Giovedì 9 novembre 2023

149 24 72
                                    

Per me è prestissimo, ma io sono così e forse non cambierò mai: la mattina mi da fastidio. Mi ha sempre dato fastidio. Sono una persona che inizia a capirci qualcosa solo dopo le dieci e due caffè.

Siamo in tante, ma la maggior parte mi è completamente sconosciuta perché in realtà è la prima esperienza qui. Vestiti comodi, code di cavallo, passo veloce, cuffie che ci isolano l'una dall'altra: ci assomigliamo, in fondo. Se ci limitassimo a questo, ci potremmo definire "anonime di aspetto gradevole", ma nel trolley diversi ferri del mestiere non aspettano altro che essere utilizzati.

Gli steward ci aprono dopo aver controllato il pass e ci indicano dove andare. Ci dirigiamo con passo calmo nella zona dove sono approntati gli spogliatoi.

«Non avere fretta» ironizza una ragazza dall'accento vagamente romano, dopo un enorme sbadiglio.

Poi ci cambiamo, prima dell'apertura dei cancelli al pubblico. Indosso l'intimo più minimale che ho in guardaroba e sopra metto la divisa da lavoro: un top delle dimensioni di un francobollo, nero lucido a bordi giallo acido, con una profonda scollatura, dei leggins che sono più una seconda pelle. Qualcuno direbbe "di una taglia in meno".

Le altre fanno gesti simili, senza fretta: pettinarsi, truccarsi con prodotti longlasting, sbadigliare.

Una ragazza vicino a me tira fuori un blister, sospirando «Vabbè, una in più non mi ammazza» e io non posso fare a meno di notare che si tratta di un farmaco nato per tutt'altro ma che viene abitualmente usato per ritardare l'arrivo del ciclo. Un'altra bestemmia come una camionista perché non riesce a fermare le ciglia finte nel punto desiderato.

E da ragazze normali diventiamo "Le ragazze dell'EICMA", inguainate in vestiti che non lasciano niente all'immaginazione, in sella alle moto a cui siamo state assegnate, in attesa delle nove e mezza, quando apriranno i cancelli del più grande Salone del ciclo e motociclo del mondo.

Il primo «Scusa, posso fare una foto con te?» non nascondo che fa effetto, Chicca mi fa l'occhiolino dalla moto a fianco alla mia. Dentro di me sospiro, fuori sorrido: la risposta non può che essere affermativa, nonostante il tizio che ha fatto la domanda possa avere l'età di mio padre, forse qualche anno in meno.

Facciamo parte dello show, o dell'arredamento, esattamente come le moto sulle quali siamo sedute, semistese, appollaiate per turni, fino alle sei di sera.

Se hai "resilienza", la giornata è piuttosto monotona: un sorriso a chi si ferma a guardare più te che la moto, una posa ammiccante quando si scorge qualcuno con la macchina fotografica in mano.

Il lavoro non si può definire divertente, abbiamo tutte il cellulare sottomano, lo guardiamo più per passatempo che per vera necessità.

Verso l'una di pomeriggio arriva il momento in cui nella zona non c'è nessuno. Chicca si infila immediatamente la giacca smoccolando.

«Freddo porco. Merda. Freddo porco. Più porco di certi che girano di qui» bela, guardandosi attorno.

Si sente vociare. Ci togliamo in fretta le giacche, mi sistemo il seno. Ho una terza abbondante e ne sono orgogliosa, perchè per questo lavoro è piuttosto utile. In prospettiva, spero solo che la forza di gravità, con il passare degli anni, non agisca troppo. Altre non hanno questo problema.

Perchè? Molte ragazze lavorano qui da diversi anni, magari non hanno la freschezza di una della mia età, ma hanno un'arma segreta: le tette rifatte, che attirano di più gli uomini, ahimé.

Ovviamente non dovrei giudicare, perché in un lavoro dove l'aspetto è tutto, non si possono fare le pulci a chi lavora sul proprio aspetto: io vado in palestra, regolarmente e con impegno, loro vanno dal chirurgo. Sono scelte.

EICMA GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora