2. Spazio

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POV: SIMON


Da settimane non riesco a pensare ad altro.

Partecipo all'addestramento, mangio, dormo, ma la mia testa è ferma in questa stanza, quella sera, su questo pavimento.

È mezzanotte passata. Non faccio altro che fissare il soffitto. Le immagini mi perseguitano e il mio corpo reagisce continuamente, rivivendo quelle sensazioni.

La ignoro dal quel giorno, ma è solo il senso di colpa a spingermi a farlo. Sono un mostro... e la cosa peggiore è che da quella sera i pezzi della mia mente si stanno rimettendo a posto.

Mi alzo e, come se non potessi controllare le mie gambe, mi ritrovo davanti alla porta della sua stanza. Alzo il pugno per bussare, mi fermo. Prendo un respiro profondo e busso. Mi pento subito e indietreggio.

Y/N apre la porta e mi lascia entrare senza dire niente. Si guarda attorno, sembra confusa dalla mia presenza.

«Y/N, io..» Le parole mi si bloccano in gola. Vorrei poterla stringere, ma la vergogna mi paralizza. «Mi dispiace così tanto...» sussurro.

Il silenzio è pesante. Lei non sembra arrabbiata o disgustata. Solo confusa.

Dopo molto tempo si avvicina, mi prende il viso tra le mani e mi guarda negli occhi. Ha le mani fredde e morbide. Dio, il cuore mi esplode.

«Ho sentito il tuo dolore quella sera, Simon...» mormora. Ha gli occhi lucidi «Ti ho sentito così lontano che quasi non ti ho riconosciuto. Lo so che io e te non abbiamo mai legato o forse non abbiamo mai voluto... ma quella sera, per quanto strana, io...»

Che cosa vuole dire? Lo stomaco mi si contorce, vorrei solo poter vedere dentro di lei come lei riesce a fare con me.

So di averla ferita, di aver tradito la sua fiducia costruita in anni di lavoro insieme. Mi sono arreso, mi sono servito di lei per uscire dal buco in cui ero.

Le accarezzo il viso, le mani tremano. Le mie mani non tremano mai, ma sono sporche e non dovrebbero toccarla. Ma non posso farne a meno.

«Come ho potuto farti questo?» La mia voce è rotta. «Ho sempre il controllo. Io ho sempre il controllo...» Più la guardo e più mi sembra di vedere il suo volto quella sera, si era arresa come una martire, come se me lo dovesse.

«Non prenderti colpe che non hai, Simon.» Le sue parole mi strappano via dai miei pensieri. «Se avessi voluto impedirtelo, l'avrei fatto.»

Perché fa così? Perché è così comprensiva? Dovrebbe prendermi a pugni... «È questo il punto. Non eri tu che dovevi fermarmi, ero io a doverlo fare.»

«Non succederà più. Lo so. Affronteremo le cose in un altro modo, ok?»

Mi sorride addirittura. La sua vicinanza, da un lato, mi imbarazza perché io e lei non abbiamo mai legato. Abbiamo affrontato missioni insieme, ma niente più del lavoro.

«Ricominciamo tutto. Possiamo essere amici, no?» Mi sento un idiota a chiederlo, ma ogni cosa che dico mi sembra stupida.

«Ma certo» risponde Y/N. «Non... non ho niente in contrario, anzi. Forse... esserci mostrati così vulnerabili magari ci ha avvicinati, in qualche modo.»

Sorrido. «Sì, forse hai ragione.» Il mio pollice accarezza la sua guancia, in un gesto quasi automatico. E mi sembra così naturale farlo... «Grazie. Di tutto.»

Lei sorride e non risponde, abbassa lo sguardo. Ha gli occhi gonfi. Vorrei chiederle come sta, ma so che la sua risposta sarebbe una bugia.

«Io vado» dice senza guardarmi.

«Aspetta...» Idiota. Sono solo un cazzo di idiota. La sto implorando?

Lei mi guarda confusa. Ci sta davvero pensando? «Ok» risponde e so che lo fa solo per me. Che razza di uomo sono? Dovrei solo dirle di andarsene, se vuole.

«Grazie.» Mi avvicino ancora, come se non potessi fare altro. Ancora. Mi sto approfittando ancora di lei, della sua vulnerabilità. E del potere che ho su di lei... ma non voglio farle del male! Mai più.

«Resta con me, Y/N. Solo... solo per questa notte.» La mia voce mi sembra quella di un estraneo.

«Credevo che... non dormissi con nessuno» mormora lei.

«Io non...» I nostri visi quasi si toccano. «Dormo da solo, sono sempre solo...» Le prendo il viso tra le mani, i suoi occhi mi guardano fissi. Ogni parola che dirò sarà importante per lei. «Per favore, Y/N.»

«Va bene.» La sua risposta esce dalla sua labbra come se fosse sempre stata lì.

Le sue labbra... mi chiamano. Le voglio. Le divoro. Le stringo le mani attorno alla vita per impedire una fuga che non c'è. La voglio, ancora, adesso. Il contatto con la sua pelle è peggio del teaser, cazzo.

Mi fermo e mi stacco. Lo sto facendo ancora. E lei è lì per me, ancora. Le sue pupille dilatate, però, mi cercano, le sue mani sono sotto la mia maglia, strette alla carne. Il suo respiro scivola su di me, è accelerato. Non sono un mostro... e la voce nella mia mente è quella di Y/N. Non mi parla, ma ogni cosa in lei sembra dirmelo e rassicurarmi. O forse sto sbagliando? Mi sto convincendo?

Lei mi avvicina a sé, il mio corpo reagisce. È tutto troppo stretto, la mia mente tenuta insieme non so come, i miei pantaloni, questa stanza. L'unica cosa in cui c'è spazio per me è lei.

ANCORA VIVIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora