Capitolo 2

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Primo giorno di riprese per me con questa squadra, ennesima scena da rigirare per loro. Il clima è teso, tesissimo, sono tutti stanchi.

"Claudia!"

Salto sulla sedia quando qualcuno grida il mio nome. Mi giro lentamente. Un uomo cammina verso di me seguito da uno stuolo di persone. È alto, sportivo, piacente a suo modo, anche se non è il mio tipo. Tiene una sigaretta in mano e fuma nervosamente. È Michele D'Agostino, il regista.

"Ti hanno dato il copione?" chiede sedendosi accanto a me.

"Sì."

"Le convocazioni di oggi le ha comunicate Claudia". Sfoglia un plico di fogli, mettendosi la sigaretta tra le labbra. "Domani facciamo il grosso, sei pronta?" mi guarda, anzi mi fissa.

"Certo."

"Mi sembri spaventata."

"Chi, io? Scherzi!"

Lui socchiude gli occhi.

"Tieni", mi passa dei fogli scritti fitti ed evidenziati con almeno cinque colori differenti, "le convocazioni di domani".

Annuisco e lui si alza di scatto.

"Anselmo, mi spieghi che cazzo ci fa quel cavallo lì? Portalo via e ripulisci tutto, dai! Giriamo l'incontro cazzo! L'incontro!" urla e poi si allontana, seguito dallo stuolo di persone come fosse lo strascico di un mantello.

Le convocazioni, certo. Do un'occhiata veloce alla lunga lista scritta sul foglio. È divisa per scene e per ognuna di queste sono elencati i vari settori da allertare: attori da convocare, trucco, costumi, luci, tutto suddiviso secondo orari ben precisi e numero di scene da girare per set. Il mio compito è quello di fare da trait d'union tra la regia e la squadra. In poche parole, sono la voce e gli occhi di Michele, nonché il suo braccio destro.

Ripiego i fogli e li metto in borsa. Fisso i monitor che ho davanti che mi rimandano la scena ripresa dalle cineprese. Cerco di concentrarmi nonostante il casino che ho intorno. C'è qualcosa che non va e non capisco cosa sia. Alzo gli occhi e cerco Donatella, la segretaria di edizione. È seduta poco più avanti e si lima le unghie annoiata, in attesa di cominciare a girare.

"Donatella" la chiamo. Lei si volta con aria interrogativa. Le faccio un cenno con una mano, si alza e mi raggiunge.

"Cosa c'è che non va?" chiedo indicandole uno dei monitor.

"Non saprei" risponde.

"Guarda bene. Io non c'ero quando avete girato la prima volta questa scena, ma giurerei che c'è qualcosa fuori posto".

Questo è l'handicap dei rifacimenti. Tutto deve essere esattamente uguale alla scena principale, altrimenti si incorre in errori grossolani, tipo attori che vestono abiti sbagliati o suppellettili che appaiono e scompaiono... Cerco tra le mie carte il piano luci e lo confronto.

"C'è un ombra sul tavolo che non dovrebbe esserci, credo" dice lei grattandosi il mento.

"Già, l'ombra. Grazie" mi alzo. "Sai dov'è il direttore della fotografia?"

Lei mi guarda ed impallidisce.

"Credo sia... con Michele. Non avrai intenzione di..."

"Chi è?"

"Andrea, Andrea Barbieri" fa una pausa. "Non vorrai andargli a dire che ha sbagliato, vero?"

"Certo, perché no, è il mio lavoro."

"Pessima idea, Claudia. Ti consiglio di parlare con il tecnico delle luci invece."

"Assolutamente no. È lui il responsabile, deve sapere."

Bianco e Nero in dissolvenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora