3. Pezzi

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POV: Y/N


I nostri corpi non riescono a separarsi. Nonostante lo strano ricordo di quella sera, voglio questo. Voglio lui e non posso farne a meno.

La sua mano dietro il collo mi attira più vicino, con dolcezza.

«Y/N...» Geme sulle mie labbra.

Si tira indietro, le sue labbra lasciano le mie. Mi prende il viso con le sue grandi mani e i suoi occhi scorrono per qualche secondo su ogni dettaglio del mio volto.

«Ti voglio... ma con il tuo permesso, Y/N» mormora serio.

Le sue parole mi tolgono il fiato. Ora mi sta chiedendo se può... «Sì» riesco a dire.

Le sue dita, come liberate, scivolano lungo il mio corpo, toccano la schiena, i fianchi, le cosce. Poi le sue labbra tornarono sulle mie, questa volta con più foga, ma il suo tocco è ancora gentile, insicuro.

Mi stringo a lui, cerco di ignorare l'immagine di quella sera davanti ai miei occhi, ma miei muscoli sono tesi...

Lui sembra accorgersene e si ferma. Mi osserva, come fa sempre. Lo guardo negli occhi. Lo desidero cosi tanto, ma... qualcosa non va. Come può essere che all'improvviso Simon voglia... stare con me? Sono nella task force da quasi un anno e lui ha sempre saputo dei miei sentimenti e non ha mai avuto il coraggio di dirmi niente, neanche di rifiutarmi. E ora... ora questo? Forse ha veramente solo bisogno di qualcuno di cui può approfittarsi, qualcuno come me che non riesce a rifiutarlo...

«Scusami, io...» mormoro.

«Che succede?» chiede Simon, ma non è davvero sorpreso. Lo fa solo per rompere questo silenzio insopportabile.

«È che io... non capisco...» Mi allontano da lui.

Simon sembra confuso, il suo sguardo quasi mi implora di rispondere.

Mi accarezza la guancia. «Che cosa non capisci?»

«Te. Non capisco te. In quasi un anno non abbiamo avuto altro che un rapporto di lavoro, a parte quelle piccole cose che...» Non so perché la mia mente è andata subito a quei momenti solo nostri, ma che io ho sempre pensato fossero insignificanti per lui. «E tu hai sempre saputo cosa provo per te. E ora questo. Perché?»

Simon sorride. «Per quelle piccole cose, Y/N.» La sua voce è dolce, roca. «Credevo di essere distrutto in modo irreparabile. E tu... hai rimesso a posto tutto, pezzo per pezzo.»

«E lo hai capito quella sera?»

«Sì, ma solo quando sei andata via... mi sono reso conto di quello che hai fatto in tutto questo tempo. Ho capito che sei tu a tenere insieme i pezzi.» sussurra. «Ero ancora intero, mi sarebbe bastato averti vicina per non collassare su me stesso... ed è lì che ho sbagliato. Ho avuto paura che succedesse e mi sono aggrappato a te in quel modo.» Mi prende le mani. «Perdonami...»

Mi prende di nuovo il viso tra le mani e, come uno schiaffo, l'immagine delle sue mani e del suo volto sporchi di sangue si mescola alla realtà e devo allontanarmi per cercare di mandarle via.

Simon non mi lascia andare, ma mi attira più vicino, il suo corpo premuto contro il mio. Mi bacia e sento ancora il sapore del sangue in bocca. Premo le mani contro il suo petto per fermarlo.

Lui si ferma, allenta la presa. Mi guarda confuso.

Sono di nuovo combattuta. Una parte di me gli ha permesso di entrare nella mia stanza. Una parte, invece, è come se si sentisse in pericolo... il respiro aumenta, il ricordo è pressante, ho ancora i segni sulla pelle di quel momento, ancora la sua voce rauca nelle orecchie e il modo in cui mi ha lasciata lì a terra, dopo... Il respiro aumenta ancora. È un attacco di panico, lo so.

«Scusa io» dico a fatica «non sarei... dovuta venire.» cerco la maniglia della porta sostenendomi al muro.

Simon mi appoggia una mano sulla spalla e dice qualcosa che il mio cervello non riesce a registrare. Ignoro il suo tocco, trovo la maniglia ed esco dalla stanza quasi correndo.

La vista è annebbiata e non so come, arrivo alla ma stanza e mi chiudo dentro. Ogni respiro è più doloroso del precedente.

Raggiungo il letto e mi rannicchio, schiaccio le ginocchia contro il petto lasciando che l'attacco mi scuota ogni muscolo, strizzandomi come uno straccio usato e umido. Fa male. Fa sempre male. E questa volta fa male più del solito perché vorrei che ci fosse lui qui con me, a stringermi, a consolarmi, ma non gliel'ho permesso. Posso farcela da sola.

Mi dico sempre così...

L'attacco mi toglie ogni forza, mi lascia tremante e stordita. Il mio viso è schiacciato contro il cuscino umido. Ho freddo.

Il suo "perdonami" mi ronza nelle orecchie come il sangue. Una parte di me lo ha già perdonato, la parte che lo ha fatto entrare, la parte che dice di amarlo.

Ma sono anche io in pezzi ora e sono io, da sola, a tenerli insieme. 


Scusate la brevità del capitolo, ma non sono molto in forma stasera. Spero comunque che vi abbia fatto piacere leggero.

ANCORA VIVIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora