CAPITOLO 6

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Ci sarà sempre un conflitto
tra quello che so e quello che sento.
- Emil Cioran

HANRY
Prima di sognare, dovevi affrontare la realtà, e solo dopo che sei cresciuto te ne accorgi. Non puoi sempre sognare, perché avvolte i sogni sono incubi che ti fanno piegare dal dolore e taci.

Erano già da due ore in cui guidavo senza fermarmi.
I miei occhi erano stanchi e rossi, a causa del poco sonno e di come mi sono sentito quando ho dovuto lasciarla.
Accanto a me c'era mia sorella che dormiva beata, aveva le guanciotte rosse e la bocca semi aperta.
Avrei fatto di tutto pur di aiutarla.
Lei era la mia unica famiglia dopo la morte di mia madre.
Avvolte ritornavo ai pensieri di quando ero piccolo.
E mi ponevo in continuazione la domanda: "perché a lei e non a me."
Eravamo quasi arrivati, e accarezzai i suoi lunghi capelli castani, e lei mi guardò assonnata.
<<Siamo quasi arrivati pulce.>>
Si stiracchiò e guardò la strada.
<<Che ore sono?>> mi disse mettendosi comoda nel lato passeggero.
<<Le otto.>> la osservai con un occhio, mentre l'altro era dritto sulla strada.
<<Vedrai che questa sarà la tua ultima visita.>> gli dissi, rassicurandola, e convincendo me stesso che sarebbe stato così.
Parcheggiai l'auto e andai verso il lato del passeggero per aiutarla a scendere.
<<Ho paura Henry.>> si buttò fra le mie braccia.
<<Finchè ci sarò io al tuo fianco non ti succederà niente.>>

Entrammo nella sala d'attesa, e la segretaria ci chiamò dopo venti minuti, mia sorella si nascose dietro di me, come se fosse ancora una bambina di cinque anni che ha paura dei medici.
<<Buongiorno signor Scott.>> lo salutai e lui fece lo stesso porgendomi la mano.
<<Accomodatevi prego.>> ci indico le due poltrone di pelle, e noi ci sedemmo.
<<Ho provveduto a controllare le analisi di Cloe, e devo darvi delle buone notizie.>> prese dei fogli nel cassetto accanto a lui.
Presi la mano di mia sorella e la strinsi a me posandoci un delicato bacio.
<<Da come mi dicono le analisi, il cancro è sparito, grazie alla chemio e i medicinali che Cloe ha dovuto prendere il cancro è sparito totalmente. Non so se si tratti di un miracolo o qualcosa del genere, ma non posso nemmeno mentirti che devi fare molta attenzione.>>
<<Se il cancro è sparito perché dovrei fare attenzione?>> Mia sorella parlò per la prima volta da quanto siamo entrati nella stanza.
<<Perchè il cancro potrà sempre tornare, ma mi auguro che non sarà così, ora puoi viverti la vita come tutti gli adolescenti della tua stessa età, ma devi essere cauta Cloe.>> il dottore si alzò e andò ad aprire un anta di una vetrina.
Prese uno scatolino blu e lo posò sulla superficie delle scrivania.
<<Dovrai prendere queste compresse, almeno per quindici giorni, poi appena i globuli bianchi saranno apposto vedrai di nuovo da me e faremo delle nuove analisi.>>
<<Grazie dottore.>> mi alzai dalla poltrona, e mia sorella fece lo stesso, la guardai e gli accarezzai una guancia, e lei mi sorrise felice.

Non appena fummo all'interno dell'auto, feci retromarcia e iniziai a digitare su Google maps un hotel che ci avrebbe ospitato per un paio di giorni.
<< Dove stiamo andando?>> mi domandò Cloe.
<<Per il momento resteremo qui, dormiremo in un hotel.>>
<<perché?>>
<<Perche ho una questione in sospeso da risolvere, ti porterò all'hotel e ti farai dare una stanza, ti raggiungerò non appena finito.>> guardai la sua espressione, e capì che era curiosa di sapere dove stavo andando.
<< E per favore, non fare domande.>> lei mise il broncio, ma io non gli diedi retta.

Non appena raggiunsi l'hotel, accompagnai Cloe, e lei scese senza dirmi una parola, e misi subito gas per dirigermi da quel bastardo che mi aveva fottuto per l'intera esistenza.
È una cosa che ormai non potevo più spiegare, né tanto meno cercare di scappare.
Non sai come ci sei rimasto dentro, quando all'improvviso ti ritrovi nei casini senza via di scampo.
Per anni, per giorni e per mesi, ci siamo ritrovati senza soldi a causa delle cure di mia sorella, quando mia madre piangeva perché venne a sapere che soffriva di cancro anche lei, e aveva l'abitudine di darsi le colpe per aver provocato il suo dolore a mia sorella.
Io avevo solo solo 10 anni quando andai a lavorare nella fattoria con mio nonno e dare da mangiare ai cavalli, e a mungere le mucche per poi vendere il latte fresco.
E anche se mia madre era un architetta, e mio padre era un avvocato i soldi per le cure non bastavano.
Non erano mai abbastanza per pagare tutte quelle cifre.
E quando mia madre morì, perché decise di non volersi più curare, mio padre abbandonò mia sorella e me, ma non per sua scelta.
Anni fa gli avrei dato la colpa, perché una scelta ce l'aveva, ma poi crescendo capì quanti sacrifici era dovuto a fare per crescerci bene, e con il suo dolore per la morte della mamma, era ancora più difficile lavorare e pagare i debiti.
E proprio quando divenni un adolescente di 15 anni, e nostro zio Andrew ci prese sotto la sua tutela, mi cacciai in guai seri, solo per aiutare a pagare le bollette alte.
Non era giusto quello che facevo, ma riuscivo almeno a pagare le spese, a regalare le caramelle a mia sorella, e qualche volta la viziavo comprandogli delle scarpe costose.
Arrivai al capanno, dove c'era Nicolas che mi aspettava per la prossima rapina alla banca.
E bene si, era questo il grande segreto che mi portavo dietro.
Oltre a far parte di una gang, ad uno che faceva scommesse e gare di moto, ero anche un truffatore bastardo.
<<Finalmente, ce l'hai fatta a tornare a casa.>> mi disse il capo, non appena entrai dentro a quel capanno sporco e pieno di muffa, dove si sentiva l'odore di sigarette bruciate nel posacenere, l'odore di alcol e lo schifoso odore di sesso sfrenato di qualsiasi essere vivente che ci abitava.
<<Questa non è mai stata casa.>> gli risposi.
<<Ma sei ritornato.>> lo guardai, facendo una faccia schifata quando vidi come palpava il seno della sua ragazza.
<<Gli altri ti aspettano nel parco, non appena li incontrerai, indossa questa, e cerca di fare il tuo lavoro per bene.>> mi lanciò la maschera di joker, e io l'afferrai stringendola nel pugno.
<<Ho sempre svolto il lavoro per bene.>> gli dissi con denti stretti.
<<È vero, ed è per questo che ti ho reso il mio braccio destro, e adesso va, lì fuori c'è una moto senza targa.>> mi disse, baciando la sua ragazza con foga, facendomi capire che la conversazione era terminata.
Volevo lanciare un urlo, un urlo che mi tenevo dentro fin troppo tempo.
Stavo soffocando, mi sentivo come se sentissi l'odore dell'immondizia e non riuscivo più a cacciare quell'odore macabro.
Indossai la maschera, e inizia a fare gas con la moto e partendo dopo aver scaldato il motore al massimo.
Arrivai al parco in pochissimo tempo, i ragazzi mi diedero un cenno di saluto e poi mi fecero strada dove si trovata la banca che avremmo rapinato.
E mentre sfoggiavo le strade, pensai alla mia trilli.
Quella piccola bambina che mi teneva al sicuro tra le sue braccia, quando mi dava dei baci teneri e pieni di vergogna, e le sue guance rosse che avrei ricordato per sempre.
E pensai a come poteva amare una persona così bastarda.
E solo quando la rincontrai dopo anni, sentì di nuovo che il mio respiro era regolabile e che sentivo solo il suo profumo di lavanda.
I suoi occhi non potevano mai mentire.
Potevano sorridere, piangere, amare e odiare, e io me ne sarei accorto comunque.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 02 ⏰

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