Parte 1.

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11 Dicembre.
Suona la sveglia, come ogni essere umano al mondo la maledico mentre allungo la mano per spegnerla; faccio un forte sospiro passandomi le mani sul viso, rassegnata.
Mi alzo, faccio una piccola colazione, preparo la borsa con il cambio di vestiti da mettere a lavoro e mi vesto con le cose più calde che trovo nell'armadio, scarpe, giacca e sono pronta per affrontare questa giornata.
È lunedì, c'è nebbia, la macchina ghiacciata segna -2 gradi e, da buona (quasi) milanese mi esce dalla bocca "figa che freddo", inserisco la prima e parto con la mia umilissima Lancia Y verso la stazione.
Parcheggio, fortunatamente al mio solito posto, scendo e raggiungo il mio binario, direzione Milano Cadorna; il treno arriva in... sì, in ritardo, ovviamente è lunedì ed è anche giusto che sia così, no?
Arriva il treno ed io e altri 50 zombie saliamo, trovo posto vicino alla porta e non ho intenzione di scomodarmi per trovarne un altro, mi siedo e sistemo le mie borse accanto a me e il treno riparte.
30 minuti dopo arrivo a destinazione, scendo e mi dirigo a passo spedito verso il luogo dove passerò le mie prossime 7 ore e mezzo, l'asilo nido, non perché ho bisogno di qualcuno che mi accudisca (anche se farebbe comodo), ma perché quella che accudisce sono proprio io, in quanto molto fiera di ciò faccio l'educatrice.
"Dai Sharon, non mi dire così! guardalo bene, è veramente bello, anzi, è proprio figo!" la mia collega, Alessia, sta cercando di convincermi a farmi piacere la sua conquista del sabato sera, così da potermi rifilare l'amico per un ipotetica uscita a 4.
"Ale io starei cambiando un pannolino in questo momento, forse se me l'avessi fatto vedere 5 minuti fa avrei potuto cambiare idea... anzi no, probabilmente non sarebbe cambiata la mia reazione." dissi, concludendo con un piccolo sorriso enormemente falso.
"Mi fai impazzire Sha, non è possibile che ogni ragazzo che ti faccio vedere la tua reazione è 'si dai è ok ma non per me'!" disse facendo una vocina tremendamente odiosa che non si avvicina affatto alla mia; "Non è che ti piacciono le ragazze? Se è così non c'è niente di male, ma sappi che sarei profondamente delusa e ferita perché me lo dovevi dire subito." concluse portandosi una mano al petto.
Mentre chiudevo il body a quella povera creaturina che era costretta ad ascoltare Alessia in preda ad una crisi, nettamente in pre-ciclo, risposi: "Punto primo: la mia voce non è assolutamente così, quella offesa sono io; punto secondo: non sono lesbica e so benissimo che non ci sarebbe niente di male; punto terzo: dovresti sapere che a me piacciono le cose semplici, non i ragazzi che hanno 3.000 euro di vestiti firmati addosso, spendono 500 euro per una serata in discoteca, se ne vantano pure e nella loro vita non hanno combinato assolutamente niente... ti voglio bene, accetto i tuoi gusti ma non li condivido Ale."
Alessia era appoggiata con la spalla contro lo stipite della porta, gli occhi fissi su di me e percepivo il suo giudizio, difatti la sua risposta fu semplicemente scuotere la testa e andarsene, io feci un sorrisetto, finalmente quella conversazione era terminata... o quasi: "Sharon tu sei una ragazza di 22 anni ma con una testa degli anni '80, dovresti imparare a vivere con più leggerezza e spensieratezza, fregatene un po' di quello che è giusto o dovrebbe essere giusto, e fai quello che potrebbe essere sbagliato, sbagliare fa bene, rende liberi." concluse appoggiandomi la mano sulla spalla la nostra collega "più anziana", Giulia, che aveva ascoltato tutta la conversazione nella stanza accanto; mi limitai a fare un sorriso sincero e a guardarla dritta negli occhi... aveva ragione, non sono brava a lasciarmi andare, a cogliere l'attimo, a fare anche la cosa sbagliata ma che mi rende spensierata e libera.
Concludo la mia giornata lavorativa alle 15.30 fortunatamente era volata e per essere stato lunedì non era andato poi così male... anche se la giornata doveva ancora concludersi, uscii dall'asilo e la nebbia era ancora lì, un po' meno rispetto a quella mattina.
Arrivo in stazione a Milano Cadorna per prendere il treno che mi avrebbe riportata a casa, ero molto presa a scegliere la canzone adatta per i prossimi 3 minuti circa quando ad un certo punto qualcuno mi da una spallata così forte da farmi cadere il telefono dalle mani e farmi fare quasi un giro su me stessa.
D'istinto urlai: "Ma che cazzo!" alzai lo sguardo e un ragazzo alto, con la barba, tutto vestito di nero, con gli occhiali da sole (ricordiamoci che c'era la nebbia), mi si stava avvicinando e d'istinto feci un passo di indietro.
"Porco cane! scusami tanto sono veramente di fretta, il telefono te lo ripago," mi porse il mio telefono con lo schermo rotto: "dammi il tuo nome e cognome e in qualche modo ti trovo!" tirò fuori il suo telefono.
"Dadda muoviti, siamo in mega ritardo cazzo!" a parlare fu il ragazzo dietro di lui, più basso, portava degli occhiali da vista con le lenti azzurre e aveva una forte R moscia.
Tornai con lo sguardo al ragazzo di fronte a me, lo guardai meglio, aveva un piercing al naso... sexy, beh non era quello il punto.
"Sharon Moru." risposi riprendendomi il telefono.
"Perfetto, giuro che ti trovo e ti ripago lo schermo, scusami tantissimo veramente!" disse correndo via con il suo amico, sparendo tra la folla milanese.

Quello che vorrei. ||D.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora