Risvegli.

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Quando riapro gli occhi qualcuno sta urlando, una donna.
Sono le 3 di notte cazzo, che problemi ha?
<Che cosa ti è successo?>
Subito si accende la luce della camera, luce fredda. La vedo, è la madre di Enea.
La avrò incontrata 1, massimo 2 volte, i suoi non sono mai a casa, lavorano sempre, così dice.
En si alza piano dal letto, ha ripreso un po' si forze sicuramente ma è ancora pieno zeppo di lividi, ora nascosti dalle mie fasciature di fortuna.
<A ma' non fa scenate dai>
Lo sguardo della madre subito ricade su di me, accenna un sorriso, che situazione bizzarra.
Me ne voglio tirare fuori.
<Vabbè, grazie per avermi fatto dormire qui io me ne vado>
<D'accordo>
Prendo la borsa e mi fiondo fuori, corridoio, scale, porta, la sbatto. Non l'ho fatto apposta.
Non sono una cattiva amica, l'ho aiutato e ora è in mano migliori, giusto?
Sarei dovuta rimanere?
No. Cosa succede ora non è più affar mio.

Tira un vento fresco, le foglie appena cadute dagli alberi volano in aria, una si appoggia sulla mia scarpa, punto lo sguardo per terra, le converse quasi luride che mi sono ripromessa di lavare milioni e milioni di volte.
Accanto a me in una pozzanghera vedo il riflesso della luna, così bella anche in un acquitrino del genere. Ora alzo lo squardo invece, fisso sulla luna, incorniciata dagli alberi.
Le mie guance sono calde, le lacrime mi iniziano a scendere così, non so perché.

Non so tante cose in effetti.

Cammino senza meta, la parte di città dove vive Enea mi è praticamente sconosciuta, non penso vagare di notte fonda in posti estranei sia geniale ma ora non mi interessa particolarmente. La sensazione del vento sulla nuca è liberatoria, piangere è liberatorio, camminare, camminare e camminare è liberatorio.
Giungo ad un parchetto, mai visto. È piuttosto spoglio, sporco anche. Una piccola altalena rossiccia cigola, un cigolio così fastidioso che mi ci siedo sopra per farlo smettere. Riaccendo il telefono, le chiamate perse dai miei sono infinite.
Enea mi ha mandato qualche messaggio, li leggo dalla tendina:
<Dove sei?>
<Perché te ne sei andata?>
<Stai bene?>
Ironico sentirmi chiedere se sto bene da lui.
Chissà.
Poggio la testa sulla corda che mantiene l'altalena, è bagnata, in effetti c'è ancora un po' di umido nell'aria.
Vorrei riaddormentarmi ma è rischioso.
Le scrivo.
<Sveglia? ahaha>
Non spero in una riposta così tardi, ma un tentativo non nuoce.
30 secondi, ci mette 30 secondi a rispondermi. Wow
<Ma si, noia>
Ok, non intrattengo una conversazione su WhatsApp da? Boh mesi?
La voglio qui, si voglio Victoria qui.
Le mando la mia posizione e rispento il telefono.
Potrei aver rovinato quel minimo di rapporto che mi stavo costruendo con lei, finendo per sembrare così strana ai suoi occhi.
Non importa.
Se verrà significherà che posso fidarmi.
Accovaccio le gambe e piano piano gli occhi mi si chiudono da soli, sono sempre stanca, l'ho gia detto no?

I suoi capelli mi sfiorano la caviglia al mio risveglio, il profumo di vaniglia e ciliegia è fortissimo. Victoria è ai miei piedi, per terra, la faccia tranquilla immersa in chissà che sogni.
Il sole è alto in cielo ormai. Saranno le 7 o le 8?
Non ce la faccio a svegliarla, è troppo bella così.
È venuta davvero, cazzo, non mi ha nemmeno svegliata.
Mi affogo nei pensieri quando lei alza la testa verso di me, gli occhi assonnati sono piccoli piccoli quando mi sorride.
<'Giorno!>
<Caffè? Non vivo senza di prima mattina>
Ride, la sua risata è meglio del caffè.
Si alza, è così alta rispetto a me.
Ora noto i suoi vestiti, è piuttosto leggera, non avrà avuto freddo? Pensare che sia venuta qua da me fra freddo e umido alle 4 di notte è incredibile.
Mi tende la mano, la accetto subito.
<Lo conosci un bar qui vicino?> Mi chiede
<In realtà non so nemmeno dove stiamo>
<Ah bene, non lo so manco io>
Ci fissiamo e scoppiamo in un altra risata, Victoria mi aiuta ad alzarmi e camminiamo.
Camminare è liberatorio, ma camminare con lei mano nella mano, dio paradiso.

Arriviamo al bar, cazzo, cibo.
Non posso mangiare oggi, sono due giorni che mangio di seguito, ma non voglio che Victoria lo noti, ai suoi occhi non voglio essere la solita Morgana pazza e strana.
Quando lei ordina un cornetto ai frutti di bosco la seguo a ruota, che cogliona, io lo odio i frutti di bosco.
Bevo il caffè ma ho così tanta serotonina a stare con lei che è tutto inutile, oppure è tutto troppo utile?

Non lo so, ma so che mentre la guardo sporca di crema rosa sono proprio contenta e nulla mi sembra così impossibile.
Il vuoto dentro me si riempie un po',

poco però.

Ultima dedica alla Luna Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora