.
Già sentiva quei due occhi pungerlo con il loro colorito acceso e la loro pupilla affilata; le mani gli tremavano dinanzi alla maniglia della libreria mentre la mente gli giocava i più crudeli scherzi — se, forse, non altro che verità.

E restò così, impalato davanti la porta attraversato da mille paure di cui non aveva più memoria l'effetto che potevano fargli e con il corpo che fremeva.
Solo paura? Magari un pizzico di emozione.

"Signor Aziraphale!" un balzo sul posto, uno sguardo alle spalle: Muriel, euforica come sempre.
"Signor Aziraphale, non sa quanto è mancato al signor Crowley!"

Che mai aveva udito? Era mancato a Crowley?
"Credo tu abbia sbagliato la parola, Muriel" disse con voce tremolante, costantemente osservandosi attorno — non vorrebbe farsi vedere così stressato, meglio agitato.
"Credo volessi dire quanto non gli sono mancato"

Un'espressione di confusione prese Muriel, cara creatura angelica.
"Signor Aziraphale, il signor Crowley non faceva altro che versare lacrime per lei da quando se n'è andato"

Un nodo alla gola lo prese, ricacciando qualsiasi parola nella mente trovandosi incapaci di esprimersi; come poteva immaginare una simile cosa?
No, non l'avrebbe mai fatto, come poteva?

"Il signor Crowley non l'ha mai ammesso, ma i suoi suoni tristi sì"

Aziraphale guardò Muriel negli occhi, guardò poi le sue mani che, esitando, sfiorarono le labbra — sapevano della sua colpa, le parole uscirono da lì.

"Ti perdono" , rispose al tempo.
Ti perdono per aver ammesso ciò che non fui in grado di fare io?
Ti perdono per aver compiuto un gesto per cui io era stato troppo codardo?
Ti perdono per avermi fatto sentire il bisogno di te?
La testa gli stava per scoppiare sotto quelle colpe.

Le mani si poggiarono contro la porta per reggerlo.

"Signor Aziraphale?"

Gli occhi si chiusero per trovare un minimo di pace da quella luce oramai accecante.

"Si sente bene?"

Il respiro si velocizzò seguendo il battito cardiaco.

"Signor Aziraphale!"

Aveva veramente colpa di aver ferito un altro individuo — nemmeno uno qualunque, no, bensì Crowley.
Meritava di perire sotto al peso del suo peccato, sarebbe stato giusto se non l'avesse più visto.

Resterà insoddisfatto, incapace di dargli un briciolo di felicità; avrebbe voluto accarezzarlo, non sa perché, avrebbe voluto seguire l'ondeggiare dei suoi capelli.
Che cosa strana, un desiderio mondano veramente assurdo no?

Strano quanto la visione che ora aveva — ancora leggermente sfocata — di un soffitto così familiare, come per i profumi e gli arredi attorno a lui; e quel calore che gli prendeva la schiena, il morbido sotto la sua nuca, invece, gli risultava estraneo.
Si sedette di scatto.

"Ma chi diam-"

Le parole morirono così, d'improvviso.
Non vide propriamente le sue pupille, riparate dalle palpebre e i tipici occhiali scuri, ma li avrebbe riconosciuti anche se cieco; quei capelli cremisi, quell'espressione sempre contrariata, quella figura esile che pare fragile.

"Crowley"
Gli parve di peccare alla pronuncia di quel nome a lui proibito avere sulle labbra, ma doveva confermarlo a sé stesso.

Desiderava fiondarsi tra le sue braccia;
Desiderava stargli alla larga;
Desiderava tutto e niente con lui.
Quale diritto aveva di prenderselo dopotutto?
Aveva solamente il forte bisogno di lui, tutto qui.
Sarebbe mai potuto bastare?

"Oh Crowley"
Tremò la sua voce intonata da un lieve accento britannico — formatosi nei suoi anni in Inghilterra dopotutto — così come le sue dita intente a sfiorare la pelle del suo volto dormiente.
Chissà se era contrariata la sua espressione, domandò in modo legittimo Aziraphale.

Non ci fece caso alle dita immerse nei suoi capelli, come navi che solcavano le onde di un mare sempre in tempesta che stava ora in pace:
tra quelle onde ci si perse, gentili nel profondo seppur aggressive; ad ogni ondata soddisfava quel bisogno mondano che non s'aspettava di possedere.

Non poteva smettere, non voleva smettere.
Un primo morso ad un cibo umano, un primo sorso ad un vino, un primo sentimento ad un gesto di un nemico.
Una cosa di cui non poteva aver bisogno, di cui ora, però, ne ha.

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