Satō pov's
Al suono della campanella, che indica l'inizio delle lezioni, mi lasciano lì.
A terra.
Mentre il sangue continua a scendere lentamente nel mio viso.La mia schiena è contro il muro del bagno, per cercare di rimanere dritto, per sorreggermi nonostante tutto il dolore.
Cerco di respirare a pieni polmoni anche in quel momento, come se da un momento all'altro qualcuno potesse rubarmi tutto l'ossigeno presente in quella stanza.
Ma una fitta al petto non me lo permette.Sto permettendo alla mia stessa vita di schiacciarmi ed uccidermi.
Ma so che se anche provassi a controbattere, sarebbe tutto inutile.
Se solo ci provassi, lei sarebbe in grado di schiacciarmi con quanta più forza, uccidendomi fin troppo velocemente.Eppure non è questo quello che voglio?
Morire.
Andarmene via da tutto questo.
Non tornare più.Continuo a guardare con occhi persi il punto in cui li ho visti per l'ultima volta andarsene, prima che scomparissero dalla mia visuale.
Finchè da quello stesso punto, non vedo arrivare lui.
Si affretta a prendere un pezzo di carta bagnato, per poi raggiungermi.
<<Possibile che ogni singola volta ti fai mettere i piedi in testa da loro tre?>>
Mi rimprovera quasi.Abbasso lo sguardo mentre lui cerca di togliermi il sangue, ancora fresco, prsente nella mia faccia.
<<Il destino di nessuno è inciso in una lapide. Nè tantomeno il tuo, sei tu la persona che può cambiarlo, che può girare le carte in tavola, e renderlo completamente diverso da ciò che doveva essere.>>
Mi dice sicuro di sè, mentre quel suo solito sorriso compare nel suo volto.E per una volta parlo.
<<Non sono abbastanza forte da potercela fare..>>
E mentre vorrei spiegargli il perchè di tutto questo, il perchè dei miei pensieri, le parole muoiono in gola.
Non è così facile come sembra.Forse perché ormai sono troppo abituato a spiegare tutto nella mia mente, consapevole del fatto che sono io l'unico ad ascoltarmi, che mentre provo a dirlo a qualcun altro che non sono io, quasi mi sembra una presa in giro.
Una perdita di tempo.Perciò, ancora una volta, non parlo.
Quanto vorrei poter esprimermi per davvero, anche solo una volta, invece di dover rimanere sempre in silenzio, uccidendomi a causa dei miei stessi pensieri.
Delle lacrime amare mi bagnano la guance.
Sento i suoi polpastrelli toccarmele, per cercare di asciugare quelle piccole lacrime.E mi lascio trasportare da quel momento, chiudendo gli occhi.
Ma non c'è momento in cui chiudendo gli occhi posso rimanere nella tranquillità.E, alla fine, tornavo sempre da quella domanda.
Come quando alla fine si torna sempre dalla persona che si ama, senza farlo apposta.
Come quando ogni volta che provi a staccare il metallo da una calamita, essi si riavvicineranno comunque.
Come quando ti riprometti di non fare più una cosa, ma poi alla fine ti esce quasi spontanea.E così, mi rifaccio quella fottuta domanda che mi tormenta ormai ogni giorno, ma a cui non so dare mai una vera e propria risposta.
Una risposta degna.Che senso ha la vita?
Quale è il suo cazzo di scopo?Non me ne capacito mai, non so darmene mai una risposta che possa mettere fine ai miei dubbi.
Non c'è proprio.
Neanche se provo a pensarci tutto il giorno, sono sforzi invani.Ma una cosa che ormai avevo inteso, è che la vita era fatta per distruggere.
Annientare tutto.Ho capito che ciò che ti farà andare avanti, sempre, nella vita, sono le persone.
La sola compagnia può essere in grado di salvarti.