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"... E ora possiamo passare ad analizzare l'opera di alcuni artisti rinascimentali... Aprite il vostro libro a pagina cento ottantatré ed esaminate ciò che vedete: quest'opera di Donatello vi trasmette qualcosa?"

La signorina Linn cominciò ad osservare i suoi studenti con interesse, chiedendosi se, davvero, qualcuno di loro potesse riuscire a identificare l'essenza di ciò che avevano sotto gli occhi.
È vero, insegnando in un college come quello, dove le materie umanistiche facevano da cavallo di battaglia storico, le sue aspettative avrebbero dovuto essere alte: quei ragazzi avevano scelto accuratamente di trovarsi lì quel giorno, di fronte a lei, a quel libro illustrato; purtroppo però aveva acquisito l'esperienza necessaria a motivare i suoi dubbi: ormai evitava di riporre aspettative nelle persone, soprattutto basandosi sulle loro scelte.

Un suo studente, seduto in prima fila, alzò inaspettatamente la mano leggermente grassoccia, quasi un'escrescenza anomala rispetto al corpo muscoloso accasciato sulla sedia.
Margaret Linn annuì nella sua direzione, e le sue parole non si fecero attendere:"Be', certo, sembra un po' la befana, a dire il vero"
La docente alzò gli occhi al cielo, annotando mentalmente di evitare in futuro di affidare la parola al ragazzo, il cui volto era ora attraversato da un ghigno che voleva probabilmente mostrarsi disgustato a arrogante, divertito dalle proprie parole.
Alcune risate attraversarono la classe, accompagnate dagli sbuffi di una ragazza, che, distogliendo lo sguardo dal foglio su cui stava disegnando una rivisitazione della Maddalena, a colori e piena di glitter, gli lanciò un'occhiata tra l'offeso e il divertito.
La sensazione di essere osservata la colpì come un tocco gelato ma delicato, quasi dolce: i suoi occhi in quel momento perlacei incontrarono due biglie nere come la notte, che la trasportarono in quel buio totale e bellissimo, che la faceva sempre restare a bocca aperta, quando la sera si sdraiava sul letto spegnendo la luce.

Lui la guardava senza dar segno di percepire il mondo esterno, come se in quella stanza esistesse solo lei; solo quando il ragazzo seduto al suo fianco gli smosse la spalla ridendo, lui, di malavoglia, si voltò.

Dalla prima volta che si erano scorti nei corridoi, all'inizio di quell'anno scolastico, il secondo al college per la ragazza, era successo spesso che i loro occhi, come poli elettrici opposti, si incontrassero, arpionando quelli dell'altro in un contatto intenso e perfetto.

La ragazza ora aveva lo sguardo puntato sulle vetrate alte sopra la sua testa, e quando la ragazza dai capelli rossi che per i precedenti cinque minuti aveva cercato di attirare il suo sguardo si potè alzare, dopo il suono della campanella, e la ebbe raggiunta, solo allora i suoi occhi tornarono a focalizzarsi su qualcosa di reale e concreto, sulle parole e i gesti dell'amica.
"Mona, sto cercando di attirare la tua attenzione da almeno dieci minuti... riesci a concedermene un briciolo o devo riporre altrove le mie speranze?"

"Mmh, si, ti ascolto" rispose con un accenno di sorriso la mora.

"Mi sento onorata, amica mia" disse la rossa, con una smorfia divertita e irritata al tempo stesso, prima di proseguire:"tra l'altro, ho notato che c'è una certa complicità tra te e quel ragazzo inquietante..." la ragazza si voltò in direzione del banco su cui il ragazzo sedeva, ora con un libro aperto in una mano, un cipiglio concentrato sul viso e qualche ciocca di capelli neri, più lunghi sul davanti, a coprirgli gli occhi.

"Be', si, ha il suo fascino, ma non voglio raccontarti le voci che girano su di lui, sai, riguardo la sua vita prima di arrivare qui in Francia, i suoi passatempi attuali preferiti, condivisi con quei suoi amici dalla medesima aria da "bello e dannato" che tanto affascina... Okay, non ci perdiamo, io sono qui per mostrarti una cosa" detto questo, la rossa afferrò qualcosa che prima teneva in tasca: un pezzo di carta piegato in quattro e un po' stropicciato, e lo passò a Mona, che lo spiegò, cominciando a leggere attentamente, poi alzò lo sguardo:"Iris, voglio che spieghi cosa intendi chiedermi, prima di farmi idee e aspettative destinate ad essere disilluse"

"Mi pare ovvio, voglio che partecipiamo insieme a questo concorso" rispose Iris, sorridendo da un orecchio all'altro.

Mona sorrise, mentre le idee cominciavano a prendere forma nella sua mente. Sapeva perché l'amica avesse pensato subito a lei: le serviva una mente creativa che pensasse a costumi, trucco, sceneggiatura; Iris, dal canto suo,  era appassionata di montaggio, cinema ed effetti speciali, cosa che la rendeva perfetta per dirigere il progetto.
Gli occhi di Mona parlavano per lei, così che Iris, senza attendere oltre, cominciò a elencare numerose possibilità progettuali e tecniche.

Quando la campanella si fece nuovamente sentire, Iris tornò al suo posto, e si rimise a sonnecchiare nel momento stesso in cui la professoressa di arte riprese la lezione.

Quando fu il momento di recarsi nell'aula di francese, Mona e Iris, di nuovo insieme, uscirono dalla classe, e, percorso parte del corridoio della scuola, più simile a quello di un castello medievale che a quello di un comune edificio scolastico, si fermarono per prendere i libri dall'armadietto.
Mona, dopo aver recuperato i propri, si voltò verso l'armadietto dell'amica, e la vide mentre, l'espressione corrucciata, finiva di leggere un piccolo biglietto e alzava la testa, prima in direzione dell'angolo opposto del corridoio, dove un gruppo di ragazzi appartenenti al gruppo a cui solo un'ora prima si era riferita come ai "belli e dannati" stava chiacchierando tranquillamente, poi direttamente su Mona.

La rossa si avvicinò a lei con passo sicuro ma frettoloso, evidentemente su di giri, poi, fissandola a occhi sbarrati, le porse il biglietto; per la seconda volta in quella mattinata, Mona si soffermò attentamente sul pezzo di carta datole dall'amica, ma questa volta riportando su Iris un paio d'occhi dall'aria non poco inquietante.
Sussurrò l'unico commento che le venne in mente:"È una mia impressione, o questo non promette niente di buono?"

Il loro sguardo complice sostituì le parole, che tra loro apparivano superflue.

Collége des saulesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora