Capitolo 3

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La luce del sole inondò la stanza, svegliandomi quasi di soprassalto. Il sole. Finalmente. Ero al mio terzo giorno di permanenza in quel luogo, e non aveva mai smesso di piovere. Avevo passato le giornate in casa, aiutando Madame Lecouvrier, o meglio Christine, come insisteva ad essere chiamata, oppure rifugiandomi in biblioteca. Era il mio posto preferito in quella casa grande e silenziosa, e la amavo come si possono amare solo le cose scoperte per caso in un mattino di pioggia, mentre la vita ti sembra più grigia di quel cielo grigio, coperto di nubi. Era ampia, con un labirinto infinito di scaffali, e libri a perdita d'occhio, di tutti i generi. Un paradiso. Mi vestii velocemente, indecisa sul da farsi. Volevo sprecare una giornata così bella chiusa in biblioteca? Ma il tempo passato in biblioteca poteva mai definirsi "sprecato"? A risolvere i miei dubbi, sentii un passo leggero avvicinarsi alla stanza, poi Nicolas entrò, quasi senza fare rumore. Ma erano tutti così silenziosi, in quella casa?
-Ciao- disse, con un sorrisetto.
-Volevo dirti... visto che il sole qui non è molto frequente, pensavo fosse la giornata giusta per farti vedere un po la zona.
Annuii, cercando di dissimulare la mia sorpresa (era certamente quella a causarmi strani fenomeni all'altezza dello stomaco! O era la cena della sera precedente?). Nicolas mi aveva sempre trattato con gentilezza, da buon figlio dei padroni di casa, ma in modo distaccato. E io avevo una strana attrazione nei suoi confronti, una cosa incerta, come del resto succedeva sempre. Ero sempre l'ultima a capire cosa stesse succedendo all'interno di me stessa. Lo seguii in giardino, poi fuori dal cancello.
-Sai- esordì Nicolas -pensavo che, visto che ti trattieni un po da noi, sarebbe stato carino farti conoscere un po di gente nuova.
Poco oltre intravidi due ragazze e un ragazzo.
-Sophie, Victoire, Marc, vi presento Alice Kellington. È americana, passerà l'estate con noi.
Mi salutarono sorridendo.
Mentre ci avviavamo, li osservai meglio. Sophie era alta, con i capelli castani che schiarivano verso le punte, e gli occhi color cioccolato, che trasmettevano dolcezza ma anche determinazione. Victoire era alta quasi quanto lei, e aveva una cascata di ricci castani e gli occhi castano chiaro. Sembrava una ragazza molto solare, ma anche profonda. Notai che, nonostante fossimo tutti in abbigliamento sportivo, in entrambe si notava una certa ricercatezza nello stile.
Marc era biondo, con gli occhi verdi, e sembrava, non solo nell'aspetto, l'esatto opposto di Nicolas. Mentre Nicolas aveva un sorriso timido, sghembo, lui aveva l'aria quasi arrogante di chi era consapevole del proprio fascino. Lo scoprii a guardarmi di sottecchi, e distolsi velocemente lo sguardo.
-È così silenziosa, la tua amica?- disse dopo una decina di secondi.
Mi uscì un sorrisetto imbarazzato, e cercai un argomento di conversazione.
-Marc... non è un nome francese, giusto? - esordii.
-No, infatti- rispose, con un sorrisetto.
-Ecco che ricomincia con l'albero genealogico...- esclamò Sophie, alzando gli occhi al cielo.
Marc la ignorò e proseguì:- Stavo dicendo che in realtà mia madre è inglese, e ci teneva particolarmente a darmi il nome di suo nonno, morto valorosamente in battaglia. In realtà nemmeno la famiglia mio padre è totalmente francese, perché la madre del cugino...-
-Ok, ho capito!- sospirai. Mi ero già persa.
-Dunque- esclamò Nicolas, fermandosi quasi bruscamente- ecco il bosco di Saint-Elouard. È il luogo più affascinante nell'arco di chilometri, ma anche uno dei più pericolosi. Perciò, vediamo di non perderci di vista- concluse, più a me che agli altri.
Iniziammo l'esplorazione.
C'erano alberi di tutte le dimensioni, con foglie verde scuro, e arbusti sparsi qua e là.
I colori intorno a me si facevano via via più cupi, e la luce che riusciva a filtrare tra gli alberi creava un effetto davvero suggestivo. Ogni tanto scorgevo qualche movimento tra gli alberi, ma mi imposi di non pensare a tutti gli animali, pericolosi o meno, che potevano abitare il sottobosco. Ero così immersa nell'osservazione della natura che andai a sbattere non so quante volte, facendo ridere tutti con le mie imprecazioni in inglese.
Il bosco sembrava non finire mai, finché non sbucammo in un ampio giardino, dai colori decisamente più accesi di quello della proprietà in cui ero ospitata, ma che risultavano quasi artificiali in quell'ambiente.
-Sapete- disse Nicolas, con un espressione quasi corrucciata -Noi non potremmo stare qui... ma il proprietario di questo giardino è il padre di Marc, quindi non penso avremo problemi- aggiunse, ridendo.
-Per farla breve- esclamò Marc, solenne- benvenuti a casa mia.
-Beh, noi dovremmo tornare a casa per pranzo- disse Nicolas, guardando l'orologio. Era già quasi l'una!
Salutammo tutti, e Marc (non mancando di farmi una specie di occhiolino) ci invitò ad una festa nel suo giardino, che si sarebbe tenuta dopo due giorni. Ne fui davvero sorpresa: a Boston festa era sinonimo di discoteca, musica sfrenata, alcool, droga e avventure da una notte.
Invece qui si tenevano ancora le feste in giardino. Sorrisi, pensando che qui tutto sembrava diverso, ma che a me piaceva sempre di più. Ci avviammo, stavolta per la strada principale. Di improvviso il silenzio riempì l'aria, e mi ritrovai a fissare Nicolas senza motivo. Sembrava che la mente mi fosse andata in tilt, non riuscivo a dire una parola, né a pensare. Anche lui sembrava piuttosto taciturno, e qualcosa dentro di me iniziò a sperare che fosse per lo stesso motivo.
Dopo una ventina di minuti eravamo già a tavola. Monsieur Lecouvrier era fuori per lavoro, e il pranzo fu piuttosto tranquillo. Verso la metà del pomeriggio sentii bussare, e Sophie e Victoire mi trascinarono fuori praticamente di peso. Le guardai, perplessa.
-Sai, è davvero raro che Marc D'Ambroise inviti una ragazza nuova- esclamò Victoire -a meno che... direi che oggi ti ha fissato abbastanza da poterti fare un ritratto!
-E quindi- proseguì Sophie - pensavamo fosse il caso di prepararti a qualsiasi evenienza.
Anche perché abbiamo notato che anche tu hai fatto lavorare molto bene gli occhi stamattina. Non con Marc, però...
Arrossii, confusa. Come avevano fatto a capire tutto?
-Bene, immagino che tu non abbia vestiti per un party- disse Sophie.
In effetti, partecipare a feste in giardino non era esattamente nei miei programmi.
-Direi che serve un po di shopping!- concluse Victoire.
Ero più confusa di quanto dessi a vedere. Ma in quel momento mi accorsi che avevo, nascosta da qualche parte, un'incredibile voglia di vivere e divertirmi, e che l'avevo nascosta troppo a lungo. Arrivammo in centro, dove con grande sorpresa vidi negozi antichi affiancati da boutiques di moda. Quel posto avrebbe mai smesso di sorprendermi?
Sophie, notando la mia espressione, mi sussurrò, divertita:- Pensavi che ci si vestisse con abiti di pizzo del Seicento? Siamo nel 2015 anche qui!
Entrammo in un negozio alla moda, e provai diverse cose prima di scegliere un top blu notte con un effetto vedo-non vedo sulla schiena e un paio di shorts neri, a vita alta. Le ragazze insistettero parecchio sul voler farmi scegliere un paio di tacchi, ma non li avevo mai messi e non volevo fare figuracce, e decisi di abbinare al look le mie Vans nere. Alla fine scelsi anche una collana in un negozio più piccolo, artigianale, e mi avviai verso casa carica di sacchetti. Scoprii con piacere che le ragazze abitavano nelle due ville accanto alla mia. Pensai a quanto dovesse essere bello vivere con un amico accanto, sempre pronto ad accoglierti quando vuoi scappare, ma non puoi, e che può raggiungerti attraversando una finestra. Le ragazze parlavano ancora della festa, e provai una sensazione di normalità che non sentivo da tanto tempo, e subito pensai che tutto questo presto sarebbe finito, e che mi sarebbe mancato da morire. Ma non volevo pensarci. Salutai le ragazze, e rientrai in casa. C'era solo Nicolas, che mi propose di giocare ad uno strano gioco con le carte. Acconsentii, ma non riuscivo a concentrarmi, e persi tutte le partite. Ad un certo punto ebbi la sensazione che lui si fosse accorto di essere il motivo della mia distrazione, ma non sembrava esserne dispiaciuto. Quando fu finalmente ora di andare a dormire, mi salutò con un sorriso sciogli-acciaio, e per un attimo mi persi nei suoi occhi castani. Prima che potessi accorgermene, era già scomparso. Mentre tornavo in camera, avevo voglia di prendermi a pugni senza motivo. Caro cervello, pensai, mentre già scivolavo nel sonno, gli amici non si abbandonano nel momento del bisogno.
E stavo già sognando.

La Alice sbagliataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora